Che la stagione 2024/25 della Fiorentina viva di paradossi è sotto gli occhi di tutti, lo è a partire da record positivi e negativi che si avvicendano e in qualche modo finiscono per ridimensionarsi (se non per annullarsi) a vicenda. Nella stagione del record di otto vittorie consecutive, tali da portare i viola a lottare nelle posizioni di vertice, sembrava inverosimile incappare in una flessione altrettanto storica che si è invece realizzata: appena dieci punti nelle ultime dieci partite, di fatto considerando tutte le sfide di campionato disputate in questa prima parte di 2025, e ben otto sconfitte nelle ultime tredici partite giocate (in sostanza da Bologna in poi).
Un patrimonio disperso
L’ancora di salvezza che permette ai viola di non sentirsi già alla deriva è rappresentata, chiaramente, da quanto costruito a cavallo tra la fine di settembre e la metà di dicembre 2024: un patrimonio che ha permesso ai viola – per qualche tempo – di ridimensionare il peso delle sconfitte e di immaginare una pronta ripresa. Le defezioni, le novità di mercato e la nota vicenda connessa a Bove hanno fatto sì che, anche a livello tattico, tante sicurezze siano andate disperse: il 4-2-3-1 che sul piano dei risultati aveva ingranato a dovere, infatti, è venuto meno e (così come il 3-4-2-1 in precedenza) è finito nel dimenticatoio, in nome di una nuova ricerca del vestito ideale.
Ricerca fin qui affannosa e priva di frutti, sia sul fronte del rendimento che dei risultati: la Fiorentina ha dilapidato adesso quel patrimonio costruito in precedenza e si è vista superare dalla Roma, una Roma che a lungo arrancava sul lato destro della classifica e che è riuscita a recuperare ben quindici punti rispetto ai viola. La formazione di Palladino ha perso terreno anche rispetto a Lazio e Bologna, individuabili come concorrenti verosimili al di là dei voli pindarici di dicembre, ma il racconto che emerge dall’interno – all’indomani della sconfitta col Napoli – non cambia.
Un aspetto che lascia spiazzato l’ambiente, che causa evidente turbamento dopo gli ultimi risultati, è proprio il tipo di racconto mantenuto da Palladino nel descrivere la situazione: nel pieno di un ciclo di ferro e dopo sconfitte dolorose quanto inattese (come quelle con Como e Verona) la narrazione è rimasta la stessa, senza l’impressione di una lucida consapevolezza dell’involuzione espressa. La sconfitta di Napoli non può, in sé, esacerbare gli animi o far ritenere compromessa la situazione: i partenopei hanno espresso un certo dominio anche contro l’Inter, nella giornata scorsa, e non era certo al Maradona che i viola dovevano costruire la base per una risalita in classifica.
La Conference come appiglio vitale
Al contempo, però, la soddisfazione per una “sconfitta onorevole” non basta alla piazza, considerando poi come – a lungo – sia stato il solo De Gea a evitare la classica imbarcata alla squadra gigliata, risvegliatasi poi nella ripresa. La volontà di Palladino è chiaramente quella di far sentire protetto il gruppo, al contempo le parole di Pradè hanno cambiato tono e – a loro volta – seguono il copione della coesione e dell’incoraggiamento. L’orizzonte, del resto, è chiaro ed è vicino: la Fiorentina si gioca una buona parte della stagione nel ritorno degli ottavi di Conference, contro il Panathinaikos, chiamata a rimontare dopo il 3-2 dell’andata per non abbandonare la competizione.
Dire addio alla Conference, dopo due finali consecutive, rappresenterebbe uno scotto pesante all’interno di una stagione che – valutando il solo campionato – vede la qualificazione europea come una sorta di impresa, tutt’altro che scontata (il sesto posto del Bologna dista ora cinque punti). La spaccatura tra la piazza e la squadra, Palladino in primis, risiede un racconto per certi versi viziato di quello che è il presente: quella magica striscia positiva non basta più per fare da scudo, il rischio concreto è quello di veder scivolare via una stagione sulla carta incoraggiante (arricchita da un mercato invernale degno di nota). La dirigenza per il momento fa quadrato o comunque osserva, senza caricare Palladino di ulteriori pressioni, ma l’approdo ai quarti di Conference appare un esame di passaggio cruciale, un mattone necessario per ricostruire un entusiasmo ormai affievolito.
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