Guerra dei dazi, La Cina risponde a Trump: tariffe tra il 10% e il 15% sui prodotti agricoli per colpire gli elettori del Tycoon


Dopo i dazi di Donald Trump sulle merci cinesi (ma anche canadesi e messicane), Pechino risponde con la stessa moneta: oggi entrano in vigore tariffe del 10-15% a carico di alcuni prodotti agricoli americani. È l’ultima rappresaglia contro la mossa Usa che ha appena doppiato al 20% le tariffe su tutto l’import verso gli Stati Uniti di beni made in China. La giustificazione ufficiale è l’incapacità del Dragone di fermare i flussi del fentanyl, la droga sintetica che responsabile di circa 100mila morti all’anno in America.

Pechino colpisce l’agricoltura: Trump ottimista, verso l’incontro con Xi – Nel mirino della Repubblica popolare sono finiti soia, sorgo, carne di maiale e manzo, prodotti ittici, frutta, verdura e prodotti lattiero-caseari tutti colpiti al 10%, mentre pollame, grano, cotone e mais sono nel gruppo di aliquota al 15%. Le tariffe, inoltre, non si applicheranno alle merci partite prima del 10 marzo, purché arrivino in Cina entro il 12 aprile.

Donald Trump ha espresso fiducia nella sua gestione della guerra sui dazi, annunciando di avere in programma un incontro con il presidente cinese. “Ho un buon rapporto con il presidente Xi, molto buono. E in un certo momento lo incontrerò”, ha detto in un incontro con i giornalisti a bordo dell’Air Force One, aggiungendo: “I dazi renderanno di nuovo ricco il nostro paese”,

Cina in difficoltà: colpire gli elettori di Trump senza rinunciare al negoziato – Secondo gli analisti, la ritorsione di Pechino vorrebbe colpire la base elettorale del presidente americano Donald Trump, con l’aumento dei prezzi nel comparto agricolo. Ma senza troppa durezza, per l’asciare aperta la parte al negoziato. Del resto – sono convinti a Pechino – la Casa Bianca avrebbe molto da perdere in una possibile guerra commerciale: le esportazioni cinesi verso gli Stati Uniti molto più corpose. Ma neppure il Paese del Dragone uscirebbe indenne da una battaglia a colpi di tariffe: l’economia è incerta, tra deflazione, deboli consumi e crisi del mercato immobiliare.

Le esportazioni di conseguenza, che nel 2024 hanno raggiunto livelli record, potrebbero non fornire quest’anno la stessa ancora di salvezza economica per Pechino nel mezzo dell’inasprimento della guerra commerciale con Washington.

Guerra dei dazi, il fronte canadese – “Gli americani vogliono il nostro Paese” ma “non possiamo lasciare che Trump vinca”. Lo ha detto Mark Carney, nuovo leader del Partito liberale e successore di Justin Trudeau. Secondo Carney, I dazi decisi da Ottawa contro gli Stati Uniti, in ritorsione alle tariffe imposte dal presidente americano, resteranno in vigore “fino a quando gli americani ci mostreranno rispetto e prenderanno impegni credibili per scambi commerciali liberi e giusti”.

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Carney ha ricevuto le congratulazioni dalla Cina: “Ci auguriamo che la parte canadese possa tenere una comprensione oggettiva e razionale della Cina e perseguire una politica positiva e pragmatica nei suoi confronti”, ha affermato la portavoce del ministero degli Esteri Mao Ning.

Il fronte messicano: giù le vendite di auto, ma la piazza festeggia il rinvio americano di una parte tariffe – Le spedizioni di auto leggere dal Paese latinoamericano sono diminuite del 9,2% a febbraio, rispetto allo stesso mese del 2024, attestandosi a 258.952 unità, secondo i dati dell’Istituto nazionale di geografia e statistica. Praticamente tutte le aziende automobilistiche che esportano dal Messico sono state colpite. A gennaio le vendite all’estero erano già diminuite del 13,7% e a dicembre del 5,8%. La produzione nei primi due mesi dell’anno ha invece registrato dati positivi. Nel bimestre gennaio-febbraio 2025 sono state prodotte 629.435 unità, con una variazione del +0,4% rispetto allo stesso periodo del 2024.

Intanto, decine di migliaia di persone si sono riversate nella piazza principale di Città del Messico per festeggiare con la Presidente Claudia Sheinbaum la decisione degli Stati Uniti di rinviare i dazi su molti prodotti del Paese. I manifestanti avevano grandi bandiere messicane e striscioni con la scritta “il Messico va rispettato”, acclamando Sheinbaum. La celebrazione arriva pochi giorni dopo che il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha rinviato di un mese le tariffe del 25% su molte importazioni dal Messico, affermando che Sheinbaum ha fatto progressi sul contrabbando di droga e sull’immigrazione illegale. Sheinbaum aveva previsto di annunciare oggi eventuali misure di ritorsione, ma vista la decisione ha tenuto un festeggiamento pubblico.

Australia, dazi in arrivo su acciaio e alluminio? – Il ministro al Commercio australiano, Don Farrell, si è detto pronto a recarsi subito a Washington, se questo può aiutare ad assicurare un’esenzione dalle tariffe sull’esportazione di acciaio e alluminio appena annunciate dal presidente Usa Donald Trump. Ha tuttavia riconosciuto che il governo di Canberra dovrà continuare a premere per uno speciale accordo nei prossimi mesi, se il tentativo fallirà.
“Gli Usa godono di un sostanziale surplus commerciale con l’Australia, e noi investiamo molto nell’industria Usa della difesa attraverso Aukus, l’alleanza tra Australia, Regno Unito e Usa”, ha dichiarato Farrell. Che ha aggiunto di aver chiesto un colloquio con la sua controparte, il segretario Usa al Commercio Howard Lutnick “appena possibile”. “Faremo tutto il necessario per risolvere la questione. Non vogliamo conflittualità, vogliamo discussione, così come avviene con la Cina”, ha annunciato il ministro australiano.

Kevin Hassett, che presiede il Consiglio economico nazionale della Casa Bianca, ha dichiarato che le tariffe del 25% sull’importazione dei due metalli, che entrerebbero in vigore il 12 marzo, sono intese a potenziare industrie chiave per la difesa nazionale. “Il presidente Trump ritiene che avere una forte industria dell’acciaio sia questione di sicurezza e vuole che rimanga negli Usa”, ha detto. Trump tuttavia aveva promesso di dare “grande considerazione” a un’esenzione per l’Australia dopo un colloquio con il primo ministro, Anthony Albanese, il giorno dopo aver annunciato le tariffe su acciaio e alluminio.



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