La notizia si è sparsa domenica, ma Mahmoud Khalil, studente palestinese laureato alla Columbia University, è stato arrestato nella sua residenza universitaria sabato mattina, dall’Immigration and Customs Enforcement (Ice)come ha dichiarato all’Associated Press la sua avvocata, Amy Greer. Khalil, che è sposato con una donna americana attualmente incinta di otto mesi, ha avuto un ruolo di primo piano nelle proteste pro-palestina dello scorso aprile cominciate alla Columbia.
QUANDO È STATO arrestato lo studente ha chiamato la legale che ha potuto parlare con uno degli agenti, il quale ha affermato di agire in base agli ordini del dipartimento di Stato, e che il visto studentesco di Khalil era stato revocato.
Informato dall’avvocata che Khalil si trova negli Stati uniti non con un visto, ma da residente permanente con una green card, l’agente ha detto che stavano revocando anche quella.
Quando gli agenti dell’Ice sono arrivati nel campus hanno inizialmente minacciato di arrestare anche la moglie di Khalil, ha detto Greer, e le autorità inizialmente hanno rifiutato di dire perché stessero effettuando l’arresto. È stato necessario aspettare il giorno successivo per avere una risposta, quando la portavoce del dipartimento per la Sicurezza interna, Tricia McLaughlin, ha confermato l’arresto – in attuazione, ha detto «degli ordini esecutivi del presidente Trump che proibiscono l’antisemitismo», per cui chi ha partecipato alle proteste ha perso il diritto di rimanere nel Paese. Sono «amici di Hamas».
DOPO L’ARRESTO, di Khalil non si è più saputo nulla per due giorni. Sembrava fosse stato trattenuto in un centro di detenzione per migranti nel New Jersey, ma quando sua moglie ha cercato di fargli visita ha scoperto che non era lì. Lunedì è arrivata una risposta tramite il detainee tracker dell’Ice: Khalil si trova nel centro di detenzione di Jena/LaSalle in Louisiana.
«Si tratta di una chiara escalation – ha detto Greer all’Ap – L’amministrazione ha iniziato a dare seguito alle minacce».
L’arresto di Khalil è avvenuto il giorno dopo l’annuncio dell’amministrazione Trump di avere tagliato circa 400 milioni di dollari in contratti e sovvenzioni governative alla Columbia University «per non aver protetto i suoi studenti ebrei».
Dall’Università non sembra arrivare alcun aiuto: un portavoce della Columbia ha dichiarato che gli agenti delle forze dell’ordine per entrare nell’istituto devono esibire un mandato, ma si è rifiutato di dire se la Columbia ne avesse ricevuto uno prima dell’arresto di Khalil, rifiutandosi di commentare sia l’arresto che e la scomparsa del loro studente.
In un messaggio postato domenica sera su X, il segretario di Stato Marco Rubio ha affermato che ora l’amministrazione «revocherà i visti e/o le green card dei sostenitori di Hamas in America in modo che possano essere espulsi».
LA LEGGE USA ha sempre previsto che il Department of Homeland Security, per una gamma di presunte attività criminali – incluso il sostegno a gruppi terroristici – possa espellere anche i titolari di green card, ma la detenzione di un residente permanente legale, che non è stato accusato di alcun crimine, è una mossa straordinaria con un fondamento legale traballante.
Khalil, che lo scorso semestre ha conseguito il master presso la facoltà di affari internazionali della Columbia, durante le proteste aveva svolto il ruolo di negoziatore fra gli studenti e i funzionari universitari. Ruolo che lo aveva reso uno degli attivisti più visibili nel movimento universitario proPal. A causa del suo coinvolgimento nel gruppo Columbia University Apartheid Divest, Khalil aveva dovuto affrontare delle sanzioni da parte dell’Università: «Per aver aiutato a organizzare un corteo non autorizzato» in cui i partecipanti avevano «glorificato l’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023», e per aver svolto un «ruolo sostanziale» nella circolazione di post sui social media in cui si criticava il sionismo. «Ho circa 13 accuse contro di me, la maggior parte delle quali sono post sui social media con cui non ho nulla a che fare – aveva detto Khalil all’Ap la scorsa settimana – Vogliono solo dimostrare al Congresso e ai politici di destra che come università stanno agendo, indipendentemente dalla posta in gioco per gli studenti».
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