Il governatore Luca Zaia si mostra pronto a combattere; “Veneto alla Lega”, proclamano i militanti leghisti. Fratelli d’Italia mira alla presidenza, ma noi ex Dc e Popolari che fine faremo? Resteremo a guardare? L’idea che il “Veneto bianco” possa transitare dal ventennale dominio del centrodestra forzataliota-leghista alla destra estrema degli eredi almirantiani mi auguro possa rappresentare un catalizzatore efficace per la ricomposizione politica della vasta e frastagliata area cattolica veneta: democratica, liberale e cristiano-sociale.
Diversi tentativi sono attualmente in corso: dagli amici Popolari del Veneto, riuniti nella rete veneta, agli ex Pd di Dino Bertocco, fino agli amici Dc veneziani di Cuffaro, guidati da Andrea Peretti e Pier Orlando Roccato, con una presenza significativa in molti comuni della città metropolitana di Venezia, insieme agli amici di Iniziativa Popolare coordinati da Roberta Ruga. Nella Prima Repubblica, eravamo “la regione bianca” per antonomasia. Qui, la Dc, in alcune province e comuni, superava percentuali di consenso oltre il 50-60%. In alcune realtà della provincia di Vicenza, si riusciva addirittura a ottenere il “pleno” di maggioranza e minoranza nei consigli comunali, tra fazioni che difficilmente resistevano a scontri politici successivi.
In qualità di responsabile dell’ufficio programma della Dc veneta, ho avuto l’opportunità di intervistare Franco Rocchetta e Achille Tramarin, esponenti della Liga Veneta, nella sede regionale del partito a Padova per il giornale “Il Popolo del Veneto”. Questi politici erano i protagonisti di un fenomeno che, con il senatore Bisaglia, decidemmo di analizzare mediante un gruppo di studio ad hoc, da me coordinato, formato da illustri docenti universitari quali il prof. Nicola Berti, storico, Ulderico Bernardi, sociologo, e Ferruccio Bresolin, economista. Non riuscivamo a comprendere come, in molti comuni della fascia pedemontana, dove la Dc otteneva solitamente consensi superiori al 50%, si registrassero spostamenti del 10-20% verso la nuova formazione, che si sosteneva grazie al passaparola e alle scritte murali in bianco, a favore di Bossi e della Liga contro “Roma ladrona”.
Bisaglia, poco prima della sua scomparsa, intuì la necessità di un ripiegamento regionalista del partito, arrivando a ipotizzare una sorta di Cdu veneta, sul modello bavarese. Un progetto che, scomparso il leader doroteo polesano, non venne portato avanti, mentre il passaggio di consenso dalla Dc alla Liga, sempre più dominata dalla leadership lombarda, continuò inesorabilmente, fino a caratterizzare la realtà elettorale del partito oggi guidato dal presidente Zaia, la cui leadership è ora messa in discussione dagli emergenti leader meloniani.
Dal 2005 a oggi, abbiamo assistito al passaggio dal quinquennio della presidenza Galan (2005-2010) a quello di Zaia (2010-2025). Mentre con Galan si consolidavano le componenti laico-liberali socialiste, con la presidenza Zaia si istituzionalizza il primato della nuova realtà sociale, politica e organizzativa leghista, che raccoglie, distaccandosene, gran parte delle antiche sorgenti culturali di area cattolico-moderata, dalle quali proviene un’ampia rappresentanza della classe dirigente leghista veneta.
Ricordo che nell’ultimo referendum promosso dai Popolari, dove abbiamo sostenuto il NO alla “deforma costituzionale renziana”, abbiamo ricevuto un aiuto indispensabile dal presidente leghista del consiglio regionale del Veneto, Ciambetti, e dai principali referenti leghisti delle sette province venete. Senza il loro supporto, non saremmo riusciti ad ottenere un consenso maggioritario contro il tentativo di stravolgere la costituzione, ipotizzato dal giovane politico toscano. Tuttavia, noi “Dc non pentiti” e una larga parte degli amici dell’area cattolico-democratica, liberale e cristiano-sociale presente in Veneto, non possiamo riconoscerci in molte delle posizioni espresse dalla dirigenza leghista, la quale sembra incapace di sottrarsi al condizionamento salviniano, rappresentativo di una cultura e di una prassi politica lontane dalla nostra.
La situazione si complica ulteriormente con l’avanzata impetuosa di Fratelli d’Italia, che ambisce alla guida del governo regionale. Eredi della tradizione politico-amministrativa dei Tomelleri, Bernini e Bottin, riteniamo sia giunto il momento di contribuire, da veneti, al processo di ricomposizione politica dell’area cattolico-democratica, liberale e cristiano-sociale. Dobbiamo lavorare per costruire un centro politico nuovo, ampio e plurale, alternativo ad una destra nazionalista e sovranista dominata da Salvini, e distinto e distante da una sinistra priva della sua storica identità, la quale, con la segreteria Schlein, ha assunto definitivamente i caratteri di quel “partito radicale di massa” profetizzato dal prof. Augusto Del Noce, nel quale non c’è più posto per gli ex Popolari.
Da tempo sosteniamo che, accanto ai doverosi e necessari impegni a livello nazionale, nel quale non mancano contributi positivi, seppure frenati da una condizione di stallo inconcludente, sia fondamentale partire dalle basi. Nel Veneto, come in altre regioni italiane, dobbiamo costruire comitati civico-popolari di partecipazione democratica. Comitati nei quali possano ritrovarsi esponenti delle grandi culture costituzionali che hanno reso grande l’Italia: popolare, liberale, repubblicana e socialista. Da tali comitati dovrà emergere, con metodo democratico, una nuova classe dirigente dotata di forte passione civile, capace di definire un programma di politica economica, sociale e culturale in grado di rispondere alle attese della povera gente e di quel terzo stato produttivo che da troppo tempo diserta i seggi elettorali.
Alle ultime elezioni regionali del 2020, come Popolari veneti, abbiamo redatto un documento di programma, “Una scuola e un manifesto per un Veneto Popolare”, da cui possiamo ripartire con l’intento di costruire una lista unitaria di area Dc e Popolari nei vari collegi provinciali, con un candidato d’area scelto democraticamente dalle basi, che discuterà e condividerà un programma politico-amministrativo per la nostra regione. Questo programma deve corrispondere agli interessi e ai valori delle classi medie produttive e popolari venete, ispirato ai principi di solidarietà e sussidiarietà propria della dottrina sociale cristiana. Per procedere, saranno necessari incontri d’area comunali e provinciali, nonché una grande assise regionale dei Dc e Popolari, nella quale i Liberi e Forti del Veneto sapranno scegliere, assieme al programma, una nuova classe dirigente credibile, in grado di raccogliere il testimone della migliore tradizione politica dei Democratici Cristiani del Veneto bianco.
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