Truppe, soldi, satelliti. L’Italia nel groviglio e i dilemmi di Meloni


Saranno parecchi i pezzi grossi in divisa che affluiranno oggi a Parigi, qualcuno in carne e mostrine, qualcuno in remoto, per l’assemblea bellica di Macron. Ci saranno anche gli italiani, con il generale Portolano, però solo in veste di osservatori. La linea del governo non cambia, a maggior ragione dopo il supporto dello stesso presidente della Repubblica per cui parlare di come mantenere una pace non ancora raggiunta è a dir poco prematuro. Dunque nessuna partecipazione italiana a eventuali spedizioni militari a meno che non ci sia una decisione del Consiglio di sicurezza Onu, cioè a meno che non si tratti di una missione accettata dalla Russia senza porre il veto.

LA MISSIONE FANTASMA del presidente francese, insulti a uso propaganda di Salvini a parte, non è però in cima alla lista delle urgenze della premier. In quella postazione, oltre alla trattativa sui contenuti ancora molto vaghi del ReArmEurope, si è imposto il nodo aggrovigliato Starlink. Forza Italia, tramite portavoce Nevi, frena a tavoletta sull’opportunità di rivolgersi al sistema satellitare di Elon Musk: «Serve prudenza. Sono questioni che attengono alla sicurezza nazionale. Non deve essere una scelta legata all’amicizia con Musk». La replica di Salvini arriva puntuale: «Ma se Musk già connette mezzo mondo!». Poi il leghista rilancia l’idea balzana dello stesso padrone di Tesla e Space X: «Quello tra lui e Mattarella sarebbe un incontro stimolante».

Era stato proprio il tycoon sudafricano, sulla sua X, a suggerire l’incontro con il presidente, con formula per una volta fiorita: «Sarebbe un onore parlare con lui. Anche se il Colle non si pronuncia nello specifico, quell’incontro decisamente fuor di protocollo non ci sarà. La questione riguarda il governo e a maggior ragione sul versante dei rapporti con gli operatori, fa filtrare il Quirinale. Il che non significa che il presidente, oltretutto comandante delle Forze Armate, non segua con massima attenzione la vicenda. Si può scommettere che non prenderà posizioni pubbliche ma quanto a suggerimenti discreti le cose potrebbero stare diversamente. Del resto negli ultimi mesi Mattarella non si è certo risparmiato nel denunciare il pericolo che le grandi corporation incontrollate rappresentano per la democrazia.

INSOMMA, ANCHE se una decisione non è ancora stata presa le azioni dell’accordo con Musk sono calate in pochi giorni vertiginosamente e il tycoon ci ha messo del suo. Per quanto subito ritirata, la minaccia di togliere Starlink all’Ucraina non è quanto di più rassicurante per futuri possibili clienti. Persino i sostenitori sin qui dell’accordo, come la Difesa, qualche dubbio hanno iniziato a nutrirlo. Ma sull’altro piatto della bilancia pesa l’assoluta e incontestata superiorità di Starlink, riconosciuta dallo stesso portavoce di Fi. L’Europa cerca di recuperare l’abissale ritardo. Punta a far entrare in funzione il sistema GovStacom entro quest’anno e di accelerare i lavori su Iris 2, il sistema che dovrebbe competere con Starlink e che ingloberà GovSatcom, per farlo entrare in funzione nel 2027. Poi c’è il sistema francese Eutelsat, che però dispone di soli 652 satelliti contro gli oltre 6mila di Starlink che punta a moltiplicarli sino a 20mila in tempi molto celeri e fino a 40mila per fine decennio. Insomma dal punto di vista tecnico non ci sarebbe partita: «Le alternative sono nebulose e lontane nel tempo», ammettono un po’ sconsolati da FdI. Ma la scelta a questo punto è politica non tecnica e fa parte del difficile gioco di prestigio col quale Meloni cerca di proporsi come vicinissima a Washington ma anche a Bruxelles.

DI QUI AL CONSIGLIO europeo del 20 marzo si giocherà poi la partita sui contenuti, ancora molto vaghi, del ReArmEurope. La bozza di risoluzione che sarà votata dal Parlamento europeo domani, preparata da Ppe, Pse e Liberali, pur senza sposarla in pieno si avvicina molto alla richiesta francese di acquistare armi solo all’interno dell’Unione, cioè senza rivolgersi agli Usa. Per l’Italia, che fa largo uso di componentistica a stelle e strisce, e per la Germania è invece importante eliminare l’obbligo di acquisti solo intraeuropei. La Germania poi è orientata a bocciare gli eurobond per l’acquisto di armi, e questo all’Italia andrebbe anche bene se però i tedeschi accettassero garanzie comunitarie sugli investimenti privati – proposta ribadita ieri dal ministro Giorgetti – e dato il no di Berlino anche ai titoli comunitari non pare questo il caso. Sul riarmo sono o sembrano d’accordo tutti. Su come finanziarlo e su come usarlo invece no: particolari di poco conto.



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