L’arresto dell’ex presidente filippino Rodrigo Duterte segna una svolta nella lunga controversia sulla sua guerra al narcotraffico, costata la vita a migliaia di persone. La Corte Penale Internazionale lo accusa di crimini contro l’umanità, ponendo le Filippine al centro di un delicato caso giudiziario internazionale. La vicenda solleva interrogativi sulle responsabilità istituzionali, sul futuro politico del Paese e sull’efficacia della giustizia globale nel perseguire leader accusati di violazioni dei diritti umani.
L’arresto dell’ex presidente filippino
L’ex presidente delle Filippine, Rodrigo Duterte, è stato arrestato a Manila dalla polizia nazionale in seguito a un mandato della Corte Penale Internazionale (CPI). L’accusa principale riguarda crimini contro l’umanità per la sanguinosa repressione condotta nell’ambito della sua guerra alla droga, che ha causato la morte di migliaia di persone. Il 79enne è stato fermato poco dopo il suo arrivo all’aeroporto internazionale di Manila, di ritorno da un viaggio a Hong Kong.
Secondo quanto dichiarato dall’ufficio presidenziale filippino, l’Interpol di Manila ha ricevuto nelle prime ore del mattino la copia ufficiale del mandato d’arresto dalla CPI. Duterte, che ha ricoperto la carica di Presidente dal 2016 al 2022, si trova attualmente sotto custodia delle autorità ed è sottoposto a controlli medici governativi. Il provvedimento giunge dopo che la Corte ha recentemente emesso mandati di arresto nei confronti di altre figure politiche di rilievo, come il presidente russo Vladimir Putin e il premier israeliano Benjamin Netanyahu.
Le accuse della Corte Penale Internazionale
Le indagini della CPI su Rodrigo Duterte sono iniziate nel settembre 2021, ma sono state temporaneamente sospese due mesi dopo, quando il governo filippino ha dichiarato di star esaminando internamente centinaia di casi di omicidi collegati alla sua guerra alla droga. Tuttavia, nel luglio 2023, la Corte ha ripreso le investigazioni, sostenendo di avere giurisdizione sugli omicidi avvenuti prima del ritiro delle Filippine dalla CPI nel 2019. Inoltre, la giurisdizione si estende anche agli anni in cui Duterte era sindaco di Davao, dove una politica di repressione simile aveva già portato a numerosi omicidi extragiudiziali.
Secondo i gruppi per i diritti umani, le vittime della repressione sono state decine di migliaia, per lo più uomini poveri che vivevano nelle aree urbane. La polizia ha dichiarato ufficialmente di aver ucciso circa 6.000 sospetti criminali, ma altre stime parlano di un bilancio compreso tra 12.000 e 30.000 morti. Amnesty International e Human Rights Watch hanno ripetutamente denunciato le operazioni come violazioni sistematiche dei diritti umani, criticando l’uso della forza letale senza prove concrete di coinvolgimento nel traffico di droga.
La reazione di Rodrigo Duterte e della politica filippina all’arresto
Prima del suo arresto, parlando a migliaia di lavoratori filippini all’estero, Duterte aveva appellato gli investigatori della Corte con notevoli insulti e dichiarato che avrebbe accettato il proprio destino, se l’arresto fosse stato inevitabile. Durante il suo mandato, aveva più volte affermato di non avere rimorsi per le sue azioni, sottolineando che la sua politica repressiva aveva salvato il Paese dal diventare uno “Stato narco-politico”.
Il presidente attuale, Ferdinand Marcos, inizialmente aveva dichiarato di non voler collaborare con la CPI, ma recentemente il governo filippino ha fatto sapere che, se richiesto dall’Interpol, sarebbe stato obbligato a fornire assistenza. Duterte rimane una figura politica influente nelle Filippine e gode ancora di un vasto seguito tra coloro che approvano il suo pugno di ferro contro la criminalità. Alcuni analisti ritengono che il deteriorarsi dei rapporti con Marcos possa aver giocato un ruolo nella decisione di procedere all’arresto. Non solo, lo stesso Marcos potrebbe aver facilitato le indagini sulla guerra alla droga dell’ex Presidente.
Il passato controverso di Duterte
Rodrigo Duterte ha governato le Filippine dal 2016 al 2022, vincendo le elezioni con un ampio margine grazie a un programma populista e anti-establishment. Prima di diventare presidente, è stato per 22 anni sindaco di Davao, trasformandola in una delle città più sicure del Paese grazie a politiche di tolleranza zero verso la criminalità. Tuttavia, la sua amministrazione è stata segnata dall’uso sistematico della violenza come strumento di governo.
Nel corso degli anni, Duterte non ha mai nascosto il proprio approccio brutale. Ha più volte dichiarato che gli agenti di polizia avevano il diritto di sparare a sospetti narcotrafficanti in caso di pericolo e ha affermato che sarebbe stato felice di eliminare milioni di tossicodipendenti. Queste dichiarazioni, unite ai numerosi episodi di omicidi extragiudiziali, hanno portato a una crescente condanna internazionale.
Le conseguenze dell’arresto
L’arresto di Rodrigo Duterte segna un momento cruciale per la giustizia internazionale e potrebbe rappresentare un precedente importante per il perseguimento di crimini commessi da leader politici.
Mentre le autorità filippine valutano il prossimo passo, il caso continua a dividere l’opinione pubblica. Da un lato, i sostenitori dell’ex presidente lo considerano un eroe nazionale che ha lottato contro il crimine, dall’altro, le organizzazioni per i diritti umani vedono nel suo arresto una vittoria per la giustizia e la lotta all’impunità.
Lucrezia Agliani
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