Per due volte la difesa di Alberto Stasi, in carcere per espiare 16 anni di reclusione con l’accusa di aver ucciso quasi 18 anni fa la sua fidanzata Chiara Poggi, ha cercato di far riaprire il caso. E ora, dopo nuovi accertamenti e più avanzate tecnologie, ci è riuscita nel tentativo di riscrivere la storia di un delitto tra i più dibattuti e che da sempre ha diviso l’opinione pubblica in modo netto tra innocentisti e colpevolisti.
E così Andrea Sempio, l’amico del fratello di Chiara e di casa nella villetta dove il 13 agosto 2007 la giovane donna, 26 anni appena, è stata trovata senza vita in fondo alle scale in un lago di sangue proprio da Alberto, è finito di nuovo indagato dalla Procura di Pavia. Questa volta con l’accusa di omicidio in concorso con altri. La scorsa settimana gli è stata notificata una informazione di garanzia con l’invito a sottoporsi al tampone salivare per l’estrapolazione del Dna da comparare con quello rintracciato sui resti del materiale biologico rinvenuto sui margini e sotto le unghie di Chiara. Di fronte al suo rifiuto, il gip ha disposto il prelievo, che avverrà giovedì mattina, negli uffici di Milano del servizio investigazioni scientifiche dell’Arma. “Non sta reggendo il colpo. E’ distrutto e ha chiesto addirittura le ferie dal lavoro”, spiega il suo legale, l’avvocato Massimo Lovati, aggiungendo che continua a proclamare la sua innocenza. “Dice che non c’entra”.
A dare il via alle nuove indagini, riaperte dopo che il gip di Pavia un anno fa e a maggio scorso ha rigettato la richiesta della pm Valentina De Stefano di ritirare fuori dagli scaffali il fascicolo e dopo il disco verde della Cassazione a procedere arrivato in autunno, è stata una nuova consulenza affidata ai genetisti Lutz Roewer e Ugo Ricci, depositata dall’avvocato Giada Bocellari che con il collega Antonio De Renzis assiste Stasi. I due esperti hanno analizzato i rimasugli del materiale degradato e in gran parte andato distrutto – riportano le carte processuali – e che ora i progressi della scienza, a differenza del 2014, quando venne disposta la perizia nel processo d’appello bis che si concluse con la condanna dell’ex studente bocconiano, avrebbero consentito di ‘leggere’. Il risultato, come è emerso da fonti vicine all’inchiesta, avrebbe portato a Sempio: sulle unghie e sotto le unghie di Chiara sarebbero state individuate tracce del suo Dna.
Cosa che ha indotto la Procura guidata da Fabio Napoleone, che ha affidato gli accertamenti al nucleo investigativo di Milano, ad effettuare una sorta di ‘match’ a riscontro, con risultati concordanti. Ecco allora che, dopo una serie di valutazioni, si è deciso di riprendere in mano il caso per mettere un punto fermo qualunque siano le conclusioni. Gli investigatori cominceranno da capo, analizzando tutto quanto raccolto in passato, dalle intercettazioni alle deposizioni ai tabulati alle perizie disposte dal gup di Vigevano Stefano Vitelli, ai tempi in cui Stasi aveva scelto il processo in abbreviato ed era stato assolto. Insomma, quello che li attende è un lavoro ciclopico al termine del quale potrebbe anche delinearsi uno scenario alternativo a quello che i 5 processi a Stasi hanno disegnato.
Se così non fosse, Sempio sarebbe di nuovo scagionato come era accaduto nel 2017, quando i pubblici ministeri pavesi chiesero e ottennero l’archiviazione in quanto, avevano ribadito, “il materiale genetico estratto dai reperti ungueali della vittima non è idoneo ad effettuare nessun confronto, poiché i risultati emersi dalle tre estrazioni di Dna nelle tre prove effettuate dal perito”, nel corso del secondo processo d’appello a carico di Stasi, “sono divergenti ed incostanti, quindi del tutto inaffidabili”. E in considerazione anche di altri elementi come il numero di scarpe di Sempio, non coincidenti con le impronte trovate sulla scena del crimine, e del fatto che usava il pc di casa Poggi.
“Accogliamo con estremo favore l’iniziativa e l’attività della Procura di Pavia – commentano i legali di Alberto – e attendiamo sviluppi con la ragionevole speranza che possa finalmente emergere la verità e possa essere fatta giustizia”.
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