Era l’unica verità che conosceva. Con quella si è coricata per l’ultima volta senza più risvegliarsi. E senza che nessuno le abbia mai creduto. È morta all’età di 65 anni, Sabrina Minardi, personaggio complesso, memoria di un mondo di ombre e tenebre che ha scosso per anni la Capitale legandosi a uno dei più grandi misteri italiani: la scomparsa di Emanuela Orlandi. Lei lo disse apertamente e per anni lo ha ripetuto. Di fronte ai magistrati, nelle aule dei tribunali: «So che fine ha fatto la cittadina del Vaticano». Nel mezzo la sua vita, dal matrimonio poi naufragato con il calciatore Bruno Giordano agli intrecci che l’hanno vista legata a doppio filo con la Banda della Magliana fino al terrorismo nero. Dissolutezza, droga, denaro, criminalità: i punti cardinali della sua esistenza. Sul caso Orlandi, che la sua verità fosse vera non è stato mai provato, che fosse veritiera è stato solo supposto, che fosse millantata è stato poi decretato. Se ne è andata così: sola in un letto non lontano da Bologna dove ormai viveva. Lei che, nata e cresciuta sotto il sole di Trastevere, aveva conosciuto gli abissi e vi si era mischiata. Per anni compagna di Enrico (“Renatino”) De Pedis, occhi e orecchie della mente della Banda della Magliana, ovvero il gruppo dei “testaccini”, la Minardi un giorno decise di parlare e nel 2008, dopo 21 anni da quel 22 giugno 1983, raccontò di Emanuela dicendo ai magistrati che era stato proprio il suo compagno, ovvero De Pedis, a organizzare il rapimento della Orlandi su mandato di alcuni alti prelati. Le sue dichiarazioni portarono all’apertura di una seconda inchiesta sulla scomparsa della figlia 16enne di un commesso della Prefettura della casa pontificia ma ben presto fu archiviata. Raccontò una storia che sembrava possibile ma che è sempre rimasta acefala di prove.
LE RIVELAZIONI
Disse di aver visto la Orlandi arrivare su un’auto di fronte al fontanone del Gianicolo, lei si trovava su un’altra vettura con “Renatino”. Da lì la ragazza, che aveva i capelli tagliati, quasi mozzati, fu poi consegnata a un prete ma lei la riconobbe prima ancora che la giovane le dicesse di chiamarsi Emanuela perché all’epoca, non molto tempo dopo la scomparsa della ragazzina, tutta la Capitale era piena delle sue foto. La Minardi aggiunse che non poteva essere nessun’altra se non la Orlandi poiché proprio De Pedis le disse: «se l’hai riconosciuta è meglio che non l’hai riconosciuta». A questo primo racconto ne aggiunse poi un altro relativo alla betoniera di Torvajanica che si trovava in un cantiere e dentro cui sarebbe stata gettata la Orlandi a distanza di quasi sette mesi dall’incontro al Gianicolo. La Minardi non vide il corpo della giovane ma riferì che sempre De Pedis le disse come dentro due sacchi, che il suo autista gettò nella macchina, ci fossero i resti di Emanuela. Con le sue dichiarazioni – non sempre lineari, ma nel tempo conformi a un’unica versione – furono indagati l’autista di De Pedis, Sergio Virtù, Gianfranco Cerboni e Angelo Cassani ma presto l’inchiesta bis fu archiviata. «Ad alcune cose che ha detto ho sempre creduto – ha commentato ieri Pietro Orlandi, fratello di Emanuela – alcune cose importanti le ha dette».
L’UNIONE CON IL “PRESIDENTE”
A dare notizia della sua morte, con un post su Facebook la giornalista Raffaella Notariale che raccolse per prima le sue memorie e la sua vita, legata per tanti anni al boss della Magliana. «Lo conobbi in un ristorante, mi vide e fece di tutto finché non fui costretta a dargli il mio numero di telefono. D’allora furono fiori e champagne. Ma ignoravo che fosse un poco di buono, lo appresi leggendo un servizio del Messaggero», raccontò poi la Minardi in un’intervista al programma tv “Chi l’ha visto?”. Per dieci anni gli rimase al fianco raccontando di viaggi e lussi mai immaginati fino all’epilogo e a un breve ritorno: «Quando Renatino si sposò partii, andai in Brasile, ci perdemmo di vista ma poi, proprio il giorno prima di essere falciato da una raffica di proiettili» il 2 febbraio 1990 in via Del Pellegrino «lui tornò a bussare alla mia porta», concluse la Minardi. Prima di morire, come ha ricordato la Notariale, era andata dal parrucchiere a tingersi i capelli di biondo per accogliere i suoi affetti più cari. Non ne ha avuto il tempo. Insieme alle sue “verità” lascia una figlia oggi quarantenne, avuta con l’ex marito Bruno Giordano.
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