Nel panorama economico globale, l’innovazione rappresenta il vero motore della crescita. Startup, corporate e istituzioni si muovono lungo un asse strategico fatto di investimenti, trasformazione digitale e nuove tecnologie, mentre l’intelligenza artificiale ridefinisce le regole del gioco. In Italia e in Europa, la sfida è quella di colmare il divario con i giganti del venture capital e di costruire un ecosistema solido per far crescere le imprese innovative. Ma chi guida questo processo? E quali sono le traiettorie principali del cambiamento?
Startup e PMI innovative: un percorso in evoluzione
La crescita delle startup è da sempre il termometro dell’innovazione. Il sistema delle imprese innovative in Italia si basa su due modelli: le startup, progettate per scalare rapidamente e attrarre investimenti; e le PMI innovative, che puntano a una crescita più lineare e sostenibile. La transizione da startup a PMI non è un semplice cambio di status, ma una scelta strategica. Il recente Scale-Up Act ha ridotto a tre anni il periodo massimo di permanenza delle startup nel registro speciale, con alcune estensioni possibili solo se vengono raggiunti determinati criteri di crescita. Questo significa che molte imprese, giunte al termine del loro ciclo iniziale, devono decidere se insistere nella ricerca di scalabilità o consolidarsi come PMI innovative.
Se da un lato le PMI possono godere di una maggiore stabilità finanziaria, dall’altro perdono alcuni dei vantaggi fiscali e di accesso al credito riservati alle startup. La detrazione fiscale per gli investitori, ad esempio, passa dal 65% al 30%, e l’accesso al Fondo di Garanzia diventa subordinato alla valutazione del merito creditizio. Le startup attraggono i capitali dei venture capitalist, mentre le PMI devono puntare su strumenti più tradizionali come il credito bancario e i finanziamenti pubblici. Questa differenza di approccio è fondamentale per comprendere il futuro delle imprese innovative in Italia e in Europa.
Il venture capital in Italia: un ritardo ancora da colmare
Nonostante alcuni progressi, l’Italia continua a rimanere indietro rispetto ai principali paesi europei in termini di venture capital. Nel 2024 gli investimenti in startup italiane hanno raggiunto 1,1 miliardi di euro, con una riduzione del 9,5% rispetto all’anno precedente. Se confrontiamo questi numeri con quelli di altri Paesi, il divario appare evidente: il Regno Unito ha investito 114,2 miliardi di euro, la Francia 50,6 miliardi e la Germania 48,8 miliardi.
L’Italia è decima in Europa per investimenti assoluti, ma quartultima per investimenti pro capite, con una media di appena 114 euro per cittadino contro i 1.000 della Francia. A pesare su questo ritardo è la scarsa dimensione dei fondi di venture capital: nel 2024 sono stati raccolti 837 milioni di euro, nessuno dei quali ha superato la soglia dei 250 milioni, mentre in Europa sono stati creati 228 fondi, di cui almeno 17 sopra i 500 milioni.
Milano si conferma il centro nevralgico dell’innovazione finanziaria italiana, con investimenti che superano i 4 miliardi di euro negli ultimi cinque anni, mentre Roma emerge come capitale dell’intelligenza artificiale, con un focus crescente su AI, EdTech e robotica. Tuttavia, il panorama delle exit è ancora debole: nel 2024 non ci sono state IPO sostenute da venture capital, mentre nel resto d’Europa se ne sono registrate ben 235. L’Italia ha visto solo 27 operazioni di acquisizione o buyout, un numero molto inferiore rispetto a Francia e Germania.
Corporate Venture Capital: il modello spagnolo e il caso Mutua Madrileña
Se il venture capital tradizionale fatica a decollare, una delle alternative più promettenti per sostenere l’innovazione è il Corporate Venture Capital, cioè l’investimento diretto delle grandi aziende nelle startup. Un esempio interessante arriva dalla Spagna, dove il gruppo assicurativo Mutua Madrileña ha sviluppato una strategia di innovazione basata su tre pilastri: un programma di intra-imprenditorialità per valorizzare le idee interne, un venture builder per incubare progetti innovativi e un CVC da 30 milioni di euro per investire in startup compatibili con il core business aziendale.
Negli ultimi cinque anni, la Spagna ha attratto oltre 13,1 miliardi di euro in investimenti di venture capital, superando di gran lunga l’Italia. Le operazioni pre-seed, cioè quelle nelle fasi iniziali, hanno rappresentato il 41% del totale, ma hanno ricevuto solo il 2% dei finanziamenti, segno di un ecosistema che sta maturando e che punta su investimenti più consistenti nelle fasi avanzate.
L’intelligenza artificiale
Uno dei settori che sta trainando l’innovazione è senza dubbio l’intelligenza artificiale. Mentre gli Stati Uniti dominano con OpenAI e Google DeepMind, la Cina sta rapidamente recuperando terreno grazie a realtà come DeepSeek e Huawei, che stanno sviluppando superchip in grado di competere con Nvidia. La competizione tecnologica tra USA e Cina è destinata a intensificarsi, con ripercussioni dirette anche sull’Europa.
In Italia, le imprese stanno iniziando a integrare l’AI in modo strutturato. Il caso di Amplifon è emblematico: il colosso dell’hearing care ha investito nell’AI per migliorare la diagnostica, la prevenzione e l’esperienza del cliente. La sua divisione R&D, AmplifonX, nata dall’acquisizione della startup Otohub, ha sviluppato strumenti basati sull’AI per personalizzare i trattamenti e ottimizzare i processi aziendali.
Anche nel mondo finanziario, l’AI sta rivoluzionando il settore. Bancomat, ad esempio, ha compiuto la sua prima acquisizione con la startup FlowPay, specializzata in open banking. L’obiettivo è modernizzare il circuito di pagamento italiano, rendendolo più interoperabile con il sistema European Payment Alliance.
Un ecosistema in trasformazione
L’innovazione in Italia sta vivendo un momento di trasformazione. Da un lato, la crescita delle startup e delle PMI innovative dimostra la vitalità del settore, ma dall’altro il ritardo nel venture capital e la difficoltà di scalare le imprese rimangono ostacoli rilevanti. La strada per colmare il gap con gli altri Paesi europei passa attraverso un maggiore coinvolgimento degli investitori istituzionali, un sostegno concreto alle operazioni late-stage e una maggiore collaborazione tra startup e corporate.
L’intelligenza artificiale sarà uno dei driver principali del cambiamento, ma perché possa davvero portare valore all’economia italiana, è necessario che il tessuto imprenditoriale sia pronto a integrare queste tecnologie e a investire nelle competenze del futuro. La sfida è aperta: chi saprà cogliere le opportunità dell’innovazione sarà il vero protagonista dei prossimi anni.
Fonti
• L’Espresso, 28 febbraio 2025: Per l’innovazione non ci possiamo risparmiare
• EconomyUp.it, 26 febbraio 2025: Mutua Madrileña: perché un big assicurativo spagnolo ha scelto il CVC per innovare
• la Repubblica, 9 marzo 2025: Huawei e il nuovo superchip. Traballa il primato americano nell’intelligenza artificiale
• EconomyUp.it, 17 febbraio 2025: Da startup a pmi innovativa: a chi e quando conviene il passaggio, e a chi no
• elEconomista, 4 marzo 2025: Europa puede competir, pero no puede esperar
• EconomyUp.it, 25 febbraio 2025: Venture capital: Italia ancora troppo indietro in Europa
• la Repubblica A&F, 10 marzo 2025: La Bei prepara i fondi per il tech
• EconomyUp.it, 28 febbraio 2025: Così Amplifon fa open innovation e usa l’intelligenza artificiale per l’hearing care
• EconomyUp.it, 26 febbraio 2025: Bancomat, la prima acquisizione della sua storia è una startup: con FlowPay accelera sull’innovazione
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