Ciak si gira: Carlo Gaberscek racconta i luoghi dei set in Friuli Venezia Giulia


Si sa che il cinema in fondo è anche una forma vicaria del viaggio, dove lo spettatore visita per procura i luoghi rappresentati sullo schermo. Ma quando i luoghi sono quelli dove lo spettatore è nato o cresciuto, quelli dell’anima, il viaggio cinematografico diventa qualcosa di più emozionante e profondo. Diventa un percorso nella memoria e dentro di noi, quasi un’esperienza psicanalitica dove i luoghi dei film si trasfigurano nella forma fantasmatica dei ricordi più intensi o dei sogni.

È questo tipo di esperienza che capita anche a chi, nato o cresciuto in questa regione, legge e sfoglia Friuli Venezia Giulia. I luoghi del cinema” (Pasian di Prato, 2024), il nuovo, appassionato e monumentale libro (in due volumi di oltre 500 pagine l’uno) dello storico udinese dell’arte Carlo Gaberscek, noto soprattutto per essere il pioniere e la massima autorità degli studi sulle location cinematografiche. L’opera, come sempre illustratissima e con una filmografia completa di 400 titoli dal 1908 a oggi (con 103 schede sui film più rilevanti), sarà presentata lunedì 10 marzo (ore 18) al cinema Visionario di Udine, in un incontro moderato dal giornalista Gian Paolo Polesini.

Gaberscek ha iniziato il suo originale itinerario una quarantina di anni fa pubblicando le prime ricerche sui lontani set dei western negli Stati Uniti e poi in Spagna e Messico. In seguito, proprio come in un viaggio psicanalitico, si è avvicinato alle frontiere dei luoghi d’origine, e quindi l’Istria, la Dalmazia e il Friuli Venezia Giulia. Ora in questo nuovo eccezionale lavoro lo studioso approfondisce e amplia la mappatura (già affrontata nel 1996 e nel 2012) dei set della nostra regione, con un aggiornamento imposto dall’impetuosa, recente crescita delle riprese cinematografiche e televisive nel territorio.

Star del cinema quest’area in fondo lo è sempre stata, grazie alle meraviglie e alla varietà di paesaggi e abitati, agli eventi storici vissuti (“Addio alle armi”, 1957, di Charles Vidor), all’influenza dei suoi letterati (“Senilità”, 1961, di Bolognini, da Svevo; “Medea”, 1969, di Pasolini), alla duttilità di scenari ed edifici (“Il padrino – Parte II”, 1974, di Coppola), alle tradizioni di comunità (“Maria Zef”, 1981, di Vittorio Cottafavi), a nuovi transiti e mutamenti sociali (“La sconosciuta”, 2006, di Tornatore; “La ragazza del lago”, 2007, di Molaioli).

Ma dal 2000, con l’avvio della Film Commission, e soprattutto negli ultimi anni (180 dei 400 titoli sono post-2010), la presenza del Friuli Venezia Giulia nella produzione audiovisiva si è quanto mai intensificata, e la tendenza non accenna a diminuire. Basti pensare (dopo il cult “La porta rossa”) alle due serie tv di successo su Rai1 dello scorso autunno (più di tre milioni di spettatori in prima serata), ovvero “Ninfa dormiente – I casi di Teresa Battaglia” girato a Udine e Malborghetto, e “Libera” girato a Trieste. A cui va aggiunta la ben nota serie “M. Il figlio del secolo” su Sky, girata a Gorizia, Aquileia, Ruda e Porto Vecchio. Mentre per il cinema d’autore, dopo “Campo di battaglia” di Amelio girato a Udine e altre location, è appena uscito “Amichemai” di Nichetti (Trieste), e sono presto attesi “Un anno di scuola” di Laura Samani, ispirato a Stuparich, e l’horror “La valle dei sorrisi” dell’emergente Paolo Strippoli (Sappada e Pontebba). Per non parlare dei diversi prodotti hollywoodiani come il recente “The Union” con Mark Wahlberg e Halle Berry (Netflix).

Con la sua indagine palmo a palmo, informativa, fotografica e critica, di tutti i set realizzati entro questi confini, Gaberscek pone qui le basi per qualsiasi ulteriore riflessione o suggestione sull’immagine del Friuli Venezia Giulia nel cinema. Ma traccia di fatto, da un originale punto di vista, anche un’inedita analisi della regione lungo il ‘900 e il primo quarto del nuovo secolo, insieme storica, sociale e di costume.

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Saldo e stralcio

 

È emozionante ad esempio vedere la mappa delle location che apre il primo volume, che mostra la capillare presenza dei set in questa regione. Come in una cartografia borgesiana, essa praticamente si sovrappone alla mappa reale, evocando qualcosa che insieme esiste e non esiste, a cui manca solo un immaginario reticolo di strade di celluloide. Una terra spiegata con la misteriosa vitalità del cinema.

E qui ci piace ricordare non tanto i titoli celebrati, quanto i piccoli gioielli di registi autoctoni che raccontano certi microcosmi, come “Zoran” (2013) di Matteo Oleotto (Gorizia), “The Special Need” (2013) di Carlo Zoratti (Udine), “L’ultima spiaggia” (2016) di Daniele Del Degan e Thanos Anastopoulos (bagno Pedocin a Trieste), “Easy” (2017) di Andrea Magnani (Grado, Trieste) e “Gigi la legge” (2022) di Alessandro Comodin, girato a Latisana. —



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