Sostenibilità aziendale al vaglio del concordato minore in continuità


Con il concordato minore, il debitore può porre rimedio al proprio stato di sovraindebitamento attraverso la formulazione di una proposta satisfattiva ai propri creditori, chiamati ad esprimere il proprio consenso attraverso il voto.
Alla procedura può accedervi il professionista, l’imprenditore minore, l’imprenditore agricolo, le start up innovative di cui al DL 179/2012 conv. L. 221/2012, nonché ogni altro debitore che non è assoggettabile alla liquidazione giudiziale ovvero alla liquidazione coatta amministrativa ovvero ad altre procedure liquidatorie previste, per le ipotesi di crisi o di insolvenza, dal codice civile o da leggi speciali.

Non può accedervi, invece, il consumatore a cui è riservata la procedura di ristrutturazione dei debiti ex artt. 67 e ss. del DLgs. 14/2019; parimenti, non può accedervi l’imprenditore individuale cessato e cancellato dal Registro delle imprese, per effetto dell’introduzione dell’art. 33 comma 1-bis del DLgs. 14/2019, operata dal DLgs. 136/2024.

In questo modo, come indicato dalla Relazione illustrativa al DLgs. 136/2024, l’accesso al concordato minore è precluso all’impresa cancellata dal Registro delle imprese, non potendo consentirsi il ricorso a uno strumento che, di fatto, presuppone l’esistenza di un’attività imprenditoriale
La soddisfazione dei creditori può realizzarsi in qualsiasi forma e in una misura anche parziale, dovendo la proposta indicarne i tempi, le modalità di adempimento e, non ultimo, potendo prevedere una loro suddivisione in classi, indicandone i criteri adottati.

Si tratta, quest’ultima, di una mera facoltà posto che l’obbligo di formazione delle classi si pone solo per i creditori titolari di garanzie prestate da terzi (art. 74 comma 3 ultimo periodo del DLgs. 14/2019).
La proposta, inoltre, può prevedere sia la prosecuzione dell’attività imprenditoriale o professionale (c.d. concordato in continuità, art. 74 comma 1 del DLgs. 14/2019) sia la sua cessazione (c.d. concordato liquidatorio).

Nel caso in cui il debitore persegua il risanamento dell’impresa (o dell’attività professionale) in continuità, è necessario, innanzitutto, che la prosecuzione assicuri un’utilità per i creditori anteriori, mediante la generazione di flussi di cassa da destinare al loro soddisfacimento.
La prosecuzione dell’attività, infatti, non può generare perdite, assorbendo liquidità, poiché ciò comporterebbe non solo che la crisi resti irrisolta ma, ulteriormente, che si aggravi, contrariamente al principio inespresso della sostenibilità e della responsabilità sociale dell’impresa.

Ne consegue che la continuità aziendale, anche nel concordato minore, deve intendersi come un c.d. valore-mezzo e non come un c.d. valore-fine, posto che la sua finalità ultima dev’essere la risoluzione della crisi e la tutela del credito.
In tal senso si è espresso il Tribunale di Larino con provvedimento del 15 dicembre 2024.

Ne consegue che sul debitore ricada l’onere di dimostrare, attraverso il piano, che la prosecuzione dell’attività possa generare un’utilità per i creditori ma anche, ulteriormente, che possa garantire il ritorno in bonis dell’impresa, mediante la rimozione delle cause che hanno determinato lo stato di crisi o di insolvenza.

Ciò comporta che, oltre al beneficio per i creditori anteriori, la prosecuzione deve garantire anche il pagamento dei debiti di funzionamento, secondo le scadenze previste, non potendo ammettersi che si generino ulteriori perdite e debiti (Trib. Brescia 24 settembre 2024).

Ove ciò non sia possibile, il debitore può optare per un concordato liquidatorio, purché ne ricorrano le condizioni.
L’art. 74 comma 2 del DLgs. 14/2019 consente al debitore di formulare una proposta di concordato minore anche quando non si intende proseguire l’attività imprenditoriale o professionale purché, quale condizione necessaria, sia previsto l’apporto di risorse esterne che incrementino in misura apprezzabile l’attivo disponibile al momento della presentazione della domanda.

Per effetto delle modifiche di cui al DLgs. 136/2024, viene meno il generico riferimento “alla soddisfazione dei creditori” in luogo di un parametro chiaro e preciso – l’attivo disponibile, da verificarsi con riferimento al momento di presentazione della domanda.

In merito, la pronuncia evidenzia che la modifica non introduce una diversa regola di giudizio ma intende solo agevolare il compito di verifica del tribunale; il diverso riferimento ai creditori, nel caso di una loro suddivisione in classi, avrebbe reso, infatti, più complessa la valutazione, posto che non tutti sarebbero stati soddisfatti secondo le stesse percentuali e tempistiche.

Ad ogni modo, la finanza esterna non può consistere in una mera dichiarazione unilaterale di pagamento, del tutto aleatoria, posto che al ceto creditorio deve garantirsi l’effettiva dazione delle somme.



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