Effetto Trump sulle Borse Ue




L’iperattivismo della presidenza Trump, l’atteso taglio dei tassi della Bce e l’annuncio di un programma di spesa da 500 miliardi in dieci anni da parte del cancelliere tedesco in pectore Friedrich Merz hanno cambiato l’assetto dei mercati nel giro di pochi giorni. Ripensare le strategie di investimento in uno scenario così mutevole diventa quasi un obbligo visto che al rialzo dei rendimenti dei titoli di Stato europei fa da contraltare l’ottima performance delle Borse nel Vecchio Continente.

I mercati obbligazionari hanno registrato movimenti contrastanti tra le due sponde dell’Atlantico. Negli Stati Uniti la politica fiscale tendenzialmente restrittiva annunciata dalla Casa Bianca (soprattutto per quanto riguarda le spese militari) e le aspettative di tagli dei tassi da parte della Federal Reserve hanno favorito un calo dei rendimenti. Al contrario, in Europa, l’annuncio di un massiccio piano di spesa pubblica, soprattutto in Germania, ha spinto al rialzo i rendimenti dei titoli di Stato, compresi i Btp italiani. «I rendimenti dei titoli europei stanno raggiungendo massimi anomali, mai visti in un ciclo di taglio dei tassi», ha sottolineato David Pascucci di Xtb evidenziando come il mercato obbligazionario del Vecchio Continente stia cercando di attrarre liquidità a fronte della sovraperformance dell’azionario con il Dax che ha segnato +17% da inizio anno (+15% per il Ftse MIb di Piazza Affari). PerMatteo Ramenghi di Ubs «gli investitori con liquidità in eccesso dovrebbero assicurarsi rendimenti duraturi su obbligazioni di buona qualità prima di ulteriori discese dei tassi». In questo scenario non si possono trascurare i nostri Btp che restano comunque un’opzione interessante non solo perché la politica di bilancio italiana resta molto prudente, ma perché l’economia tricolore potrebbe risentire del positivo effetto di trascinamento dell’aumento degli investimenti in Germania, primo partner commerciale.

Le Borse europee hanno beneficiato delle prospettive di maggiore spesa pubblica, con rialzi a doppia cifra da inizio anno, mentre Wall Street e Nasdaq hanno faticato a trovare slancio, penalizzate dall’incertezza sui dazi e dal rallentamento dell’economia americana. «Le nuove tariffe commerciali potrebbero ostacolare la crescita economica degli Usa», avverte Richard Flax di Moneyfarm, suggerendo cautela sugli investimenti azionari oltreoceano nel breve periodo. Secondo Ramenghi, invece, le spese per la difesa e gli investimenti nell’aerospaziale (risposta europea della Commissione Ue a quello che sembra un progressivo disimpegno statunitense; ndr) potrebbero spingere il settore industriale, mentre negli Stati Uniti la crescita degli utili e il boom dell’intelligenza artificiale mantengono attraenti l’azionario. Per quanto la performance di Wall Street non sia stata particolarmente brillante di recente, non si può penalizzare troppo l’esposizione al mercato Usa nel proprio portafoglio. «Gli indicatori di sentiment, come il Pmi dei servizi a 49,7 punti, segnalano un rallentamento dell’economia statunitense, ma gli hard data come le vendite al dettaglio restano solidi», spiegano gli analisti di Allianz GI rimarcando come la prudenza sia un principio guida dell’asset allocation.

Sul mercato valutario, infine, la diversificazione resta un imperativo molto più che per le altre asset class. Ampliare il proprio paniere consente di mitigare i rischi legati alle fluttuazioni dell’euro/dollaro. Daniela Sabin Hathorn, senior analyst presso Capital.com, ha ricordato come venerdì scorso il cambio moneta unica/biglietto verde abbia recuperato quota 1,08. «Gli operatori di mercato stanno ora valutando una probabilità del 50% di una pausa nel taglio dei tassi alla prossima riunione della Bce di aprile, rafforzando la domanda per l’euro», ha osservato.

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Ma, ha aggiunto Sabin, al di là di temporanei arretramenti «lo slancio rialzista dell’euro rimane intatto, in gran parte alimentato da una significativa impennata dei

rendimenti». Titoli di Stato più generosi, investimenti pubblici e mercato azionario ben impostato in un contesto G7 determinano una sorta di effetto-calamita che restituisce all’Europa una centralità che sembrava smarrita.



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