La relazione col cliente? Oggi passa dagli ambienti digitali. «I prodotti devono essere digital first e i brand devono distinguersi»  


Al via su StartupItalia un viaggio tra i centri media e le agenzie d’eccellenza per raccontare come evolve il martech, area che lega le nuove frontiere del marketing alle tecnologie emergenti. «È fondamentale personalizzare le offerte e comunicare la brand experience», afferma Andrea Pia, Chief Growth Officer di AKQA Italia

Con l’avanzare costante delle ultime innovazioni nel settore del tech, anche i centri media e le agenzie di comunicazione devono ripensare la propria comunicazione, pena la mancata competitività nei mercati. AKQA, che lavora in oltre 30 Paesi, si occupa di aiutare startup, aziende, PMI, multinazionali e agenzie governative a progettare la propria brand experience. A guidare la crescita attraverso lo sviluppo di progetti innovativi che supportino le aziende nella loro transizione digitale e trasformazione di business in AKQA Italia è Andrea Pia, attuale Chief Growth Officer: «Dopo la laurea in Ingegneria delle Telecomunicazioni all’Università di Padova, ho mosso i primi passi professionali nel Gruppo Dada, nella divisione E-business Solution (EBS). Qui ho avuto modo di sviluppare competenze chiave nel campo delle soluzioni digitali, che mi hanno portato nel 2005 in Accenture da consulente esperto per progetti innovativi basati su tecnologie a banda larga – racconta – Nel 2007 ha intrapreso una nuova avventura in H-FARM, dove ho supportato la crescita di H-ART». Ad Andrea, che insegna anche come docente al dipartimento di Informatica, Scienza e Ingegneria dell’Università di Bologna, abbiamo chiesto come cambierà il concetto di “innovazione” nei centri media e quali ostacoli intravede da parte delle aziende nella transizione verso il digitale.  

Andrea Pia, AKQA

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Andrea, da quanto tempo lavori nel settore dell’innovazione?
Ho iniziato la mia carriera nel gruppo Dada, poi, dopo un percorso di consulenza, sono atterrato in HFARM, H-ART e oggi AKQA. Mi occupo di innovazione da sempre, supportando startup e realtà innovative che hanno generato trasferimento tecnologico. Nello specifico, AKQA si occupa di brand experience e valorizza non solo gli aspetti di business ma anche gli elementi del brand, ovvero ciò che contraddistingue un’azienda nel mare magnum delle imprese. La nostra sfida, e quello che ci identifica nel mercato, è saper mettere insieme diverse anime: prodotto, esperienza, innovazione. Non siamo un’agenzia solo creativa né solo un’azienda di consulenza ma un gruppo di designer e creativi con un know-how e un’expertise professionale olistica.

Oggi AKQA dove lavora?
Con alcuni team presenti in oltre 30 Paesi e più di 5.500 impiegati. Il nostro headquarter italiano è in H-FARM e ci dividiamo tra Treviso e Milano. Solo nel mercato italiano siamo in circa 140 dipendenti che lavoriamo per ampliare gli orizzonti, unendo la curiosità, l’ambizione, l’immaginazione e lo spirito pionieristico di una startup con la portata di un’impresa globale.

akqa
La sede di AKQA

Secondo te che cosa manca alle aziende italiane oggi per stare al passo con l’innovazione?
Il digitale non è un canale né una tecnologia, ma un’era in cui viviamo. Oggi abbiamo la capacità di fondere arte e scienza e usare l’immaginazione per inventare nuove soluzioni e il fatto che il digitale, così come le persone, stiano cambiando ci immerge in un processo in cui un’azienda deve necessariamente fare i conti con il cambiamento. In termini di progetto, deve cambiare non solo il business model, ma anche il prodotto e il servizio. Per spiegarmi meglio, non è sufficiente pensare a un prodotto e attaccarci un’app, ma partire sin da subito pensando all’app, in un’ottica di “digital first”, e capire gli elementi che possono rendere il prodotto più attrattivo e facile da comunicare e da vendere. La digitalizzazione non deve più essere vista come l’ultimo miglio ma diventare una componente centrale dell’ideazione del prodotto, e quindi dell’impresa stessa altrimenti, in quest’ottica, le aziende aziende italiane saranno costantemente in ritardo di 3-5 anni.

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E con l’AI che cosa cambia?
Con l’intelligenza artificiale le aziende devono essere capaci di integrare tutte le nuove opportunità che vengono offerte in diversi momenti; dalla definizione delle azioni di prodotto alla tipologia di comunicazione, che deve essere al cuore delle imprese. Poi ci sono anche alcuni elementi culturali da dover tenere presente: ci si deve pensare “digital first”. In una startup quando nasce un prodotto questo diventa quasi un mezzo e non un fine; si deve portare questo tipo di cultura a tutti i livelli e si devono innestare una serie di pratiche che all’interno di un ciclo vita del prodotto siano ben consolidate. 

Quali sono, quindi, le priorità oggi?
Oggi abbiamo un patrimonio a disposizione che sono i dati, i quali aumentano la potenza e l’efficacia degli strumenti messi in campo ma è difficile avere elementi solidi. Quindi, da questo punto di vista bisogna tornare alle basi, che sono i fondamentali del business e porsi domande del tipo: “Come un’azienda genera ricavi?” “Come le persone comprano prodotti e quali sono gli elementi distintivi del brand?” La tecnologia sempre di più abbasserà i costi per gli accessi ai servizi e in questo mare magnum sarà sempre più difficile orientarsi. Non cambieranno le priorità, ma la capacità di disegnare brand experience, che sarà la chiave per distinguersi. Nello sviluppo di soluzioni tech con approccio no code si semplificheranno le cose, ma c’è il rischio che il mercato si appiattisca e che tutti si appiattiscano. Per questo, è fondamentale distinguersi come brand, e in questa sfida c’è una sola stella polare: la brand experience anche sviluppata sui dati e con le tecnologie più avanzate. Gli elementi esperienziali ed empatici devono essere tradotti in elementi concreti e tangibili e i brand devono lasciare un ricordo, che passa dalla valorizzazione dei propri valori. In questo l’Italia ha dimostrato nel passato di essere all’altezza: pensiamo alle aziende storiche di manifattura che hanno saputo innovarsi e comunicare i propri valori, ad esempio. Ecco, questa sfida deve diventare un percorso comune a tutte le aziende, se non vogliono collassare o uscire dal mercato.





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