Fisica alla Nasa: “Qui a 37 anni ho un ruolo da leader, in Italia sarei considerata giovane. E gestisco budget multi-milionari”


Quando aveva dieci anni, Gioia ha scritto una lettera alla Nasa, per chiedere all’Agenzia Aerospaziale americana la possibilità di partecipare a un campo estivo riservato, a sua insaputa, solo ai cittadini americani. A sorpresa, la risposta arrivò qualche settimana dopo, insieme a una serie di materiali informativi scientifici. Ma incoraggiandola a studiare, e a seguire i suoi sogni. Molti anni dopo, dalla periferia di Roma, Gioia Rau, 37 anni, è arrivata a lavorarci alla Nasa, dove è a capo di diversi progetti di missioni spaziali, e alla National Science Foundation, dove gestisce budget multi-milionari legati all’astrofisica e all’intersezione tra astrofisica e intelligenza artificiale.

La passione per la matematica e le scienze l’ha spinta a studiare fisica alla Sapienza, ottenendo la media voti più alta di tutta la facoltà, su circa 4mila studenti. “Così ho ottenuto una borsa competitiva per sviluppare la mia tesi di laurea al California Institute of Technology, ateneo di fisica estremamente prestigioso negli Stati Uniti, e al JPL (Jet Propulsion Laboratory), il centro della Nasa. Avevo 23 anni”, ricorda Gioia. L’esperienza in California le apre gli occhi sulle realtà accademiche più avanzate al mondo, spingendola a uscire dalla sua comfort zone. Quando torna fa quindi domanda e viene accettata in tre prestigiose scuole di dottorato europee. Sceglie di proseguire la formazione all’Università di Vienna, in Austria, e il postdoc al quartier generale dell’istituzione di astrofisica tra le più prestigiose in Europa, l’ESO (European Southern Observatory) di Garching, in Germania. Nel 2016 la ricercatrice romana ha proposto alla Nasa e ottenuto un progetto di ricerca che ha ideato partendo da zero, valutato a livello internazionale come estremamente competitivo, e finanziato dall’Agenzia Aerospaziale americana. È così che si avvera il suo sogno da bambina: quello di lavorare per la Nasa, negli Stati Uniti.

Oggi Gioia è riconosciuta a livello internazionale quale esperta di astrofisica stellare, esopianeti, e interferometria, gestisce team e un portfolio multimilionario presso NSF e, in aggiunta, guida i team di ricerca presso con cui lavora sulle missioni spaziali in via di sviluppo. Servendosi dei telescopi più grandi del mondo sulla terra e nello spazio studia la vita e il destino di stelle ed esopianeti. “Non mi piace la definizione di cervello in fuga. In ambito scientifico, la ricerca e l’innovazione sono per definizione internazionali – risponde –. Oggi la collaborazione è il motore fondamentale per il progresso, e l’idea del ricercatore isolato nel suo studio o laboratorio, come rappresentato in passato, è ormai superata”. Certo, l’estero le ha offerto opportunità di crescita professionali e personali uniche e le ha permesso “di raggiungere ruoli apicali di leadership in un’età che, in Italia e altri Paesi, è ancora considerata giovane”.

La sveglia è puntata alle sei del mattino e il lavoro è no stop, giorno e notte: “I miei impegni sono anche collaborativi: i team sono la chiave del successo – continua –. Sono fortunata ad avere colleghi eccezionali che rendono ogni sfida più interessante e ogni risultato più soddisfacente”. Anche dopo cena, il lavoro non si ferma. “In aggiunta, supervisiono i miei studenti e dottorandi – spiega – e sono parte di tanti advisory committees come esperta di spazio”. Per Gioia le

“Ogni luogo ha le sue differenze culturali. Questo fa parte della ricchezza culturale e intellettuale che deriva dal lasciare la propria comfort zone per vivere in altri Paesi”. E questo è anche il motivo per cui costruire team variegati e internazionali è cruciale: “La diversità non solo arricchisce la scienza, ma è spesso la chiave per risolvere sfide complesse con prospettive innovative”.

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Mettersi quotidianamente alla prova per affrontare nuove sfide le ha insegnato flessibilità e apertura mentale, qualità fondamentali per la crescita intellettuale e scientifica. E soprattutto – aggiunge – “mi ha insegnato la resilienza: i sacrifici che ho fatto, e sto tuttora facendo, sono immensi, e richiedono coraggio, capacità di adattamento e resilienza enormi. Ho imparato – aggiunge – l’importanza della visione, dell’empatia e della capacità di ispirare e motivare gli altri a superare insieme le sfide più complesse, mantenendo un obiettivo comune anche nei momenti più difficili”.

Negli Stati Uniti, spiega Rau, un professionista è considerato senior indipendentemente dall’età, se ha accumulato esperienza significativa, dimostrato profonda competenza, impegno costante, e spiccata capacità di leadership, qualità che fanno di Gioia un punto di riferimento nel suo campo. In questo contesto, il consiglio ai giovani italiani è di non avere paura di ampliare i propri orizzonti, di coltivare l’ambizione, ma anche “la capacità di tradurla in azioni concrete. Perché il successo non dipende solo dai sogni, ma richiede determinazione e un impegno costante di tanto, tantissimo lavoro, giorno dopo giorno. “Per noi scienziati – aggiunge – la resilienza è fondamentale, perché dietro un successo si nascondono tanti fallimenti, e la chiave è imparare da questi e tradurli in passi verso la soluzione. Questo è il cuore della scienza e della ricerca, nella strada verso la conoscenza”.

Per Gioia il ritorno in Italia dipenda da tanti fattori. “Lo considererei – risponde – a patto di trovare un ambiente che valorizzi la ricerca, l’innovazione e soprattutto il merito”. Se non fosse partita non sarebbe la stessa persone, dice. “Non riesco a immaginare la mia vita diversamente, perché ogni esperienza all’estero mi ha profondamente cambiata, sia come scienziata che come persona”. E poi – conclude – “credo che la scienza prosperi quando le menti brillanti si uniscono, senza confini”.

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