Mediterraneo e Africa, l’intelligence legge le priorità dell’Italia


La relazione al Parlamento annuale del Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza (Dis), l’organo che coordina Aisi e Aise, i due servizi italiani d’intelligence, è arrivata e mostra chiare priorità per la sicurezza nazionale: un grande focus nella relazione dell’attività del comparto nel 2024 è dato allo scenario mediterraneo ed africano.

“Il 2024 è stato l’anno con il maggior numero di conflitti dalla fine della Seconda Guerra Mondiale: 56”, ricorda in apertura il rapporto dell’organo da poco guidato dal prefetto Vittorio Rizzi, subentrato all’ambasciatrice Elisabetta Belloni. Per il Dis questo “è uno degli indici del deterioramento complessivo del quadro securitario, un’instabilità a cui si intrecciano l’incertezza sui futuri equilibri in diverse aree del mondo – compreso il Mediterraneo allargato – e l’accentuata competizione nei rapporti tra attori globali”. Chiaramente, il Dis nota che è “in tale scenario di crescente complessità che si innesta l’attività di informazione per la sicurezza, a tutela degli interessi nazionali”.

Dove guarda l’intelligence

L’attenzione securitaria dell’intelligence è su più fronti. E se lo sguardo rivolto a Ucraina e Medio Oriente era atteso e approfondito, sicuramente degna di nota è la grande copertura data nel rapporto alle priorità geostrategiche dell’Italia, la stabilità del Mediterraneo allargato, che arriva fino al Mar Rosso e al quadrante locale dell’Africa da un lato e al Golfo di Guinea a Ovest, e del pre-carré africano, in Maghreb e Sahel.

“L’interdipendenza economica, culturale e politica di aree anche geograficamente distanti impone di adottare uno sguardo d’insieme sulle dinamiche che interessano quadranti e Paesi accomunati da linee di fondo interconnesse in modo tale da disegnare un sistema che, nel Mediterraneo, vede il fulcro degli interessi strategici nazionali“, scrive a chiare lettere il Dis.

L’intelligence definisce “un arco geopolitico, quello del Mediterraneo allargato, che tocca il Nord Africa, il Vicino e Medio Oriente e l’area del Golfo Persico e che riveste assoluta centralità per gli aspetti della sicurezza, dell’approvvigionamento energetico, del contenimento della pressione migratoria, dello sviluppo delle opportunità e delle sinergie che si schiudono per il sistema politico e produttivo nazionale”.

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Non a caso, parliamo del fulcro delle attività strategiche del Governo di Giorgia Meloni nei due anni a partire dal suo insediamento: il partenariato sempre più stretto con Paesi come Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita, la ricerca di una via per non perdere l’influenza sul Levante, con la difesa della missione Unifil in Libano e il monitoraggio della Siria post-Bashar al-Assad, il rilancio della presenza sul terreno in teatri come quello del Niger e il varo del Piano Mattei per l’Africa sono identificabili in una regia comune.

L’Africa, fulcro della strategia italiana

La chiave di lettura dei servizi sugli scenari più attenzionati non è unicamente securitaria o militare: soprattutto in Africa l’attenzione è alle chiavi di letture sociali. Un esempio? L’emersione del fenomeno jihadista di ritorno non è letta dal Dis sono in ottica di antiterrorismo ma analizzando il fatto che “le diverse formazioni terroristiche si sono spesso radicate sul territorio e adattate ai contesti locali, proponendo soluzioni alternative rispetto a modelli di governance tacciati di essere espressione di interessi occidentali, nonché proponendosi esse stesse come entità in grado di soddisfare le istanze della popolazione trascurate dai governi locali”.

Il Dis riconosce che “la dimensione politica e quella sociale si confermano, dunque, quali chiavi di lettura imprescindibili per la comprensione delle dinamiche che stanno portando all’espansione della minaccia terroristica in Africa”. Un esempio lampante di cultura della sicurezza, che ora il governo ha l’onore e l’onere di poter tradurre in strategie politiche concrete. Tanta elaborazione e analisi non possono non partire dal cortile di casa del Paese, ovvero dalla battaglia politica per sviluppare un’agenda europea securitaria chiara. Finora abbiamo visto tante parole, tanti numeri e poca strategia: obiettivo italiano deve essere ricordare la necessità di spostare lo sguardo europeo verso Sud, verso gli scenari geostrategici di riferimento del nostro Paese. Per poter dare il nostro contributo nel migliore dei modi alla sicurezza collettiva del Vecchio Continente. E la visione del Dis può suggerire adeguate strategie a proposito.

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