Senza pubblicità, chi pagherà il web? • Techprincess…


Negli anni ’50, la pubblicità era dominata dalla carta stampata e dalla televisione. Oggi, invece, l’80% del budget pubblicitario globale viene speso online. Una trasformazione radicale resa possibile dall’evoluzione tecnologica e dall’avvento di Internet. Ma mentre il digitale ha aperto nuove possibilità per l’advertising, ha anche introdotto nuove sfide, in particolare legate alla privacy e alla regolamentazione.

Per comprendere meglio il futuro della pubblicità online, il ruolo dell’AI e l’importanza dell’open internet, abbiamo intervistato Geoffroy Martin, CEO di Ogury. Con oltre 25 anni di esperienza nel settore tecnologico e pubblicitario, Martin ha una visione chiara e approfondita dell’industria, maturata attraverso ruoli di leadership in diverse grandi aziende. .

geoffroy martin

La rivoluzione della pubblicità digitale

Se pensiamo all’industria pubblicitaria, solo 30 anni fa la spesa online era pari a zero. Oggi rappresenta l’80% di un settore che vale un trilione di dollari a livello globale. Un cambiamento epocale, possibile solo grazie alla tecnologia” afferma Martin.

Uno dei pilastri di questa trasformazione è stato l’uso dei cookie per tracciare gli utenti e personalizzare gli annunci. Tuttavia, con l’evoluzione delle normative sulla privacy come GDPR in Europa e CCPA in California, oltre ai cambiamenti introdotti da Apple e Google, il modello basato sui cookie sta scomparendo. “Oggi, il 55% delle sessioni sull’open internet avviene già senza cookie. La deprecazione definitiva è solo una questione di tempo“, sottolinea Martin.

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Superare i cookie: la sfida dell’open internet

Il settore pubblicitario si divide in due grandi categorie: i cosiddetti “walled garden” (giardini recintanti) – piattaforme chiuse come Meta e TikTok che utilizzano i propri dati per il targeting – e l’open internet, ovvero tutti quei siti e servizi accessibili liberamente dagli utenti.

I walled garden continueranno a esistere, ma la loro capacità di raccogliere e utilizzare i dati verrà sempre più limitata dalla regolamentazione. L’open internet, invece, è essenziale per la sopravvivenza di un web libero e accessibile. Senza pubblicità, non ci sarebbe modo di finanziare giornalismo di qualità o di mantenere online molti servizi gratuiti” afferma il CEO di Ogury.

Proprio per questo Ogury ha sviluppato un modello di “personified advertising”, che si basa sul targeting delle persone in base a profili e interessi, senza raccogliere dati personali o identificatori unici. “Se un brand come Luxottica vuole raggiungere uomini sui 30 anni, appassionati di attività outdoor e residenti in città, possiamo farlo senza tracciare il singolo individuo. Usiamo dati anonimi, algoritmi avanzati e intelligenza artificiale per garantire una pubblicità efficace e rispettosa della privacy.

L’AI, il giornalismo e il futuro dell’internet aperto

Oltre a rivoluzionare la pubblicità, l’intelligenza artificiale sta cambiando anche il modo in cui fruiamo le informazioni. “Uno dei problemi dei social media è la mancanza di moderazione e verifica delle informazioni, cosa che invece avviene nel giornalismo tradizionale grazie all’etica professionale e al ruolo degli editori“, spiega Martin.

L’AI, però, sta creando un nuovo problema: i modelli di intelligenza artificiale generativa come ChatGPT estraggono informazioni da fonti giornalistiche senza necessariamente attribuire il giusto valore ai creatori dei contenuti (banalmente senza nemmeno formalmente il sito, quindi non dando la giusta valorizzazione con le pageview). “In passato, Google reindirizzava il traffico ai siti dei publisher. Ora, con strumenti di AI, gli utenti ottengono direttamente le risposte senza bisogno di visitare i siti originali. Questo rischia di minare il modello di business del giornalismo online.

Una possibile soluzione è la creazione di modelli di revenue sharing tra AI e media, come il recente accordo tra OpenAI e Dotdash Meredith, che prevede il pagamento di royalties ai publisher per l’uso dei loro contenuti. “Se non troviamo un modo equo per remunerare i creatori di contenuti, l’internet sarà pieno di informazioni di bassa qualità e fake news. È un problema che va affrontato subito.”

La regolamentazione tra innovazione e tutela dei consumatori

La velocità dell’innovazione tecnologica rende difficile per i legislatori stare al passo. “I regolatori sono lenti, ma quando intervengono, lo fanno in modo deciso. Il GDPR è stato un esempio: ha cambiato radicalmente il modo in cui i dati vengono trattati online“, afferma Martin.

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Il rischio è che una regolamentazione troppo severa possa soffocare l’innovazione, mentre una mancanza di regole possa danneggiare l’ecosistema digitale. “L’obiettivo deve essere trovare un equilibrio tra la protezione della privacy e il supporto all’industria tecnologica, perché senza contenuti di qualità e senza un sistema pubblicitario sostenibile, l’intero internet ne risentirebbe.

Il futuro della pubblicità digitale

Guardando avanti, Martin prevede un’evoluzione del concetto stesso di pubblicità e di fruizione dei contenuti. “Nei prossimi cinque anni, il modo in cui consumiamo informazioni online cambierà drasticamente. I contenuti saranno generati dinamicamente con l’AI, il concetto di pagina web statica scomparirà e ci sarà una completa fusione tra online e offline.

La pubblicità, secondo Martin, diventerà sempre più omnicanale: “Saremo esposti a messaggi pubblicitari contestualizzati ovunque, dal supermercato ai display della metropolitana, fino ai contenuti digitali personalizzati su misura per le nostre esigenze. Il confine tra digitale e fisico diventerà sempre più sfumato.

In un mondo in cui l’AI sta trasformando ogni settore, la sfida è garantire che questa evoluzione avvenga nel rispetto della privacy, della qualità dell’informazione e della sostenibilità dell’open internet. “La pubblicità digitale ha il potere di finanziare il web aperto e il giornalismo indipendente. Sta a noi sviluppare un modello equo e sostenibile per il futuro“, conclude Geoffroy Martin.





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