È il Paese più ricco e abitato dell’Africa. Primo esploratore di petrolio del continente, sotto la sigla dell’Opec. Unica Nazione africana ad avere una legge sul clima: emissioni nette zero entro il 2060. Con queste premesse, la Nigeria vuole ospitare la trentaduesima conferenza Onu sul clima, la Cop32 del 2027.
L’idea è stata annunciata dal governo nigeriano nei primi giorni di marzo, in occasione della visita del segretario esecutivo dell’agenzia climatica delle Nazioni unite, Simon Stiell. Nel corso di un evento a Lagos, a cui ha partecipato Stiell, Nkiruka Maduekwe, responsabile del consiglio per il Cambiamento climatico della Nigeria, ha dichiarato che la megalopoli nigeriana «ha ciò che serve per ospitare la Cop».
Anche il commissario all’Ambiente dello Stato dove si trova la città di Lagos, Tokunbo Wahab, ha ribadito che la città è pronta a fare tutto il necessario per ospitare il vertice Onu: «Se l’Azerbaigian può ospitare la Cop a Baku, perché la Nigeria non può farlo a Lagos?», ha chiesto retoricamente. Il ministero dell’Ambiente nigeriano ha poi scritto sul social X che la Nigeria vuole organizzare il negoziato annuale dell’Onu perché questo rafforzerebbe «la sua leadership climatica, la sua visibilità globale e le opportunità economiche».
Il primo passo per assegnare alla Nigeria l’organizzazione di Cop32 è il consenso delle Nazioni africane. Secondo le regole Onu, i quasi duecento Paesi che hanno ratificato la Convenzione delle Nazioni unite sui cambiamenti climatici (Unfccc), e che quindi partecipano alle Cop, sono divisi in cinque blocchi geografici e, a rotazione, hanno il diritto di ospitare il vertice.
Nel 2027 sarà il turno del blocco degli Stati africani: cinque anni dopo la Cop27, che si è svolta in Egitto nel 2022, a Sharm el-Sheikh. Oltre a quella egiziana, altre conferenze Onu sul clima svolte nel continente africano sono state: Cop7, nel 2001, in Marocco; Cop12, nel 2006, in Kenya; Cop17, nel 2011, in Sudafrica; Cop22, nel 2016, di nuovo in Marocco. In Egitto, a Sharm el-Sheikh, quattro anni prima la Cop27, c’è stata anche la Cop sulla biodiversità.
Dunque, i Paesi africani sceglieranno un candidato tra gli Stati del loro blocco poi la candidatura dovrà essere approvata per consenso da tutte le delegazioni dei governi che partecipano alle conferenze Onu. La decisione verrà probabilmente presa alla Cop30 che si terrà a novembre in Brasile. Di solito, infatti, il Paese ospitante si decide due anni prima dell’inizio del vertice per dare la possibilità di organizzare al meglio il negoziato.
La Nigeria è il primo Paese ad annunciare ufficialmente il proprio interesse per la Cop del 2027. Un’iniziativa che Stiell – durante la conferenza stampa a Lagos – ha dichiarato di «accogliere con favore». Sottolineando, però, che «c’è un processo di selezione e ci saranno altri candidati tra i Paesi del blocco africano».
Tuttavia, il responsabile del consiglio per il Cambiamento climatico della Nigeria, Maduekwe, è convinto delle buone ragioni del suo Paese: «La Nigeria è ormai leader dell’azione per il clima in Africa e quindi è arrivato il momento di ospitare un vertice Cop», ha detto. Ospitare una Cop potrebbe portare significativi vantaggi economici e geopolitici alla Nigeria, tra cui una maggiore visibilità internazionale, opportunità di sviluppo economico legate al turismo e agli investimenti in sostenibilità e il rafforzamento delle relazioni diplomatiche con altri Paesi.
Tuttavia, la posizione climatica della Nigeria – come quella di molti altri Stati che hanno ospitato le Cop – risulta ambigua. Secondo la classifica annuale del Climate change performance index (Ccpi) – valutazione delle performance climatiche dei Paesi – nel 2025 lo Stato più ricco e popoloso dell’Africa si è posizionato al ventiseiesimo posto per impegno al contrasto alla crisi climatica, perdendo nove posizioni rispetto all’anno precedente. La Nigeria ha buone performance nella riduzione delle emissioni di gas serra e nell’efficienza energetica, ma è ancora troppo legata all’uso e all’esportazione di petrolio e gas. Metà del bilancio dello Stato arriva proprio dal settore fossile.
Per la transizione la Nigeria avrebbe bisogno di 1,9 mila miliardi di dollari. Senza contare le risorse per l’adattamento al cambiamento climatico e i risarcimenti per le perdite e i danni causati dagli eventi meteorologici estremi. Fenomeni che hanno colpito ripetutamente lo Stato dell’Africa occidentale: secondo l’indice di rischio climatico, la Nigeria è all’ottavo posto tra i Paesi più colpiti dagli eventi climatici estremi nel periodo 1993-2022.
Nel 2022, durante la campagna elettorale, il presidente Bola Tinubu ha dichiarato che, «se i Paesi sviluppati non forniranno finanziamenti adeguati, il governo nigeriano non rispetterà le richieste sul cambiamento climatico». Alla chiusura della Cop29, Maduekwe ha attirato l’attenzione dei media globali criticando l’accordo da trecento miliardi di dollari all’anno per il clima entro il 2035, ritenendolo insufficiente: «Non lo accettiamo», ha detto alle tre del mattino nella sala della plenaria del vertice di Baku, puntando il dito contro i Paesi ricchi e storicamente responsabili della crisi climatica.
Organizzare una Cop significa investire nella transizione, nell’azione per il clima in generale e anche nelle infrastrutture e nella logistica dell’evento. Vertici che di anno in anno stanno diventando sempre più grandi e frequentati e che per questo si portano dietro costi economici e sociali importanti. Il Regno Unito per la Cop26 di Glasgow ha speso circa trecentoquaranta milioni di dollari e sembra che gli Emirati Arabi Uniti per la Cop28 di Dubai con ottanta mila accreditati – record di partecipazione per una conferenza Onu – abbiano speso ancora di più. Riguardo ai costi sociali, in Brasile, in vista del negoziato che si terrà a novembre a Belém, le case di diversi abitanti stanno per essere demolite per lasciare spazio alla ristrutturazione del sistema fognario.
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