Automotive, Guidesi: “Ue, passo in avanti ma ancora non basta”


Automotive, Guidesi: “Ue, passo in avanti ma ancora non basta”

Il piano della commissione europea sull’automotive rappresenta “un passo in avanti” anche se “non è confrontabile con ciò che serve realmente”. È un bilancio in chiaroscuro quello dell’assessore dello Sviluppo economico della Regione Lombardia, Guido Guidesi, che è anche presidente dell’Alleanza delle regioni europee sull’automotive. “O si applica la neutralità tecnologica, o certificheremo il più grande suicidio della storia industriale” avverte l’esponente della Lega, che auspica “concretezza” soprattutto dai tedeschi: “Dal nuovo governo della Germania e dal Ppe dipende la salvezza dell’industria europea”. La speranza, inoltre, è quella di avere a Bruxelles una maggioranza “realista e non ideologica”. L’intervista

Guidesi, si aspettava di più?

Vista la rigidità che c’era sicuramente si tratta di un passo avanti ma nulla confrontabile rispetto a ciò che realmente serve. Infatti, o si applica la neutralità tecnologica con aiuti all’industria automotive o certificheremo il più grande suicidio della storia industriale. Parlo di ‘suicidio’ perché l’assist europeo ai cinesi, dovuto alla decisione del ‘solo elettrico’, forse nemmeno chi ha preso queste decisioni, parlo della precedente Commissione, se lo aspettava. Ricordo solo alcuni dati ma molto chiari e drammatici: 440.000 posti di lavoro in Europa a rischio e attualmente attivo solo il 25% della capacità produttiva. Davanti a questi dati servirebbe un cambiamento radicale delle regole europee.

Il piano, specie sulla spinta verso l’elettrificazione, è ancora figlio della matrice del precedente commissario Timmermans?

Non so di chi sia figlio, di certo non è figlio né della razionalità, né delle esigenze del mercato. Noi abbiamo sempre detto che ci sarà in futuro una mobilità con una pluralità di mezzi e trazioni, l’elettrico ma anche l’endotermico alimentato da biocarburanti. Spazio a tutto e soprattutto spazio all’innovazione tecnologica e alla libertà d’azione perché senza questi elementi gli obiettivi ambientali si raggiungeranno solo attraverso la deindustrualizzazione totale che è il rischio che stiamo correndo.

Come Ara, siete stati coinvolti nella stesura del piano?

Abbiamo chiesto e ottenuto un confronto con il commissario Tzitzikōstas. Abbiamo mandato alla Commissione tutte le nostre proposte e lavorato insieme a tutti, compreso i componentisti che, ricordo, erano presenti al nostro evento di venerdì scorso a Brescia in cui abbiamo riunito la Cabina Economica del Nord-Ovest proprio per discutere del futuro dell’automotive. All’evento era presente, in rappresentanza del mondo della componentistica, il presidente europeo della loro associazione. Io sono convinto che la scorsa Commissione abbia commesso incredibili errori anche perché non si è mai confrontata con i territori. Vedremo se la nuova Commissione, che ha almeno un atteggiamento più collaborativo, sará in grado di passare dai titoli ai fatti concreti.

Dopo le prime aperture del Ppe, cosa si aspetta adesso da loro?

Concretezza, soprattutto dai tedeschi: dal nuovo governo della Germania e dal Ppe dipende la salvezza dell’industria europea. È arrivato il momento del coraggio e dell’azione, bisogna cambiare i regolamenti prima che sia troppo tardi. In parlamento c’è la possibilità di avere una maggioranza ‘realista’ e non ideologica. Il tempo è davvero denaro rispetto alla tenuta dell’industria e alla competitività dell’Europa.

Il governo italiano come si sta comportando sull’automotive?

Sta dando una mano; allo stesso tempo voglio dire chiaramente che speriamo di non sentire più nessuno convinto che sia opportuno attrarre costruttori cinesi in Italia pensando di far così lavorare la nostra componentistica. Lo ribadisco: non conosco nessun accordo commerciale con la Cina che abbia portato vantaggi reciproci.

In che modo, invece, possono collaborare Usa-Ue sull’automotive? All’orizzonte c’è anche lo spauracchio dei dazi…

Le guerre commerciali con i dazi non convengono a nessuno. Serve un ‘patto atlantico commerciale’ che regoli il mercato atlantico dove imprese e prodotti Ue e Usa abbiano spazio di integrazione e di regolare concorrenza. Per costi, sostegni pubblici e disinteresse delle questioni ambientali non possiamo considerare la Cina come una alternativa agli Usa. Io tifo per consolidare il rapporto con gli Stati Uniti.

La Lombardia continuerà la sua battaglia?

Siamo la prima Regione manifatturiera d’Europa e abbiamo il dovere di continuare a lottare contro ideologismi e centralismo.In squadra, propositivi e caparbi. Dobbiamo dare opportunità alle nuove generazioni e senza impresa non c’è sviluppo, senza aziende non c’è lavoro.

 



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