L’ex presidente del Perù, Pedro Castillo, ha iniziato lunedì uno sciopero della fame in protesta per i presunti abusi da lui sofferti nell’ambito del processo per il “colpo di Stato” del 2022, aperto la settimana scorsa. Decisione che le autorità carcerarie hanno definito come una “infrazione disciplinare grave”, comminando a Castillo una settimana di isolamento con relativa sospensione delle visite.
L’Istituto nazionale penitenziario (Inpe) ha fatto sapere che aprirà un procedimento amministrativo sul caso: il “rifiuto a ingerire alimenti come atto di protesta o ribellione costituisce una mancanza disciplinare grave”, si legge in una nota dell’Inpe, che garantisce di far conoscere a breve l’esito dell’indagine. Castillo, presidente dal luglio del 2021 al dicembre del 2022, aveva annunciato ieri la decisione di avviare uno sciopero della fame in risposta alle “ingiustizie” che starebbe soffrendo.
La storia del “colpo di Stato” in Perù
Castillo, con un passato da maestro nelle zone rurali del Paese, aveva vinto a sorpresa le presidenziali del 2021, sconfiggendo al ballottaggio Kejko Fujimori, figlia dell’ex presidente Alberto. Dopo mesi di serrati confronti con il Parlamento, dotato di una maggioranza a lui ostile, di denunce su possibili scandali giudiziari e di critiche anche da “Perù Libre” (il partito di sinistra che lo aveva eletto), Castillo si è trovato ad affrontare una mozione di inabilitazione politica che, considerati i consensi annunciati alla vigilia, lo avrebbe costretto a rinunciare all’incarico.
Poco prima del voto, però, Castillo decideva di sciogliere il Congresso e porsi a capo di un governo di emergenza. Senza il supporto delle Forze armate e con il Parlamento riunito d’urgenza per votare la mozione prima dello scioglimento, il leader “contadino” decideva di lasciare il palazzo presidenziale con la famiglia, pronto a chiedere asilo al Messico. Gli autisti incaricati di portarlo in ambasciata decidevano però di consegnarlo alla procura, dove sarebbe stato arrestato con l’accusa di “ribellione”, “abuso di autorità” e “perturbazione dell’ordine pubblico”. Le decisioni prese da Castillo sono state identificate dalla pubblica accusa come un tentativo di “auto colpo di Stato”, meritevoli di una condanna di 34 anni di prigione.
Tutti gli ex presidenti sotto processo
I rapporti tra il potere giudiziario e la presidenza del Perù sono peraltro tormentati da tempo. Prima di Castillo, la lista di presidenti peruviani che sono finiti sotto processo, talvolta anche interrompendo il mandato, è lunga. Martin Vizcarra, presidente dal 2018 al 2020, è sotto processo per presunte tangenti ricevute quando era governatore della provincia di Moquegua e per essersi somministrato in segreto una dose di vaccino contro il coronavirus. In regime di libertà vigilata si trova Pedro Pablo Kuczynski, presidente dal 2016 al 2018, accusato di malversazione dei fondi pubblici nella sua precedente attività da ministro, mentre ad Ollanta Humala (2011-2016), anch’egli in libertà condizionale dopo lunghi mesi in carcere preventivo, si rimproverano irregolarità nei finanziamenti di almeno due campagne elettorali. C’è poi la triste parentesi di Alan Garcia (1985-1990 e 2006-2011), suicidatosi nel 2019 proprio quando gli agenti della procura lo stavano prelevando da casa per eseguire un ordine di arresto preventivo.
Venti anni e sei mesi di prigione sono stati comminati ad Alejandro Toledo nel 2024, presidente dal 2001 al 2006, per corruzione e riciclaggio di denaro sporco ricevuti dall’impresa edile brasiliana Odebrecht in cambio di appalti. Una sentenza che Toledo ha potuto conoscere dopo la sua estradizione dagli Stati Uniti, Paese in cui si era trasferito da anni e dove era stato arrestato nel 2019. È appena il caso di ricordare che Alberto Fujimori, capo dello Stato dal 1990 al 2000, è morto pochi mesi dopo essere uscito dal carcere dove ha scontato parte delle pene comminate per reati di violazione dei diritti umani e corruzione. Una particolare rassegna cui va aggiunta la vicenda istituzionale vissuta dal Perù nel novembre 2020: dichiarata vacante per “incapacità morale” la presidenza esercitata da Vizcarra, diventa capo dello Stato Manuel Merino, sino ad allora presidente del Parlamento.
Dopo cinque giorni di forti pressioni della piazza e critiche di avversari politici, anche legate al modo in cui è salito al potere, Merino presenta le dimissioni, subito accettate dal Parlamento. Il suo posto viene preso, il 17 novembre 2020, dal giurista Francisco Sagasti. Forte di un credito politico e professionale riconosciuto da quasi tutto l’arco costituzionale, Sagasti ha traghettato il Paese alle elezioni poi vinte da Castillo, nel 2021. Su di lui non sono state aperte cause giudiziarie vere e proprie.
Le denunce all’attuale presidente del Perù Diana Boluarte
Nel mirino della giustizia c’è però la presidente in carica, Diana Boluarte. Su di lei sono state presentate ben 34 denunce, ha rivelato la procuratrice generale, Delia Espinoza, smentendo però l’ipotesi – lanciata dallo steso capo dello Stato -, che ci si trovi dinanzi a un’operazione di persecuzione giudiziaria nei suoi confronti. La maggior parte delle denunce è stata presentata da cittadini, e Boluarte viene chiamata a dichiarare “solo quando è strettamente necessario per fare chiarezza. Nella gran parte dei casi si raccolgono documenti, testimonianze e alcune perizie”, ha detto Espinoza nel corso di una intervista a “Cuarto Poder”.
Boluarte, che a inizio mese aveva denunciato l’esistenza di un “colpo di stato soft”, dice “che si sente angosciata, che la si sta perseguitando in maniera irrazionale, ma è falso”, ha insistito. “Chiunque, quando viene indagato, tende ad essere nervoso, si preoccupa. Ma in questo caso noi non siamo politici, esercitiamo una funzione costituzionale”, ha aggiunto la procuratrice. La magistratura è “obbligata a indagare sui reati dei più alti funzionari. Non esercitando una funzione politica, come potremmo mai promuovere un colpo di Stato? Non capisco, sinceramente non so come si potrebbe fare”.
Boluarte affronta in effetti diversi processi, a partire da quello aperto sui fatti che hanno accompagnato l’inizio del mandato, a dicembre del 2022. L’attuale governo nasce sulle ceneri di quello presieduto da Castillo. Le proteste seguite alla destituzione di Castillo, vuoi dei suoi sostenitori in gran parte provenienti dalle zone rurali del Paese, vuoi di chi denunciava la violazione delle regole processuali, sono state sedato dal governo, affidato in tempi record a Boluarte, con interventi ritenuti meritevoli di indagini per “genocidio, omicidio e lesioni gravi”.
Il Rolexgate
Ha fatto anche rumore il cosiddetto “caso Rolex” (Rolexgate), legato all’uso ed esibizione di orologi di lusso che la presidente non avrebbe mai dichiarato al fisco. Apparati il cui prezzo risulterebbe superiore allo stipendio della presidente e che si ritiene possano essere considerati “doni” in cambio di favori legati alla sua posizione politica.
La procura ha aperto anche un’indagine nata da movimenti bancari inusuali riscontrati nei suoi conti bancari, mentre si alimentano sospetti su un presunto coinvolgimento di Boluarte nel caso (“Cofre”) della fuga dal Paese di Vladimir Cerron, leader del partito Perù Libre e condannato per corruzione, a bordo di auto presidenziali. Il tutto senza considerare le diverse richieste di sfiducia politica presentate in Parlamento, ora per la gestione delle proteste anti governative, ora per la mancata richiesta di permesso per le trasferte.
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