Uomini e cani – Periscopionline.it


“Un ragazzo non ha bisogno dell’intelligenza per essere bravo: a volte mi sembra che l’intelligenza fa il contrario. Prendi uno davvero sveglio, è difficile che sia una brava persona”
Uomini e topi, John Steinbeck

Uomini e cani

Due gangster conclamati e sodali che sono contemporaneamente al comando delle due principali nazioni imperiali (USA e Russia); gli imperi minori (GB e Francia) che provano a riprendersi un loro spazio coloniale di ritorno. La speranza che non i buoni, ma i gangster si mettano d’accordo tra di loro per far partire la tregua nella guerra russo-ucraina, tragica reviviscenza di uno dei filoni di odio atavico tra “fratelli”. Anche perché i “buoni” hanno fatto di tutto per tagliarsi fuori, e adesso hanno deciso – senza consultare il Parlamento, cosa degna di un’autocrazia con i fiocchi – che bisogna aumentare la dotazione di armamenti per difendersi da uno dei due gangster, essendo stati appena mollati dall’altro.  (Nota dello scrivente: di seguito il testo dell’art.122 Trattato di funzionamento dell’UE, poi valutate voi:   “1. Fatta salva ogni altra procedura prevista dai trattati, il Consiglio, su proposta della Commissione, può decidere, in uno spirito di solidarietà tra Stati membri, le misure adeguate alla situazione economica, in particolare qualora sorgano gravi difficoltà nell’approvvigionamento di determinati prodotti, in particolare nel settore dell’energia. 2. Qualora uno Stato membro si trovi in difficoltà o sia seriamente minacciato da gravi difficoltà a causa di calamità naturali o di circostanze eccezionali che sfuggono al suo controllo, il Consiglio, su proposta della Commissione, può concedere a determinate condizioni un’assistenza finanziaria dell’Unione allo Stato membro interessato. Il presidente del Consiglio informa il Parlamento europeo in merito alla decisione presa.”)

In Italia, uno scrittore divenuto celebre per la sua pentalogia antifascista scrive un articolo chiamando alla “resistenza” contro il nuovo invasore e lamentando l’assenza di nuovi “guerrieri”, letteralmente “… giovani uomini (e donne, se volete)”  disposti a combattere per difendere l’Europa “da eventuali, future aggressioni, purtroppo sempre più verosimili…”. Combattere al suo posto, e per lui. Non è dato sapere se lui si chiami fuori perchè troppo vecchio, oppure se scrivere sia semplicemente più comodo che farsi ammazzare, cosa sulla quale concordo senz’altro con Scurati. Ciò per cui dissento da lui non è il giudizio sulla minor rischiosità dello scrivere, ma il fatto che troverei osceno chiamare alle armi per me i “giovani” dell’Europa, come chiunque altro. O lo faccio io, oppure sto zitto. I giovani di ogni nazione, etnia e provenienza che non abbiano completamente perso il senno dovrebbero disertare tutti, per quanto mi riguarda.

Questo impazzimento della geopolitica e del buon senso del pianeta Terra mi ha portato al riflusso nel privato, fenomeno analizzato sociologicamente negli anni ottanta, e da me praticato individualmente attraverso una sempre più lunga passeggiata con i miei cani.  Mentre ero appunto a spasso con i miei cani in un giardino pubblico, mi sono guardato attorno. Come me, c’erano molte persone che portavano a spasso il loro cane. La scena era sempre la stessa: il cane annusava e perlustrava, compreso e assorto, il suo rettangolo di mondo; l’umano aveva la classica postura ricurva, il viso rivolto allo schermo dello smartphone.

Nell’evoluzione della specie, tra le due quella canina è considerata la meno evoluta. Un cane fatica a procurarsi il cibo da solo, vive in media per un tempo sei volte più breve rispetto all’umano, non ha sviluppato un linguaggio verbale, non riesce a guidare un’automobile, non possiede case e terreni, non è andato sulla Luna e non andrà su Marte. Tuttavia, io osservo il cane. Il cane al guinzaglio calpesta il terreno, lo annusa, sposta il muso da un ciuffo d’erba all’altro, sniffa tutti gli odori, li copre col proprio. Mentre compie queste operazioni, ogni fibra del suo essere cane è concentrata su questo: non c’è un prima, non c’è un dopo, esiste solo un adesso. Il cane non ha rimpianto per il passato, non ha preoccupazione per il futuro. Vive la sua esistenza qui e ora: passeggia, gioca, piscia, caga, dorme.  Qualsiasi cosa stia facendo, è concentrato su quella. E’ sempre attento, completamente immerso nell’attività in cui è impegnato, qualche volta all’erta. Un cane non è mai distratto. Può essere colto di sorpresa, ma non è mai distratto.

Poi osservo l’essere umano, quello che lo porta al guinzaglio. Attorno a lui potrebbe crollare un palazzo, cadere a terra una persona, accanto a lui potrebbe scoppiare una bomba. Attorno a lui in effetti scoppiano tante bombe, e l’umano le vede scrollando lo schermo del cellulare, tra un commento sul campionato di calcio e la pubblicità di un oggetto che ha cercato su internet e da allora non lo abbandona più. La sua famiglia può essere fatta prigioniera, la sua casa può bruciare mentre lui guarda il cellulare, perché l’umano che scrolla lo smartphone è sempre distratto.

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Ovunque mi giri vedo cani profondamente concentrati nelle loro attività, grati all’umano che li sfama, disposti per lui a qualunque cosa, con un disinteresse totale per ogni convenienza. Al cane bastano le premure ed il cibo: chi provvede a questo riceve in cambio il suo affetto totale, incondizionato.

Ovunque mi giri nel giardino vedo esseri umani che scrollano lo smartphone. Oltre il giardino è pieno invece di umani che tentano di prevaricare altri  umani. Persone che vogliono sopraffare altre persone, per affermare concetti come la superiorità di una famiglia, di una etnia, di una nazione, di una religione. La massima espressione della competizione umana è la guerra. La guerra per avere qualcosa più di te, la guerra per entrare in possesso di qualcosa che è tuo. Mi metto nei panni di un cane (lo so che non è possibile, ma può essere un buon esercizio).  Cosa vuol dire mio? Cosa vuol dire tuo? Cosa è una nazione? Cos’è una proprietà? Perché dovrei volere più di quello che mi serve?

Un cane non sarà mai in gara con un altro cane, perché non sa cos’è una gara. Le gare di velocità, i concorsi di bellezza, gli agility: la competizione è tra i padroni dei cani, non tra i cani. (Provo pena anche per i cani che vengono agghindati in modo da assomigliare a degli osceni membri della specie umana, e provo rabbia per chi lo fa).

Non si può fare, perché le regole umane vietano di lasciare libero un cane sulla pubblica piazza. Ma se due cani si incontrassero liberamente, senza guinzaglio, inizierebbe una danza, non una guerra. Uno scambio di feromoni, non un dialogo di cortesie affettate. Si annuserebbero il sedere, subito. L’essere umano punterebbe anch’esso al tuo sedere, ma non sta bene mostrarlo subito. Deve fingere di essere interessato alle tue passioni, e quindi prima ti porta a cena. Sotto quella cena comincia a ribollire, come una lava incandescente, la faida umana.

La direzione in cui evolve la specie umana è una domanda che sarebbe priva di senso per qualunque altra specie, se non fosse che l’evoluzione della specie umana si tira dietro per forza una marea di problemi per la fauna e la flora di questo tribolato pianeta. E’ stato un membro della specie umana ad inventare gli antibiotici, senza i quali forse sarei già morto. Il cervello di un fisico che scoprì l’equivalenza tra massa ed energia fu l’unica parte del suo corpo a non essere cremata, ma viceversa conservata dal patologo in un contenitore sotto formalina. Poi lo stesso fisico ebbe bisogno di uno scambio con un famoso psichiatra – il più famoso degli psichiatri – per darsi una ragione del perché la specie umana era così incline alla guerra. Lui stesso non previde che, alcuni anni dopo, a partire dalla sua equazione, l’umanità sarebbe arrivata a creare la più distruttiva delle armi: la bomba atomica. E a lanciarla su due città.

Cosa dobbiamo intendere per intelligenza di una specie? Da un certo punto di vista la specie umana appare come la più intelligente: ha prodotto e produce esemplari umani dotati di una materia grigia talmente densa, di processi cognitivi talmente raffinati, da riuscire a venire a capo, da soli o con un gruppo di fidati collaboratori, di problemi, enigmi o patologie che apparivano irrisolvibili, insolubili o inguaribili. La stessa specie ha prodotto e produce degli esemplari dotati di un egotismo e di una brama talmente spaventosi da essere proiettati su scala planetaria, fino a generare guerre e distruzioni al posto di “normali” conflitti interpersonali. L’intelligenza tecnica, matematica, può essere chiamata tale se disgiunta da un profilo etico? Può essere definita tale se addirittura viene utilizzata per distruggere su vasta scala flora, fauna, intere parti della propria stessa specie, fino a insidiare l’esistenza stessa del pianeta che abita, almeno nei termini in cui possa essere definito vivibile proprio per sè? Perché è ben vero che l’aggressività alberga in tante specie animali (tutte?), ma non esiste una specie talmente aggressiva da ritenersi superiore alla natura di cui fa parte, e nello stesso tempo talmente incosciente (paradosso, per essere la specie che ha sicuramente coscienza di sè) da non rendersi conto che distruggere il proprio ambiente significa distruggere se stessi, tirandosi dietro la propria vanagloria e smania. Pulsione di morte, non mi viene in mente niente di meglio; quindi, di peggio.

A questo punto mi sono venute le vertigini. Se non ci sono riusciti Einstein e Freud a darsi una risposta sul perché della pulsione di guerra (cioè di morte) della specie umana, non posso farcela nemmeno io. Allora mi metto davanti allo specchio con i miei cani, che allo specchio non si riconoscono. Mi fanno tenerezza e invidia: vorrei avere la loro stessa incapacità di vedere la mia immagine riflessa.

 

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E’ avvocato, ma ha fatto il bancario per avere uno stipendio. Fa il sindacalista per colpa di Lama, Trentin e Berlinguer. Scrive romanzi sui rapporti umani per vedere se dal letame nascono i fiori.



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