Art. 94, comma 6 d.lgs. n. 36/2023 – cause di esclusione automatica – violazioni gravi, definitivamente accertate, degli obblighi relativi al pagamento di imposte e tasse o contributi previdenziali – allegato II.10 – art. 95, comma 2 – cause di esclusione non automatica – gravi violazioni, non definitivamente accertate, agli obblighi relativi al pagamento di imposte e tasse o contributi previdenziali – art. 98 – illecito professionale grave
Consiglio di Stato, sez. V, 252 febbraio 2025, n. 1628
Un credito iscritto a ruolo, se ridotto nell’ammontare a seguito di sgravio fiscale, non necessita di una nuova iscrizione a ruolo, e non può essere impugnato se non per contestare l’illegittimità del diniego di sgravio.
La pretesa impositiva, di seguito a parziale autotutela, non ha carattere innovativo. Diversamente opinando e, quindi, riconoscendo il carattere innovativo della pretesa impositiva esercitata a seguito di parziale autotutela, si ammetterebbe l’inaccettabile conseguenza di consentire al contribuente di contestare tale pretesa parziale, rimettendo, in tal modo, in discussione gli elementi costitutivi dell’originaria imposizione, cristallizzati a seguito della avvenuta definitività di quest’ultima e, quindi, dilatare in violazione dell’art. 21 d.lgs. n. 546 del 1992 i termini di impugnazione.
L’impresa, avendo ricevuto la notifica della cartella di pagamento prima della data in cui ha presentato l’offerta, avrebbe dovuto informare la stazione appaltante, attraverso indicazione apposita da inserire nel DGUE, della pendenza fiscale, anche se non ancora definitivamente accertata.
In fase di gara, il concorrente deve osservare un comportamento trasparente, che consenta alla stazione appaltante di valutarne l’affidabilità nella prospettiva dell’eventuale affidamento della commessa pubblica.
L’operatore economico reticente, oltre a violare i doveri di correttezza e buona fede cui è vincolato, arreca un oggettivo intralcio allo svolgimento della procedura, che deve essere tenuto in debita considerazione dalla stazione appaltante. Oggetto dell’obbligo dichiarativo è qualunque fatto suscettibile di essere qualificato come grave illecito professionale, sì da permettere alla stazione appaltante di valutare se il comportamento pregresso assuma una qualificazione oggettiva in grado di incrinare l’affidabilità e l’integrità dell’operatore nei rapporti con l’amministrazione, mettendo il fatto così qualificato in relazione con il contratto oggetto di affidamento, così da poter declinare in termini relativi e concreti la nozione di inaffidabilità e l’assenza d’integrità, ai fini della specifica procedura di gara interessata.
Stante la violazione del dovere di collaborazione e buona fede da parte dell’impresa e del fatto che l’omissione dichiarativa è perdurata anche successivamente alla data di presentazione della domanda di partecipazione, appaiono irrilevanti le giustificazioni dalla stessa rese in ordine a ritardi dell’Amministrazione fiscale nella valutazione delle istanze di autotutela.
Il caso di specie
La sentenza in esame affronta un tema di notevole interesse e cioè quello della regolarità fiscale (o contributiva) delle imprese partecipanti alle gare, argomento di cui spesso si “dibatte” sia in sede di procedura di affidamento sia dinanzi ai giudici chiamati a sindacare i provvedimenti di esclusione adottati dalle amministrazioni aggiudicatrici.
Questi i fatti.
Una società impugnava dinanzi al TAR Campania l’esclusione dalla procedura indetta da una stazione appaltante (una società pubblica) per l’affidamento, tramite accordo quadro con un unico operatore economico, del servizio di ricerca e selezione del personale; in particolare, l’affidamento veniva bandito mediante procedura negoziata senza bando, previa indagine di mercato, ex art. 50, comma 1, lett. e) e art. 2 allegato II.1 d.lgs. n. 36/2023, da aggiudicarsi con il criterio del minor prezzo (entro un valore massimo prefissato).
Ciò premesso, l’operatore economico, ad un certo punto, nel corso della procedura, veniva escluso dall’amministrazione appaltante (ai sensi degli artt. 94, 95 e 98 d.lgs. n. 36/2023), in conseguenza del rilievo, in capo a costui, di una violazione grave, definitivamente accertata, degli obblighi relativi al pagamento di imposte e tasse (risultante nei confronti dell’agente della riscossione presso le direzioni di Napoli e Brindisi); le violazioni “fiscali”, emerse di seguito alle verifiche della P.A., venivano valutate (dalla stazione appaltante) anche ai sensi dell’art. 98 Codice, considerata l’avvenuta omissione dichiarativa dell’operatore (in merito alla propria condizione di non regolarità fiscale) in sede di domanda di partecipazione alla gara e comunque nel corso del procedimento.
Segnatamente, la stazione appaltante acquisiva, nell’ambito delle verifiche eseguite nel fascicolo virtuale dell’operatore economico, un’attestazione di irregolarità fiscale per “violazioni definitive”; quindi, attivava il soccorso istruttorio, chiedendo chiarimenti all’operatore economico. Quest’ultimo – al fine di salvaguardare la sua partecipazione alla competizione – rispondeva ai rilievi allegando il provvedimento di accoglimento di una richiesta di rateizzazione rivolta all’Agenzia delle entrate – riscossione, atto che però risultava emesso in data successiva alla presentazione della domanda di partecipazione alla competizione.
La P.A., valutata la posizione dell’operatore, riteneva che, nonostante l’accordo di rateizzazione prodotto, non sussistessero “esimenti” per impedire l’esclusione, dal momento che il provvedimento ottenuto dall’impresa, per essere sanante, avrebbe dovuto essere perfezionato anteriormente alla scadenza del termine di presentazione dell’offerta, come prescritto dall’ultimo periodo del comma 6 dell’art. 94 Codice.
Peraltro, come accennato, in ragione delle dichiarazioni rese dall’azienda nel DGUE all’atto della presentazione dell’offerta (in cui si attestava una regolarità fiscale, di fatto, non esistente), la fattispecie risultava idonea ad integrare pure un illecito professionale grave (rilevante anch’esso ai fini dell’esclusione dell’operatore ex art. 98 Codice), con ulteriore ragione espulsiva fatta propria dall’amministrazione procedente nell’atto poi impugnato.
La decisione del TAR
Il TAR ha rigettato il ricorso dell’operatore economico, evidenziando sia il mancato possesso “con continuità” del requisito della regolarità fiscale, sia la violazione degli obblighi di comunicazione posti a carico di tutti gli operatori economici per le finalità stabilite dagli artt. 94, 95, 98 Codice.
In particolare, premessa la ricostruzione del quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento, il giudice ha rilevato che, sebbene alla data di presentazione dell’offerta le pendenze fiscali non fossero ancora divenute definitive, alla (successiva) data relativa alle verifiche effettuate nel FVOE dell’ANAC, il debito tributario si era oramai consolidato, in quanto l’istanza di rateizzazione delle somme iscritte a ruolo (in precedenza già rimodulate al ribasso di seguito a uno sgravio parziale ottenuto dall’impresa in autotutela) risultava presentata e (soprattutto) accolta in un momento successivo a quello di presentazione della domanda di partecipazione alla gara.
Da qui, secondo il giudice, la corretta valutazione dell’amministrazione, che aveva ritenuto non sussistente il requisito di regolarità fiscale a partire dal momento della scadenza del termine previsto per l’impugnazione della cartella di pagamento (successivo al termine di presentazione dell’offerta), fino alla successiva data di perfezionamento dell’accordo di rateizzazione (intervenuto quando era già pendente da tempo la procedura di aggiudicazione).
Inoltre, il giudice ha confermato la scorrettezza dell’operatore economico (che, come accennato, non aveva fatto alcun riferimento alle problematiche fiscali all’atto della presentazione della documentazione per prendere parte alla procedura), contegno integrante un’ipotesi di violazione ex art. 98 Codice.
Più precisamente, l’omissione dichiarativa delle pendenze fiscali in sede di domanda di partecipazione alla gara, unitamente alla circostanza che l’operatore economico aveva deciso di adottare tardivamente misure di self-cleaning (richiedendo la rateizzazione del debito tributario dopo circa tre mesi dalla notifica della cartella di pagamento, dandone comunicazione alla P.A. solo a seguito di formale richiesta di chiarimenti da parte di quest’ultima), è risultata idonea a confermare il grave illecito professionale.
Il giudice di primo grado ha ritenuto il provvedimento impugnato dotato di ampia ed esaustiva motivazione in ordine: “…a) alla sussistenza di elementi sufficienti ad integrare il grave illecito professionale; b) alla idoneità del grave illecito professionale ad incidere sull’affidabilità e integrità dell’operatore; c) ai mezzi di prova utilizzati. La stazione appaltante ha, in definitiva, effettuato un’autonoma valutazione della vicenda relativa alla posizione di irregolarità fiscale dell’operatore economico e della inidoneità delle misure di self-cleaning poste in essere [dall’impresa] a superare il giudizio di disvalore sulla sua affidabilità”.
La decisione del Consiglio di Stato
In esito all’appello, il Consiglio di Stato ha rigettato le censure dell’operatore economico avverso la decisione del TAR.
In particolare, il giudice ha evidenziato che – diversamente da quanto ritenuto dall’appellante – il TAR ha correttamente ritenuto la carenza del requisito della “continuità” della regolarità fiscale nel corso della procedura, poiché, sebbene al momento della presentazione dell’offerta una delle cartelle di pagamento non fosse ancora divenuta definitiva, alla data delle verifiche sul FVOE il debito tributario si era già consolidato, in quanto l’istanza di rateizzazione delle somme già iscritte a ruolo era stata accolta diverso tempo dopo la data di presentazione della domanda di partecipazione alla gara.
In tal senso, ha poi spiegato il Collegio, a nulla varrebbe la tesi (dell’impresa appellante) secondo cui l’irregolarità fiscale non sarebbe maturata, in quanto, a seguito dello sgravio fiscale delle somme dovute, il provvedimento di autotutela emesso dall’Agenzia delle entrate avrebbe fatto decorrere un nuovo termine sia per pagare il debito fiscale che per impugnare l’atto impositivo dinanzi al giudice tributario.
La tesi, ha chiarito il giudice, non può essere condivisa.
Infatti: “…va richiamato l’indirizzo sostenuto dalla giurisprudenza di legittimità, dal quale non vi sono ragioni per discostarsi, secondo cui un credito iscritto a ruolo, se ridotto nell’ammontare a seguito di sgravio fiscale, non necessita di una nuova iscrizione a ruolo, e non può essere impugnato se non per contestare l’illegittimità del diniego di sgravio. In particolare, è stato chiarito che: «l’autoannullamento parziale può presentare differenti cause giustificative, a seconda che esso integri la pura riduzione quantitativa dell’originario credito erariale (non importa se disposta d’Ufficio ovvero su sollecitazione del contribuente la cui tesi difensiva sia in parte accolta), ovvero una riduzione non disgiunta dalla ripresa a tassazione di altri profili impositivi (ancorché di entità complessivamente inferiore a quella originariamente pretesa)» (Cass. civ., sez. V, ordinanza 16 novembre 2018, n. 29595)”.
L’autoannullamento – da parte dell’Erario – della pretesa fiscale non comporta una nuova imposizione, bensì un semplice ridimensionamento unilaterale del credito tributario, così da ingenerare una situazione non dissimile da quella che si definisce, in ambito processuale, di mera riduzione del petitum.
Diversamente opinando, ha proseguito nell’analisi il Consesso, seguendo la tesi dell’appellante, riconoscendo il carattere innovativo della pretesa impositiva esercitata a seguito di parziale autotutela, si ammetterebbe l’inaccettabile conseguenza, eccedente il fine della norma, di consentire al contribuente di contestare tale pretesa parziale, rimettendo, in tal modo, in discussione gli elementi costitutivi dell’originaria imposizione, cristallizzati a seguito della avvenuta definitività di quest’ultima e, quindi, di dilatare, in violazione dell’art. 21 d.lgs. n. 546/1992, i termini di impugnazione avverso le pretese del Fisco.
Ne consegue che, a seguito di uno sgravio parziale, la cartella di pagamento diviene definitiva e non può essere impugnata per la parte residua della somma contestata, determinando così la irregolarità fiscale definitivamente accertata in capo all’impresa (la quale, a seconda del momento n cui materialmente compare tale irregolarità “definitiva”, dovrà intervenire – se possibile – ai sensi dell’art. 94, comma 6, in ogni caso notiziando la P.A.).
Sulla ritenuta sussistenza di un grave illecito professionale, ex art. 95, comma 1, lett. e) d.lgs. n. 36/2023, il Collegio ha poi chiarito che l’appellante, avendo ricevuto la notifica della cartella di pagamento prima della data in cui ha presentato l’offerta, avrebbe dovuto informare la stazione appaltante, attraverso apposita indicazione da inserire nel DGUE, della pendenza fiscale, anche se non ancora definitivamente accertata.
Ciò era (ed è) imposto dal dovere di buona fede, principio che permea la disciplina della contrattualistica pubblica.
Il tal senso, l’art. 5 d.lgs. n. 36 del 2023 ha stabilito che: “1. Nella procedura di gara le stazioni appaltanti, gli enti concedenti e gli operatori economici si comportano reciprocamente nel rispetto dei principi di buona fede e tutela dell’affidamento”.
Si tratta, ha precisato il Consiglio di Stato, di una scelta legislativa finalizzata a voler configurare un rapporto di tipo orizzontale tra cittadini e pubblica amministrazione, che se genera in capo alla seconda doveri di protezione o, secondo taluni, obblighi correlati a diritti soggettivi, parimenti comporta anche una più marcata responsabilizzazione dei primi (e cioè dei cittadini).
La buona fede si esprime: “…in tutti gli obblighi per l’impresa di portare a conoscenza dell’amministrazione i fatti rilevanti ai fini della valutazione da parte della stazione appaltante e anche nell’obbligo di quest’ultima di informarsi per una completa valutazione dell’affidabilità dell’operatore economico”.
Così: “L’operatore economico reticente, oltre a violare i doveri di correttezza e buona fede cui è vincolato, arreca un oggettivo intralcio allo svolgimento della procedura, che deve essere tenuto in debita considerazione, come in questo caso è avvenuto, dalla stazione appaltante. Oggetto dell’obbligo dichiarativo è qualunque fatto suscettibile di essere qualificato come grave illecito professionale, sì da permettere alla stazione appaltante di valutare se il comportamento pregresso assuma una qualificazione oggettiva in grado di incrinare l’affidabilità e l’integrità dell’operatore nei rapporti con l’amministrazione, mettendo il fatto così qualificato in relazione con il contratto oggetto di affidamento, così da poter declinare in termini relativi e concreti la nozione di inaffidabilità e l’assenza d’integrità, ai fini della specifica procedura di gara interessata”.
Nel caso specifico, il giudice ha riconosciuto come la riferita condotta dell’impresa (omissiva in merito alla comunicazione della irregolarità fiscale), sul piano procedimentale, non presentasse elementi di conformità al canone di buona fede, posto che l’omissione dichiarativa aveva assunto un peso specifico nella decisione dell’amministrazione di escludere dalla gara l’operatore (sull’onere dichiarativo di eventuali cause di esclusione verificatesi in un momento successivo alla presentazione dell’offerta, il Consiglio di Stato ha riportato la sentenza dell’Adunanza plenaria n. 7 del 24 aprile 2024, secondo cui, in merito ad eventuali cause di esclusione dalla gara verificatesi in un momento successivo alla presentazione dell’offerta:“…il relativo onere dichiarativo deve ricollegarsi alla necessità, sancita dall’art. 1, comma 2-bis, della l. 7 agosto 1990, n. 241, che «i rapporti tra cittadino e la pubblica amministrazione (siano) improntati ai principi della collaborazione e della buona fede». Tale disposizione, infatti, ha posto un principio generale sull’attività amministrativa e si estende indubbiamente anche allo specifico settore dei contratti pubblici”).
In fase di gara, allora, il concorrente deve osservare un comportamento trasparente: “…che consenta alla stazione appaltante di valutarne l’affidabilità nella prospettiva dell’eventuale affidamento della commessa pubblica, con la conseguenza che, nel caso in esame, [l’impresa] era tenuta a comunicare i debiti fiscali pendenti al momento della presentazione dell’offerta, e anche successivamente alla presentazione della stessa, ai sensi e per gli effetti dell’art. 96, comma 14 d.lgs. n. 36/2023”.
Infine, il Consiglio di Stato ha ricordato che nessun rilievo, ai fini dell’annullamento del provvedimento di esclusione, potrebbe avere l’accoglimento di un’istanza di rateazione, atteso che la giurisprudenza è pacifica nell’affermare che la circostanza dell’intervenuta rateazione dei debiti tributari da parte del concorrente non comporta l’annullamento del provvedimento di esclusione, valendo per i provvedimenti amministrativi il principio tempus regit actum: “…secondo cui la legittimità del provvedimento deve essere valutata in relazione allo stato di fatto e di diritto esistente al momento della sua adozione, pertanto non può incidere ex post su precedenti atti amministrativi”.
Ciò, oltre al fatto che – nelle gare per l’affidamento di contratti della P.A. – il requisito di regolarità fiscale si considera sussistente soltanto ove, prima del decorso del termine per la presentazione della domanda di partecipazione alla gara di appalto: “…l’istanza di rateazione sia stata accolta con l’adozione del relativo provvedimento costitutivo e non anche nelle ipotesi in cui l’iniziale irregolarità abbia dato luogo alla richiesta di dilazione, solo successivamente accolta”.
Considerata la violazione dei doveri di collaborazione e buona fede (da parte dell’impresa ricorrente) e valutato il fatto che l’omissione dichiarativa è perdurata anche successivamente alla data di presentazione della domanda di partecipazione: “…appaiono irrilevanti le giustificazioni [dell’operatore] rese in ordine a ritardi dell’Amministrazione fiscale nella valutazione delle istanze di autotutela”
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