Rafforzare l’Europa significa compiere un “deciso e creativo” passo in avanti per la costruzione della pace che il mondo oggi attende. È ancora valida l’intuizione dei padri fondatori che, allora come oggi, individuavano nel processo di progressiva e coraggiosa unificazione delle istituzioni europee, la via migliore per contribuire sullo scenario internazionale a rendere ragione delle attese di pace e giustizia delle persone e dei popoli. Dare voce a questa domanda che viene spesso dai più fragili e dai più piccoli, a quel desiderio profondo e spesso mortificato dalla brutalità e dalla violenza delle guerre, deve poter affermarsi come un argomento valido di discussione nella ricerca di soluzioni, e non deve soccombere tra le altre comprensibili ragioni e interessi che spesso sembrano dominare lo spazio della discussione pubblica.
Il compito della pace è obiettivo fondativo della politica, quando questa si pensa e si articola a servizio della giustizia e del bene comune. E il dovere della buona politica è il dialogo.
Il Santo Padre ha sempre incoraggiato la ricerca di spazi e di occasioni di incontro e confronto altrimenti l’umanità rischia di perdersi e di non riconoscersi più. Non possiamo pertanto non manifestare la nostra preoccupazione verso iniziative e soluzioni che si sottraggono a questa fatica specifica della politica e della diplomazia. Ritrovare una nuova soggettività dell’Europa, in questo momento è importante, è pertanto utile una mobilitazione dal basso che indichi questa strada. Occorre però che essa possa avviare un percorso decisivo verso la costruzione comune del bene. Solo in questo quadro sarà possibile accettare, senza pericolosi rischi, il confronto sulla comune capacità di difesa.
Riteniamo che questo sia il tempo favorevole perché l’Europa esprima la propria visione di politica estera ispirata alla cooperazione internazionale e tesa alla ripresa del multilateralismo, orizzonte all’interno del quale è possibile comprendere ogni altra iniziativa sul piano della difesa comune e della sicurezza, vigilando che sia un percorso davvero “comune” e che non si presti a possibili speculazioni. Ci uniamo alle parole del Presidente Mattarella che ha affermato in questi giorni come l’architettura internazionale del disarmo, in particolare quello relativo alle armi nucleari, sia «minata da irresponsabili retoriche di conflitto, quando non dai conflitti in atto». Nel quadro non chiaro della ricomposizione in atto, e di fronte alle sfide epocali che si stanno presentando, guardiamo con grande speranza ma anche con grande convinzione al progetto europeo, come concreto contributo al superamento di una fase piena di incertezze e di incognite, frutto di una polarizzazione portata sino all’estremo della disgregazione.
Dobbiamo pertanto coraggiosamente accogliere l’invito a dar vita al più presto ad una “Nuova Camaldoli europea”: occorre uno sforzo di connessione e di elaborazione che può e deve riguardare tutti, e per il quale i cristiani sentono una grande responsabilità.
Vogliamo investire in questo grande cantiere per l’Europa, a cui ci ha ancora una volta esortato il cardinale Matteo Zuppi; perché le istituzioni europee siano sempre più vicine alle persone e alle comunità. Perché la tensione all’integrazione e alla coesione, così come il metodo del dialogo e della cooperazione, forti della storia percorsa, siano anche generativi di nuova speranza per il futuro.
In questa epoca segnata dall’erosione delle istituzioni democratiche, dalla crescita delle disuguaglianze e dal prevalere della logica della violenza e della guerra, non possiamo e vogliamo rinunciare a rimettere al centro della vita comune i valori dell’umanesimo cristiano che può ancora trovare nel progetto europeo una creativa e lungimirante visione. Abbiamo ancora bisogno di sognare insieme, perché non prevalgano i miraggi individualisti e solitari (Fratelli tutti,8).
Molte sono le iniziative da promuovere. Anche quella del 15 marzo, può rappresentare un’occasione per riaffermare la centralità dell’Europa e dell’urgenza di ritrovare i suoi valori fondativi, della rigenerazione delle istituzioni democratiche e dell’affermazione dei diritti umani, civili e religiosi fondamentali.
Impegniamoci per un lavoro, diffuso e quotidiano, che dovrà mobilitare tutti in una nuova ampia e partecipata discussione pubblica su un nuovo protagonismo europeo, animato da una rinnovata e sincera coscienza europea.
Editoriale pubblicato su Avvenire dell’11 marzo 2025
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