La targa antindragheta? «Qualcuno ha detto no, poi hanno sciolto il comune. La pillola antindrina apprezzata dagli inglesi e dai calabresi intelligenti»


COSENZA Era il 1992 quando un emozionatissimo Salvatore Magarò, a Cosenza, introduceva il segretario nazionale del Psi Bettino Craxi nel cuore della «provincia più socialista d’Italia». L’attuale sindaco di Castiglione Cosentino è uno dei garofani decisi a contrastare, in direzione ostinata e contraria, i venti sovranisti e populisti che soffiano anche in Calabria. Magarò resiste alla politica caciarona e kitsch, agli spacciatori di fango, al tempo che passa e ai tentativi di rottamazione. Da Castiglione Cosentino, in una lunga intervista concessa al Corriere della Calabria, porta indietro la memoria e i flashback tornano al Consiglio regionale, alla Commissione antindrangheta da lui presieduta, alle battaglie (anche provocatorie) ed ai commenti dei detrattori.

Partiamo dall’esperienza alla guida della Commissione Consiliare Regionale contro la ‘Ndrangheta e da quella iniziativa “Qui la “ndrangheta non entra”

«Rifarei tutto con più convinzione. Si trattava allora di una delle tante iniziative simboliche che muoveva dalla soglia della municipalità. Un enunciato indicativo, un desiderio, un’asserzione che doveva rappresentare un presupposto scontato o una constatazione. La reazione dei cittadini in visita al proprio municipio, dalle informazioni che mi giungevano, è stata più positiva che negativa.
La disponibilità dei sindaci alta.
Non avevo la presunzione di sconfiggere la ‘Ndrangheta affiggendo una targa in plex del costo di 15 euro affianco al portone di ingresso del municipio
. Tanti i comuni che hanno aderito, alcuni di essi hanno detto di no e successivamente sono stati sciolti per infiltrazioni mafiose; altri convinti dalla validità della Iniziativa hanno ricollocato la targa distrutta [Cessaniti, Cittanova, Mileto, ecc.].
L’obbiettivo era mettere al centro il fenomeno ‘Ndrangheta che rappresentava e rappresenta la vera palla al piede del mancato sviluppo della Calabria e di incoraggiare un moto di consapevolezza. Con lo stesso spirito poi l’abbiamo estesa pure ad alcune scuole. Che la ‘ndrangheta, e quindi il malaffare, l’illegalità, debbano rimanere lontani dai contesti istituzionali può sembrare un concetto scontato, inutile da ribadire e sottolineare. E invece non ha idea di come sia stato significativo metterlo nero su bianco attraverso quel cartello che ancora campeggia, per fortuna, sulla porta di molti municipi. E poi, la consegna e l’affissione di quelle targhe è stata anche l’opportunità per organizzare dibattiti e iniziative di sensibilizzazione della comunità sul fenomeno ‘ndrangheta, che poi era uno degli obiettivi principali della Commissione consiliare».

La ‘ndrangheta si alimenta di simboli, quella targa era il simbolo dell’esercito dei buoni?!

«Io non lo chiamerei l’esercito dei buoni. Direi piuttosto che era un modo per ribadire da che parte debbano stare i rappresentanti delle istituzioni: dalla parte della legalità, della giustizia, del rispetto delle regole».

Anche la statua di Giacomo Mancini, a Cosenza, è un simbolo, ma rischia di finire in uno scantinato

«Francamente trovo incomprensibile l’atteggiamento del sindaco Franz Caruso. Appena è stata reso pubblico lo sfratto della statua del “Leone” c’è stato un moto di amarezza e di indignazione diffuso. Mi ha colpito vedere in prima fila i socialisti, ma accanto a noi tante persone di un orientamento diverso che però si sono sentiti offesi da questa decisione. Che diciamolo chiaramente è uno oltraggio alla storia di Cosenza e a quella socialista.
Un buon sindaco deve avere la capacita di capire e di interpretare il sentimento della comunità che amministra. E i cosentini vogliono che la statua rimanga dove è stata a suo tempo collocata, davanti al comune. Non troverei nulla di disdicevole se il sindaco socialista Caruso ne prendesse atto e ritirasse i provvedimenti adottati. Io glielo consiglio. A volte cambiare idea è segno di intelligenza. Essere intelligenti implica anche una mente aperta e flessibile. Significa accettare nuove prospettive. Se cambia idea non è un tradimento, bensì una dimostrazione di saggezza e sarebbe apprezzata da tutti, ne sono convinto. Nella mia comunità mi è capitato da sindaco di partire con una idea ma poi dialogando con la mia coscienza e con i miei cittadini di riflettere e di modificarla».

Un’altra iniziativa. La distribuzione di una confezione del farmaco “Anti’ndrina” ai membri del parlamentino calabrese. Era del cioccolato, ma le reazioni furono piuttosto velenose

«In alcuni pezzi della informazione le reazioni sono state dettate dallo scontro politico di quella fase, invece in larghi strati della società civile, delle Università, dei mondi vitali calabresi sono state curiose ed interessate alla proposta. È stato uno strumento semplice, un prodotto utile per ricordare che la ‘Ndrangheta è come un virus cha aggredisce la società e come tale, servono medicine potenti per sconfiggerla.
La mia anti’drina è sbarcata in Inghilterra.
La campagna di sensibilizzazione sui temi della legalità e del contrasto alla ‘Ndrangheta attraverso la pillola anti’ndrina ha varcato i confini nazionali. Il gadget realizzato a mie spese e distribuito gratuitamente agli studenti delle scuole calabresi è approdato sulle pagine di un foglio informativo realizzato dal Gruppo Permanente sulla Criminalità Organizzata, gruppo di ricerca europeo curato dalla University of Essex di Colchester del Regno Unito. Pillole di ottimismo in Calabria era scritto nell’incipit dell’articolo che descrive l’anti’ndrina come un prodotto di marketing utile per promuovere la legalità, soprattutto tra i giovani e per ricordare che la ‘Ndrangheta è un virus che aggredisce la società tutta, non solo il Sud d’Italia. L’umorismo è piaciuto agli inglesi e io penso pure ai Calabresi intelligenti. Sulla validità dell’anti’ndrina mi basta ricordare come, appena poche settimane più tardi anche il Papa adottò una analoga iniziativa lanciando la Misericordina che conteneva nello una coroncina del rosario».

I giudizi furono feroci anche in relazione al lavoro della commissione antindrangheta. Più di qualcuno la definì «iper inutile»

«Sull’utilità della Commissione, a cui non sono attribuiti poteri di tipo ispettivo o di controllo, durante la mia presidenza non si può dire che siamo stati con le mani in mano.
Appena nove mesi dopo il mio insediamento a Palazzo Campanella si svolse, su mia richiesta, una seduta del Consiglio regionale esclusivamente dedicata al dibattito sul fenomeno della ‘ndrangheta e sulle azioni che l’Assemblea doveva mettere in campo per contrastarlo. In quella sede abbiamo approvato provvedimenti importanti tra cui l’adozione del Codice etico di autoregolamentazione per i partiti nella scelta dei candidati alle cariche elettive. E ancora, l’introduzione di misure in favore di testimoni di giustizia, collaboratori di giustizia, delle vittime della criminalità organizzata e delle loro famiglie, attraverso l’attribuzione di riserve o di punteggi di premialità e di preferenzialità nei concorsi pubblici e nelle procedure selettive di personale attivate dalla Regione e dagli enti subregionali; la volontà di costituirsi sempre e comunque parte civile nei processi ovunque incardinati, perpetrati a danno dei cittadini, delle istituzioni pubbliche, dei loro rappresentanti o qualunque altro soggetto pubblico o privato vessato o colpito da condotte delittuose riconducibili al cosiddetto “metodo” ‘ndranghetista; l’istituzione di un coordinamento di tutte le commissioni anti mafia del Sud; la riunione congiunta a Milano con la Commissione della Lombardia; la mozione sul consumo critico contro il pizzo realizzata concretamente con l’apertura a Palazzo Campanella della bottega della legalità “il G(i)usto di Calabria” dedicata al piccolo Dodo’ Gabriele dove sono stati esposti e messi in vendita prodotti antimafia, cioè i prodotti ricavati dai terreni confiscati alla Ndrangheta e dati in gestione a cooperative sociali. Insomma, non solo iniziative simboliche ma talmente efficaci da indurre qualcuno, rimasto ahinoi ancora ignoto, ad esplodere alcuni colpi di pistola di grosso calibro contro il portone della mia segreteria a Cosenza, appena pochi giorni dopo l’approvazione di questi provvedimenti».

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Oggi è alla guida di Castiglione Cosentino. I comuni sono avvolti da una nube burocratica e i sindaci sono in trincea e diventano dei bersagli mobili: auto bruciate, buste con proiettili, minacce, intimidazioni. Chi ve lo fa fare?

«Intanto voglio esprimere la mia solidarietà al sindaco di Serra San Bruno per il vile attentato dei giorni scorsi. Oggi fare il sindaco è una missione.
Mi definisco un sindaco di strada, amo il mio Paese e sono amato dai miei Concittadini [sono sei le legislature sindacali]. Dedico tutta la giornata al mio Minicipio e alla mia gente. Il Paese cresce con risultati straordinari.
Nessun beneficio personale e tante responsabilità. Perché i sindaci sono in fin dei conti il front office delle istituzioni, il primo sportello a cui le persone si rivolgono. Manca l’acqua? Il servizio non lo gestisce il comune ma è al comune che i cittadini chiedono spiegazioni. E così per i rifiuti e per mille altre incombenze. Le risorse sono sempre insufficienti e bisogna fare i salti mortali per far quadrare i conti».

Il suo è un piccolo centro che, come tanti, tenta a fatica di resistere allo spopolamento. E’ la battaglia più difficile da vincere?

«Lo spopolamento è un fenomeno complesso dal quale nessun comune può dichiararsi immune. Perché la progressiva desertificazione dei territori è legata anche alla denatalità oltre che alla migrazione. Naturalmente i luoghi più interni e periferici della regione pagano dazio anche alla carenza di opportunità lavorative ed all’isolamento determinato dalla inadeguatezza delle infrastrutture viarie. Ogni giorno il nostro impegno è dedicato a garantire servizi efficienti nei settori della scuola, dei trasporti, del welfare, puntando molto sul senso di comunità e di coinvolgimento nelle diverse iniziative di sociali e culturali promosse nonostante l’esiguità del nostro bilancio». (f.benincasa@corrierecal.it)

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