“Massimiliano Morleo credibile, intendeva pentirsi già nel 2004”


BRINDISI – Massimiliano Morleo sarebbe un pentito credibile. Un suo primo intento di collaborare con la giustizia risalirebbe al 2004, ben 17 anni prima delle rivelazioni che hanno consentito di riaprire le indagini sugli omicidi di Salvatore Cairo e Sergio Spada. Il “retroscena” emerge dalle 331 pagine di motivazioni della sentenza di condanna all’ergastolo dei fratelli Cosimo Morleo, 60 anni, ed Enrico Morleo, 59 anni, ritenuti responsabili della morte dei due imprenditori attivi nel settore dei casalinghi, uccisi rispettivamente il 6 maggio 2000 e il 20 novembre 2001. 

La corte d’assise del tribunale di Brindisi presieduta da Maurizio Saso (estensore della sentenza, a latere Adriano Zullo) ha suffragato il teorema accusatorio sostenuto dal pm della Dda di Lecce, Milto Stefano De Nozza, supportato dal team investigativo della Squadra Mobile di Brindisi. Le motivazioni sono state depositate a meno di tre mesi dalla lettura del dispositivo, avvenuta il 17 dicembre 2024. Cosimo Morleo è ritenuto il mandante degli omicidi. Enrico avrebbe agito nel ruolo di esecutore. Riconosciute anche le aggravanti della premeditazione e del metodo mafioso. I due imputati si sono sempre professati innocenti.

Il pentimento di Massimiliano: “Nessun motivo di risentimento”

Lo stesso pm De Nozza, appena insediatosi presso la procura di Brindisi, prese in carico i fascicoli sui due omicidi, nei primi anni 2000. Il movente economico e il coinvolgimento di Cosimo Morleo si erano già delineati. Ma il magistrato, nel 2009, fu costretto a chiedere l’archiviazione del procedimento, per assenza di un solido quadro probatorio.
 
I casi, con ogni probabilità, sarebbero rimasti irrisolti se Massimiliano Morleo, nel settembre 2021, arrestato da poco per reati in materia di droga, non avesse chiesto un colloquio proprio con il magistrato antimafia. Il suo percorso di collaborazione si interruppe sul nascere già nel dicembre 2004, quando si tirò indietro, dopo aver chiesto un incontro con il primo dirigente Vincenzo Zingaro, l’investigatore che ha seguito l’inchiesta fin dagli albori. Sarebbero stati i fratelli a farlo desistere. 

Il giudice Maurizio Saso legge la sentenza (a latere, Adriano Zullo)

Prestito personale

Delibera veloce

 

Diciassette anni dopo, nessun ripensamento. Massimiliano Morleo, faccia a faccia con gli inquirenti, ha riferito di aver saputo dal fratello Enrico della sua responsabilità negli omicidi, mentre Cosimo, la sera stessa dell’esecuzione di Sergio Spada, lo avrebbe condotto, in auto, verso il cosiddetto incrocio della morte, indicandogli l’area di servizio dismessa della tangenziale di Brindisi, all’altezza del rione Sant’Elia, in cui era stato abbandonato il corpo dell’imprenditore. Massimiliano Morleo sarebbe attendibile anche perché “non sono emersi motivi di risentimento – è scritto nella sentenza – in grado di supportare alcuna inquinante causale calunniatrice, né tra Morleo Massimiliano ed Enrico né tra Morleo Massimiliano e Cosimo”. La credibilità di Massimiliano Morleo è inoltre “accresciuta dal fatto che entrambi gli accusati appartengano alla sua cerchia familiare”.

L’omicidio di Cairo e la “mezza missa” di Enrico Morleo

Le dichiarazioni del collaboratore di giustizia, per quel che riguarda l’omicidio di Cairo, hanno trovato riscontro nella testimonianza dell’ex magazziniere della ditta di casalinghi di proprietà di Cosimo Morleo, adiacente al deposito di legna, riconducibile sempre a Cosimo Morleo, in cui fu ucciso Salvatore Cairo. L’uomo, dopo una iniziale reticenza, ha ammesso di aver visto Enrico Morleo all’interno del deposito, mentre reggeva un coltello, accanto al cadavere insanguinato di Cairo. Poi lo stesso magazziniere ha assistito alle operazioni di sezionamento del corpo dell’imprenditore, effettuate sempre da Enrico, con una motosega. 

Solo nel corso del processo l’imputato ha confessato di aver fatto a pezzi il corpo dell’imprenditore, di avergli dato fuoco e di averlo gettato in un pozzo nelle campagne di Brindisi, dove, nel dicembre 2023, in una storica udienza all’aperto, ha condotto la corte. Enrico ha riferito di aver ritrovato il corpo esanime di Cairo ma di non averlo ucciso lui. Questa versione dei fatti, però, non è ritenuta credibile. Si tratterebbe, anzi, per dirla alla Camilleri, di una “mezza missa”. 

Il giudice Saso ed Enrico Morleo davanti al pozzo (omicidio Cairo) 9

“Gli è parso ragionevole – si legge nella sentenza – attestarsi su quanto dichiarato dal testimone, evidenziando pro domo sua come lo stesso non dica di aver visto Enrico uccidere Cairo perché, al momento del suo arrivo, il corpo insanguinato di Cairo era già a terra esanime”.  “La parziale verità o ‘la mezza missa’ raccontata da Enrico – scrive ancora il giudice Maurizio Saso – appare tuttavia puerile perché egli ignora l’esistenza della prova logica e tende a svalutare la prova dichiarativa basata su altrui propalazioni”. Enrico Morleo, dunque, avrebbe “deciso di fare a pezzi il Cairo dopo averlo ucciso, perché questi non doveva solo essere eliminato, ma doveva essere ‘cancellato dalla faccia della terra’”.

Le intercettazioni: “Plasticamente significative”

Altro riscontro alle dichiarazioni di Massimiliano Morleo arriverebbe dalle intercettazioni. Una cospicua parte delle motivazioni è dedicata ai dialoghi fra Enrico e la moglie, captati all’interno della loro abitazione. “Sono ambientali plasticamente significative – scrive il giudice – sono i dialoghi di una persona che sa di essere l’autore di due omicidi commessi su mandato di Cosimo e che inizialmente cerca di attaccare Massimiliano, poi, quando capisce che l’attacco in realtà avrebbe sortito pochi effetti, punta, con le costruzioni di pseudoalibi, a cercare una scappatoia ma uno dei fratelli gli propone una soluzione peggiore del male, gli dice: consegnati e salva Cosimo. Una soluzione che chiaramente a Enrico non va bene”. 

La storia della terra

Nelle intercettazioni si fa riferimento anche a una somma di denaro pari a circa 40mila euro, che Cosimo Morleo avrebbe dovuto corrispondere a Enrico. La tesi dell’accusa, condivisa dal collegio giudicante, è che si tratti del compenso per l’uccisione di Sergio Spada. La difesa degli imputati, invece, sostiene che la somma in questione sia riconducibile a un vecchio credito maturato da Enrico nei confronti di Cosimo, a seguito della vendita di un terreno di sua proprietà.
“Ma vi sono numerosi argomenti logici – obietta il giudice – per arrivare ad affermare che in realtà quella del terreno è una storia inventata, invenzione necessaria per coprire il credito vantato da Enrico quale ricompensa per l’omicidio di Spada, ricompensa non versata da Cosimo per essere stato l’omicidio non eseguito nei termini concordati”.

Processo omicidi Cairo Spada

Sconto crediti fiscali

Finanziamenti e contributi

 

La morte di Spada

Già, perché l’omicidio dell’imprenditore, stando all’ipotesi accusatoria, non sarebbe andato secondo i piani. L’intenzione degli imputati sarebbe stata quella di riproporre un caso di “lupara bianca”, come già avvenuto con l’eliminazione di Salvatore Cairo. Ma qualcosa sarebbe andato storto, perché Enrico Morleo, dopo aver sequestrato Spada mentre rincasava, presso la sua villetta al rione Casale, e averlo costretto a imboccare la tangenziale, sotto minaccia di una pistola, lo avrebbe poi ucciso nel distributore di benzina dismesso, senza la possibilità di far sparire il cadavere. 

“Prevaricatrice volontà criminale di Cosimo Morleo”

La difesa ha cercato di smontare l’impianto accusatorio, proponendo ipotesi alternative sia per l’omicidio di Cairo che per quello di Spada. Ma queste vengono rigettate in quanto “irragionevoli, incoerenti e sconfessate dall’intero asse probatorio”. Anche sul movente non vi sarebbero dubbi: Cosimo Morleo avrebbe commissionato i delitti, per motivi economici. 

“Comune è la causale di entrambi gli omicidi – si legge ancora nella sentenza – riconducibile alla prevaricatrice volontà criminale di Morleo Cosimo che, con premeditazione, decise l’eliminazione fisica dei suoi principali concorrenti sul mercato brindisino resisi responsabili, ai suoi occhi, di ostili ed intollerabili atti di concorrenza perché, da un lato, denotavano mancanza di ‘rispetto’ per la sua posizione dominante e di supremazia conquistata e mantenuta mediante il ricorso a qualsiasi mezzo e, dall’altro, minacciavano i fiorenti guadagni dell’attività imprenditoriale, avendo il Morleo Cosimo fatto del successo economico e dell’accumulazione del danaro uno dei primari obiettivi di vita”.

Si andrà in appello

Gli avvocati difensori (Giacinto Epifani per conto di Enrico Morleo, Elvia Belmonte e Luca Leoci in rappresentanza di Cosimo Morleo) hanno circa due mesi per depositare ricorso in appello. 

I familiari delle vittime, costituitisi parte civile, sono assistiti dagli avvocati Vincenzo Farina, Karin Pantaleo, Emanuela Sborgia, Maurizio Scardia, Oreste Nastari, Giuseppe Guastella. Alle stesse parti civili è stato riconosciuto un risarcimento danni da liquidarsi in separato giudizio, con provvisionali immediatamente esecutive per un importo complessivo pari a 1,5 milioni di euro.

Rimani aggiornato sulle notizie dalla tua provincia iscrivendoti al nostro canale whatsapp: clicca qui

Seguici gratuitamente anche sul canale Facebook: https://m.me/j/Abampv2kioahdYYR/

Finanziamenti e agevolazioni

Agricoltura

 

 



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link

Contabilità

Buste paga