Con il pacchetto Omnibus l’Ue rischia un passo indietro sul clima


Lo scorso febbraio, la Commissione europea ha proposto di posticipare di due anni l’entrata in vigore degli obblighi di rendicontazione per le grandi aziende, recentemente approvati nell’ambito del cosiddetto pacchetto “Omnibus”.

Si tratta di un insieme di modifiche volte a ridurre gli oneri amministrativi per le imprese, il cui testo propone di semplificare e ridimensionare l’ambito di applicazione della Direttiva sulla rendicontazione di sostenibilità delle imprese (CSRD), della Tassonomia Ue, della Direttiva sulla due diligence di sostenibilità delle imprese (CSDDD) e del Meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (CBAM).

Ma c’è di più. Secondo alcune Ong e gruppi ambientalisti, l’Omnibus rappresenta un passo indietro e un segnale che l’attuale politica europea, dominata dalla destra, stia già invertendo la rotta sulle questioni ambientali.

Per comprendere meglio il tema, consigliamo innanzitutto di leggere l’articolo di Kate Abnett intitolato What’s inside the EU’s “simplification Omnibus” on sustainability rules pubblicato su Reuters.

Su Alternatives Economiques, Laurence Scialom ha analizzato il significato di questa decisione. “La responsabilità di aziende e istituzioni finanziarie, in particolare di quelle quotate in borsa, non si limita più esclusivamente alla performance finanziaria e alla creazione di valore per gli azionisti. Devono anche farsi carico degli impatti negativi, reali o potenziali, che le loro azioni e strategie possono avere sulle persone, sulla società e sull’ambiente. Questo pacchetto di normative europee segna perciò un vero e proprio cambio di paradigma poiché promuove una sorta di re-inserimento dell’impresa nella società e, più in generale, nell’ecosistema. Tuttavia, esiste oggi un rischio concreto di compromettere i progressi fatti fino a questo momento.  I tentativi di smantellamento del Green Deal sono segno di una perdita di centralità dell’Europa, che sembra ormai più orientata ad adattarsi al cambiamento climatico piuttosto che a combatterlo. Ci stiamo piegando a una logica di competizione tra stati a breve termine, creando incertezza per tutti gli attori che hanno già adottato approcci ambiziosi in materia di sostenibilità e penalizzando quindi i più virtuosi. La ciliegina sulla torta è che stiamo di fatto offrendo alla Cina il ruolo di leader nel campo della sostenibilità, rendendola sempre più attraente per il sud globale.”

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Wester van Gaal, giornalista di EUobserver, ha svelato cosa si nasconde dietro le nuove leggi europee: una evidente distorsione dei dati. “La Commissione, in diversi documenti e dichiarazioni, ha difeso i suoi piani in termini di costi”, scrive van Gaal, citando le stime dell’Ue secondo cui le nuove “misure di razionalizzazione” dovrebbero ridurre i costi di circa 5 miliardi di euro all’anno. Tuttavia, osserva van Gaal, “si tratta di stime approssimative” e “anche se si rivelassero accurate, il risparmio sarebbe troppo esiguo per avere un impatto significativo sui bilanci aziendali. Secondo le stime della stessa Commissione, i costi legati alla direttiva CSDDD variano da 52 mila euro per le grandi imprese fino a 643 mila per quelle con un fatturato superiore a 5 miliardi di euro”.

Secondo i calcoli della ong nederlandese SOMO, “anche considerando la cifra massima (643 mila), i costi annuali di adeguamento rappresenterebbero solo lo 0,01 percento del fatturato annuo medio di un’impresa che ottempera alla direttiva CSDDD e lo 0,09 per cento del suo utile netto nel 2023 (e lo 0,13 per cento dei pagamenti degli azionisti). 

Su Taz, Eric Bonse riporta le parole della destra: “Basta con le stupidaggini sul clima”, aggiungendo che “non si sa se questo sarà sufficiente per colmare il divario con Stati Uniti e Cina.”

Adnik Arrilucea ricorda le altre proposte presentate insieme a Omnibus, contenute nel cosiddetto Affordable Energy Plan e volte a ridurre i prezzi dell’energia. Su Público Arrilucea ha praticamente descritto il piano come un patto col diavolo: “Con il suo impegno a favore del gas naturale, Bruxelles volta le spalle al Green Deal: ‘Si tratta di neocolonialismo estrattivista’.”

In mezzo a tante preoccupazioni, da Francia e Italia giungono invece alcuni sviluppi positivi, seppur parziali.

In Francia è stata introdotta una legge ambiziosa contro i PFAS, sostanze inquinanti persistenti. Su Reporterre, Justine Guitton-Boussion racconta della nuova legge, che rappresenta una vittoria per gli ambientalisti e nasce in risposta ai numerosi studi che evidenziano gli effetti dannosi di queste sostanze sulla salute.

Nel frattempo, in Italia, le sessioni supplementari della COP 16 sulla biodiversità si sono concluse a Roma con un accordo per l’implementazione del Quadro globale per la biodiversità di Kunming-Montreal, adottato nel 2022. Le parti hanno concordato una strategia per il reperimento delle risorse finanziarie, al fine di raggiungere l’obiettivo di mobilitare 200 miliardi di dollari all’anno entro il 2030 per la tutela della biodiversità. Su Linkiesta, Fabrizio Fasanella evidenzia il complesso rapporto tra obiettivi climatici e considerazioni geopolitiche.

Come afferma Scialom, “la partita potrebbe non essere ancora finita, ma ci sono poche speranze di una rimonta.”

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