“Fra il Gennaio e il Marzo del 2024 siamo usciti dalle nostre aziende per portare nelle strade italiane il nostro grido di indignazione per lo stato delle nostre aziende agricole e della pesca artigianale, del lavoro di chi coltiva, pesca e produce il cibo, delle nostre comunità e per il rischio grande che questo Paese perda i suoi agricoltori e pescatori per diventare solo una piattaforma commerciale in mano a speculatori, finanza e multinazionali mentre le campagne si svuotano condannando tutti i cittadini a perdere i primi presidi di tutela ambientale, le aziende agricole, pastorali e della pesca che per secoli hanno fatto grande il nostro agroalimentare mantenendo il territorio vivo e tutelato.
Servono Riforme vere e proponiamo alla politica obiettivi chiari discussi nei presidi (come quelli fissati con la Campagna dei #99giorni per salvare l’agricoltura e la pesca) che poniamo come base per una stagione ormai non più rinviabile visto i dati dell’agricoltura e della pesca produttiva (l’Italia ha perso in trent’anni la metà delle sue aziende agricole e della pesca e rischia seriamente di perdere irrimediabilmente un grande patrimonio di lavoro, saperi, cultura del territorio). Ma le Riforme sono possibili solo se evitiamo che la crisi arrivi alle estreme conseguenze e le aziende chiudano. Occorrono un Piano straordinario e misure straordinarie assunte, come prevedono i trattati comunitari, anche in deroga alle norme ordinarie perché per l’Italia le aziende agricole e della pesca produttiva sono una risorsa economica, sociale e di tutela ambientale strategica.
Tutti i dati raccontano l’agroalimentare italiano come un sistema ricco fatto da agricoltori e pescatori sempre più impoveriti. Sono le aziende produttive quelle che pagano il prezzo della crisi. In venti anni hanno chiuso oltre il 50% delle aziende della pesca e agricole (meno 500.000 solo negli ultimi dieci anni). Del totale di 1,3 milioni chiuse, il 75% è in montagna o collina (con l’abbandono delle aree coltivate pari a circa 850.000 Ha in zone particolarmente vulnerabili dal punto di vista ambientale, idrogeologico e sociale). Dati che se letti nel contesto Europeo sono ancora più gravi: mentre continuano a crescere le performance dell’agroalimentare italiano, crolla il reddito reale dell’agricoltura per addetto (Eurostat certifica che nel 2020 in Europa è aumentato in media di 2,8% ma in Italia è diminuito del 2,9%). La chiusura delle aziende e l’abbandono delle aree coltivate comporta automaticamente la perdita di posti di lavoro. Sono ormai solo circa 175.000 le aziende che assumono operai agricoli (-7% in 5 anni) con i lavoratori che, per la prima volta dal 2007, scendono sotto il milione. I dati più vergognosi sono quelli che documentano il crollo del valore aggiunto disponibile per remunerare gli investimenti delle aziende agricole e della pesca a testimoniare una profonda ingiustizia nei pesi delle filiere dove la fanno da padrone la speculazione finanziaria e la GdO,
ISMEA ha documentato come in Italia su cento euro spesi dal consumatore per l’acquisto di prodotti agricoli freschi, meno di 20 euro remunerano il valore aggiunto degli agricoltori, ai quali, sottratti gli ammortamenti e i salari, resta un utile di 7 euro, contro i circa 19 euro del macro-settore del commercio e trasporto. Per i prodotti trasformati, che implicano un passaggio in più dalla fase agricola a quella industriale, l’utile della agricoltore si riduce a 1,5 euro pari a 2,2 euro, contro i 13,1 euro del commercio e trasporto.
Ma la crisi non è solo economica, è anche ambientale, sociale e di democrazia. La crisi climatica accelera gravi problemi ambientali incidendo profondamente sui cicli delle colture e le stesse produzioni. Siccità, mancanza di acqua, stress territoriali dovuti ai cambiamenti climatici, stanno producendo danni crescenti insieme ai progressivi processi di desertificazione.”
Quanto sopra è parte di un documento presentato dal CONSIGLIO UNITARIO DELLA MOBILITAZIONE CONTRO LA CRISI RURALE, DELLE MARINERIE E DEL CIBO, per evidenziare lo stato di profonda crisi del settore agricolo e della pesca e la necessità di misure urgenti a sostegno della categoria.
Ed ancora leggiamo :
La regione dichiari lo stato di crisi socioeconomico per assumere azioni urgenti e straordinarie a difesa dei settori dell’agricoltura e della pesca.
Gli atti per consentire le misure straordinarie sono in capo anche alle Regioni (che devono documentare le crisi e richiedere le misure). Infatti uno degli obiettivi della mobilitazione è coinvolgere le istituzioni territoriali (i comuni) perché siano adottate delibere ed atti istituzionali che investono l’ente Regione e siano perciò immediatamente esecutivi.
Tutto ciò premesso il Consiglio Comunale di Ravenna impegna il Sindaco perché si faccia portavoce presso i competenti uffici della Regione delle giuste istanze del mondo agricolo e della pesca per trovare soluzioni urgenti ed efficaci ai problemi su esposti.”
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