Armi, SalvaMilano e diritti: il campo largo si riavvicina


La settimana che, a partire dallo scontro tra Donald Trump e Volodymyr Zelensky, ha cambiato profondamente gli schemi delle potenze globali è destinata ad avere conseguenze anche nella scena politica italiana. E nell’opposizione alla destra di governo. In mezzo ci sono anche le oscillanti vicende delle amministrazioni dei territori, laddove precipitano contraddizioni e si sperimentano formule. A valle, si muove la campagna di primavera, che condurrà al voto per i referendum sui diritti sociali e quelli civili, sul lavoro e la cittadinanza: finalmente le due cose si tengono insieme e sono parte della stessa tornata alle urne. Che dovrebbe comprendere, stando a quanto ha rivelato di recente il ministro dell’interno Matteo Piantedosi, anche il voto in diverse città.

IL PRIMO SCOSSONE è appunto quello che proviene dal fronte russo-ucraino. Da quando Trump a mollato Zelensky, lasciando spiazzata la presidente del consiglio Giorgia Meloni e la sua tattica di fare da ambasciatrice del trumpismo nel vecchio continente, in riflesso pavloviano dell’Unione europea è stato quello di ergersi a gendarme di questa parte di mondo. Secondo lo schema del multipolarismo armato, Ursula Von der Leyen ha sostituito la transizione ecologica con quella militare. Si pensa di rivitalizzare le filiere dell’automotive in crisi di fronte alle nuove tecnologie e alla green economy con i finanziamenti all’industria bellica. Di fronte a questo capovolgimento il campo largo italiano, che nei mesi scorsi proprio di fronte alle tensioni provenienti dallo scacchiere internazionale si era diviso, si è trovato all’improvviso meno distante.

SE GIUSEPPE CONTE e Alleanza Verdi Sinistra hanno ribadito la loro opposizione a ogni spostamento di risorse dalla spesa sociale a quella militare, Elly Schlein ha preso la distanza dal piano ReArm Europe proposto dalla presidente della Commissione in none della necessità di investire, semmai, sulla difesa comune piuttosto che sparpagliare centinaia di miliardi nei diversi eserciti nazionali.

Le due posizioni non sono sovrapponibili ma sono meno lontane che nel passato, tanto che dopo un lungo periodo di silenzio è riapparso sulla scena l’ex commissario Paolo Gentiloni, apposta per smentire la segretaria. La distanza tra Pd e M5S si misura anche dalle piazze delle prossime settimane: quella del 15 marzo «per l’Europa» cui ha aderito Schlein e quella del 5 aprile indetta dai pentastellati. Dalle quali si capirà anche come procedono i rispettivi progetti, se la leader dem è ostaggio della minoranza e delle pressioni per rientrare nei ranghi e se l’avvocato è riuscito davvero a rigenerare il M5S senza Grillo.

Continueremo a mobilitarci, a difendere le nostre sedi e a lottare contro l’altra faccia dello squadrismo, la linea repressiva del governoPaolo Notarnicola

DA QUI ALLE CITTÀ, il passo è relativamente breve. Il trait d’union è Beppe Sala. Proprio il sindaco di Milano aveva inaugurato questa settimana che ha sconvolto la politica italiana parlando a tutto campo della necessità di un bilanciamento moderato all’interno del centrosinistra. La misura bandiera di questa postura era il SalvaMilano: in una città che è stata ridisegnata dai grandi eventi e dalle mega-operazioni edilizie, nella quale la ricchezza è aumentata assieme alle disuguaglianze e all’espulsione dai centri abitati anche del ceto medio (di semplici lavoratori e poveri, non ne parliamo neanche) il sindaco ribadiva l’esigenza di una leggina pensata per bonificare le allegre deroghe urbanistiche che tengono insieme speculazione cementificatrici e operazioni finanziarie. Il provvedimento, osteggiato da M5S e rossoverdi e non amato da Pierfrancesco Majorino, responsabile nella segreteria dem per il diritto alla casa oltre che ex candidato alla presidenza della Regione Lombardia per il centrosinistra, è passato nel giro della settimana appena trascorsa dalle stelle del «buonsenso in nome dello sviluppo» alle stalle della sospetta corruzione. Sala ha dovuto accantonarlo. Altro punto, inatteso, a favore della convergenza delle principali forze di opposizione.

UNO DEI TERRENI di confronto potrebbe essere la battaglia referendaria di primavera, accanto alla Cgil e alle associazioni che li promuovono. La sfida per raggiungere il quorum è ardua, ma le forze di opposizione hanno intenzione di sfruttare questa campagna. La considerano un modo per dare visibilità all’alternativa alla destra: «Cogliamo l’occasione del referendum per dire qual è l’Italia che vogliamo e la legge che faremo» spiega Schlein. Parla in particolare di quello che dimezza i tempi della cittadinanza, di fronte al quale Conte è un po’ freddo. Ma di questi tempi meglio non tirare troppo la corda.

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