Processo tributario: società estintasi per cancellazione dal registro delle imprese il processo tributario prosegue nei confronti dei soci


La Corte di Cassazione a Sezioni Unire con la sentenza n. 3625 depositata il 12 febbraio 2025, chiamata a dirimere un contrasto giurisprudenziale in ordine alla responsabilità dei soci di società cancellate per debiti tributari, ha ribadito, in tema di legittimazione passiva, il principio di diritto secondo cui ” riguardo agli effetti tanto sostanziali quanto processuali della cancellazione-estinzione della società, così come evincibili da Cass. SSUU, 12 marzo 2013, nn. 6070, 6071 e 6072.

Ciò nel senso che, sul piano sostanziale, qualora all’estinzione della società, di persone o di capitali, conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese, non corrisponda il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla società estinta, “si determina un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale: a) l’obbligazione della società non si estingue, ciò che sacrificherebbe ingiustamente il diritto del creditore sociale, ma si trasferisce ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, ‘pendente societate’, fossero limitatamente o illimitatamente responsabili per i debiti sociali; b) i diritti e i beni non compresi nel bilancio di liquidazione della società estinta si trasferiscono ai soci, in regime di contitolarità o comunione indivisa, con esclusione delle mere pretese, ancorché azionate o azionabili in giudizio, e dei crediti ancora incerti o illiquidi, la cui inclusione in detto bilancio avrebbe richiesto un’attività ulteriore (giudiziale o extragiudiziale), il cui mancato espletamento da parte del liquidatore consente di ritenere che la società vi abbia rinunciato, a favore di una più rapida conclusione del procedimento estintivo”. Mentre, sul piano processuale, la cancellazione della società dal registro delle imprese, a partire dal momento in cui si verifica l’estinzione della società cancellata, priva la società stessa della capacità di stare in giudizio, in modo tale che qualora l’estinzione intervenga nella pendenza di un giudizio del quale la società è parte, “si determina un evento interruttivo, disciplinato dagli artt. 299 e ss. cod. proc. civ., con eventuale prosecuzione o riassunzione da parte o nei confronti dei soci, successori della società, ai sensi dell’art. 110 cod. proc. civ.”.

Per i giudici di legittimità, alla luce dell’orientamento giurisprudenziale e delle sentenze della Cass. SSUU, 12 marzo 2013, nn. 6070, 6071 e 6072 viene precisato e statuito che

– la cancellazione della società ha effetto costitutivo immediato ma non comporta l’estinzione, in danno dei creditori ed in violazione dell’art. 24 Cost., delle obbligazioni sociali;

gli ex soci rispondono (di un debito che non è nuovo, derivando esso non dalla liquidazione ma dal pregresso svolgimento dell’attività societaria in adempimento del contratto sociale, così mantenendo invariata la sua causa e la sua natura giuridica d’origine) quali successori, seppure intra vires ex 2495 co. 2 cod.civ. (ovvero illimitatamente, a seconda del regime di responsabilità attivo in pendenza del rapporto sociale);

– i diritti e beni non compresi nel bilancio di liquidazione si trasferiscono ai soci in contitolarità ovvero comunione indivisa, con eccezione delle mere pretese o dei crediti non certi nè liquidi, per i quali la cancellazione fonda una presunzione di abbandono;

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sul piano processuale, la cancellazione emersa in corso di giudizio (là dove, in caso di mancata dichiarazione o notificazione dell’evento estintivo deve operare il regime di stabilizzazione ed ultrattività del mandato come successivamente chiarito da Cass. SU n. 15295/2014) non comporta la chiusura anticipata del processo per cessazione della materia del contendere e la necessità di un nuovo giudizio nei confronti del socio, bensì una causa di interruzione del processo ex artt. 299 segg. cod.proc.civ.;

– ricorre in proposito l’art. 110 cod.proc.civ. (che richiama il venir meno della parte processuale non solo per morte ma anche per ‘altra causa’) e non l’art. 111 cod.proc.civ. (non essendoci trasferimento a titolo particolare di un determinato rapporto o diritto). “

In particolare viene ricordato nella sentenza in commento che le Sezioni Unite nelle sentenze nn. 6070, 6071 e 6072 precisavano che: Il successore che risponde solo intra vires dei debiti trasmessigli non cessa, per questo, di essere un successore; e se il suaccennato limite di responsabilità dovesse rendere evidente l’inutilità per il creditore di far valere le proprie ragioni nei confronti del socio, ciò si rifletterebbe sul requisito dell’interesse ad agire (ma si tenga presente che il creditore potrebbe avere comunque interesse all’accertamento del proprio diritto, ad esempio in funzione dell’escussione di garanzie) ma non sulla legittimazione passiva del socio medesimo”.

Pertanto, quella di cui all’articolo 2495 secondo comma (percezione di somme di liquidazione nelle società di capitali) è condizione dell’azione inerente non alla legittimazione passiva (ad causam) bensì all’interesse ad agire, con la precisazione però che la mancata percezione di somme di per sé non esclude l’interesse ad agire del creditore sociale in vista, ad esempio, dell’escussione di garanzie o della sopravvenienza di beni destinati a confluire in un regime di contitolarità o comunione indivisa. E vertendosi appunto di condizione dell’azione, in caso di contestazione è il creditore sociale che agisce a dover provare tanto la veste di ex socio del convenuto quanto il presupposto di cui all’articolo 2495 secondo comma. 

Inoltre per il Supremo consesso ribadiscono che come ” affermato dalla assolutamente prevalente giurisprudenza successiva – con orientamento che va qui ulteriormente ribadito – a seguito dell’estinzione della società, il socio (ex-socio) è successore per il solo fatto di essere tale e non perché abbia ricevuto quote di liquidazione; ed il carattere universale della sua successione non è contraddetto dal fatto che egli risponda solo nei limiti di quanto percepito.

Certo, non si tratta di estendere tout court alla fattispecie della successione alla società estinta i principi propri della successione alla persona fisica defunta, e già le Sezioni Unite del 2013 sentirono la necessità di concettualmente respingere, in materia, “improprie suggestioni antropomorfiche”. La radice della responsabilità dell’ex- socio nell’originario contratto sociale, la sussistenza iniziale e statutaria di un regime di responsabilità limitata (come nelle società di capitali), la volontarietà e discrezionalità dell’evento estintivo, rappresentano – tutte – emergenze tipiche del fenomeno societario, tali da giustificare l’adozione di un paradigma di tipo successorio ma, come osservato dalle Sezioni Unite, pur sempre ‘sui generis’. In modo tale che, a tacer d’altro, mentre il successore della persona fisica può evitare di esporre il proprio personale patrimonio alla responsabilità per i debiti del de cujus non accettando l’eredità, ovvero accettandola con beneficio d’inventario, non altrettanto può fare l’ex-socio il quale risponderà in ogni caso appunto perché socio, sebbene nei limiti di quanto percepito nella liquidazione.

E ciò si spiega con il fatto che la legittimazione dell’ex socio quale soggetto responsabile per i debiti societari residui discende appunto, se non proprio dall’adempimento, quantomeno in conseguenza del rapporto sociale al quale egli diede volontariamente corso, posto che: “il dissolversi della struttura organizzativa su cui riposa la soggettività giuridica dell’ente collettivo fa naturalmente emergere il sostrato personale che, in qualche misura, ne è comunque alla base e rende perciò del tutto plausibile la ricostruzione del fenomeno in termini successori” (SU cit.).

Si condivide e riafferma, dunque, quanto osservato da Cass.n. 9672 del 19 aprile 2018 (in fattispecie tributaria, ma sulla base di considerazioni di valenza generale) la quale, dichiaratamente discostandosi da alcune pronunce di segno contrario (Cass., 23 novembre 2016, n. 23916; Cass., 26 giugno 2015, n. 13259; Cass. 31 gennaio 2017, n. 2444) e ponendosi invece in linea con altre statuizioni più aderenti alle Sezioni Unite del 2013 (tra cui Cass. 7 aprile 2017, n. 9094; Cass. 16 giugno 2017, n. 15035) ha escluso che gli ex soci possano ritenersi subentrati nella posizione debitoria solo se abbiano riscosso quote di liquidazione e, inoltre, che l’accertamento di tale circostanza costituisca presupposto della assunzione, in capo al socio, della qualità di successore e, correlativamente, della sua legittimazione ad causam ai fini della prosecuzione del processo.

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Sempre nel solco tracciato nel 2013, va poi qui ancora ribadito che il fatto consistente nella percezione di somme rinvenienti dal bilancio finale di liquidazione non funge soltanto da misura o tetto massimo dell’esposizione debitoria del socio (“fino alla concorrenza”, come si legge nell’art. 2495 cod.civ.), ma attiene, in effetti, anche ed in primo luogo ad una condizione dell’azione, come tale demandata alla prova della parte attrice: quella però non della legittimazione ma dell’interesse ad agire. “

Inoltre viene evidenziato che le Sezioni Unite abbiano tuttavia ricordato che il creditore potrebbe avere comunque interesse all’accertamento del proprio diritto nei confronti del socio pur in assenza di riparto di liquidazione a favore di questi, come nel caso, che le stesse Sezioni Unite hanno considerato, di escussione di garanzie di terzi, ovvero di diritti e beni che, per quanto non compresi nel bilancio di liquidazione della società estinta, siano ad esso attribuiti in regime di contitolarità o comunione indivisa.

E questa impostazione ha trovato anch’essa plurime conferme successive (v. Cass.n.9094 del 7 aprile 2017 cit.; Cass.n. 2 del 4 gennaio 2022; Cass.n.22692 del 26 luglio 2023; Cass.n. 8633 del 2 aprile 2024 ed altre), in base alle quali il limite di responsabilità dei soci di cui all’art. 2495 cod.civ. non incide sulla loro legittimazione processuale ma, al più, sull’interesse ad agire dei creditori sociali: “interesse che, tuttavia, non è di per sé escluso dalla circostanza che i soci non abbiano partecipato utilmente alla ripartizione finale, potendo, ad esempio, sussistere beni e diritti che, sebbene non ricompresi nel bilancio di liquidazione della società estinta, si sono trasferiti ad essi”.

Così Cass.n.15035 del 16 giugno 2017 cit., secondo cui: “La possibilità di sopravvenienze attive o anche semplicemente la possibile esistenza di beni e diritti non contemplati nel bilancio non consentono, dunque, di escludere l’interesse dell’Agenzia a procurarsi un titolo nei confronti dei soci, in considerazione della natura dinamica dell’interesse ad agire, che rifugge da considerazioni statiche allo stato degli atti”; affermazione, quest’ultima, ripresa anche da Cass. SSUU n.26283 del 6 settembre 2022 in tema di impugnazione di estratto di ruolo e già ribadita, in sede di riparto di giurisdizione, anche da Cass. SSUU n.619 del 15 gennaio 2021. “

Pertanto alla luce delle sopra esposte motivazioni, le Sezioni Unite, in relazione ai dubbi sollevati dall’ordinanza di rimessione dalla Sezione Tributaria con l’ordinanza interlocutoria n. 7425 del 14 marzo 2023 – hanno pronunciato i seguenti principî:

  • nella fattispecie di responsabilità dei soci limitatamente responsabili per il debito tributario della società estintasi per cancellazione dal registro delle imprese, il presupposto dell’avvenuta riscossione di somme in base al bilancio finale di liquidazione, di cui al 3^ (già 2^) co. dell’art. 2495 cod.civ., integra, oltre alla misura massima dell’esposizione debitoria personale dei soci, una condizione dell’azione attinente all’interesse ad agire e non alla legittimazione ad causam dei soci stessi;
  • questo presupposto, se contestato, deve conseguentemente essere provato dal Fisco che faccia valere, con la notificazione ai soci ex artt. 36 co. 5^ d.P.R. n. 602/73 e 60 d.P.R. 600/73 di apposito avviso di accertamento, la responsabilità in questione, fermo restando che l’interesse ad agire dell’Amministrazione finanziaria non è escluso per il solo fatto della mancata riscossione di somme in base al bilancio finale di liquidazione, potendo tale interesse radicarsi in altre evenienze, quali la sussistenza di beni e diritti che, per quanto non ricompresi in questo bilancio, si siano trasferiti ai soci, ovvero l’escussione di garanzie;
  • la verifica del presupposto dell’avvenuta riscossione di somme in base al bilancio finale di liquidazione, concernendo un elemento che deve essere dedotto nella fase di accertamento da indirizzarsi direttamente nei confronti dei soci ex art. 36 co. 5^ d.P.R. n. 602/73, non può avere ingresso nel giudizio di impugnazione introdotto dalla società avverso l’avviso di accertamento ad essa originariamente notificato, quand’anche questo giudizio venga poi proseguito, a causa dell’estinzione della società per cancellazione dal registro delle imprese, da o nei confronti dei soci quali successori della società stessa.



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