La ’ndrangheta a Brescello. Processo agli ex sindaci. Decisione slitta a martedì


Le difese dei due ex sindaci di Brescello Giuseppe Vezzani e Marcello Coffrini, accusati di concorso esterno alla mafia, hanno chiesto una sentenza di non luogo a procedere. Altri nove imputati con contestazioni distinte hanno definito i patteggiamenti. Rosita Grande Aracri – una dei tre figli di Francesco Grande Aracri – imputata per associazione mafiosa, ha invece scelto il rito abbreviato. Sono le novità emerse dall’udienza preliminare di ieri a Bologna per i dodici imputati del nuovo filone d’inchiesta seguito dal pm della Dda Beatrice Ronchi, che è scaturito dall’operazione antimafia ‘Grimilde’. Il nuovo procedimento in corso davanti al giudice Roberta Malavasi ha in comune con ‘Grimilde’ alcuni imputati con contestazioni aggiuntive, mentre altri sono volti ‘nuovi’.

GLI EX SINDACI Gli avvocati Mario L’Insalata ed Eleonora Ciliberti hanno tenuto l’arringa per Coffrini: “Le condotte contestate sugli atti amministrativi non sono addebitabili a lui e comunque non ebbero alcun effetto sul rafforzamento della cosca”, ha sostenuto la difesa. “Abbiamo censurato un aspetto molto pericoloso – dichiara L’Insalata –. Coffrini è imputato solo per aver manifestato liberamente il proprio pensiero e aver sostenuto che non tutti i brescellesi erano mafiosi e che in paese non si avvertiva in modo pressante la presenza della ‘ndrangheta”. L’ex sindaco ha reso interrogatorio nella scorsa udienza. Hanno preso la parola anche gli avvocati difensori di Vezzani, Alessio Fornaciari e Valeria Miari: “Le condotte vanno valutate in base al patrimonio conoscitivo sulla cosca disponibile all’epoca: allora non si parlava ancora della ‘ndrangheta come mafia mimetica e affaristica. Vezzani comunque fece tutto ciò che allora era nelle sue possibilità. Ad esempio delibere di giunta per chiedere la certificazione antimafia con la Prefettura e protocolli per la legalità con altri Comuni. Parlò anche con l’ufficio tecnico del Comune dicendo di star attenti alle persone con cui avevano a che fare”. La difesa ha rilevato un altro aspetto: “Quando Vezzani si candidò nel 2009, la lista elettorale antagonista fui creata da Alfonso Diletto”, condannato per mafia in ‘Aemilia’, “che inserì la figlia Jessica”: “Ma se Vezzani, come sostiene la Dda, era vicino alla mafia, perché fare gruppi politici in competizione?”. Ci si è soffermati a lungo anche sulla lettera del 2009 in cui Vezzani difendeva la comunità calabrese contro gli articoli di stampa, a partire da quelli sul Qn e sul Carlino, e che Francesco Grande Aracri voleva recuperare per i suoi processi. “Quella missiva – ha sostenuto Fornaciari – non voleva legittimare la ‘ndrangheta, ma rispondere ai pezzi giornalistici: lui firmò la lettera, i consiglieri di maggioranza il volantino. Poi Vezzani, intervistato dal Carlino, fece un appello dicendo che bisognava rimanere vigili e denunciare”.

PATTEGGIAMENTI Mauro Usuardi (1947), nato a Suzzara (Mn) e residente a Parma, nella veste di commercialista revisore legale, ha patteggiato 4 anni e 9mila euro di multa ma senza l’aggravante mafiosa: lui, difeso dall’avvocato Marco Rossi, è l’unico, ieri, a cui è stata depennata. “Nell’agosto-settembre 2016, tra Reggio e Parma, in concorso con altri sei tra cui Salvatore Grande Aracri e l’ex presidente del consiglio comunale di Piacenza Giuseppe Caruso – entrambi già condannati per associazione mafiosa di ‘Grimilde’ – aveva contribuito a trasferire denaro di provenienza delittuosa dalla società italo-maltese Maloa. Usuardi avrebbe messo a disposizione la propria carta prepagata con Iban lussemburghese e ricevuto soldi dalla Maloa per 100.256 euro. Avrebbe trattenuto per se’ 5mila euro e smaltiti i restanti 95mila euro a Grande Aracri, ai fratelli Giuseppe e Albino Caruso, Pascal Varano, Claudio Bologna e Leonardo Villirillo’. Hanno concordato 9 mesi, in continuazione con la condanna nell’abbreviato di ‘Grimilde’, Giuseppe Caruso e Albino Caruso, Pascal Varano, Devid Sassi, Claudio Bologna e Leonardo Villirillo. Ha patteggiato un anno e mezzo Salvatore Grande Aracri. Pena di 4 mesi per Paolo Pucci (1957) per minacce a sfondo mafioso a Franco Conte per la sua testimonianza resa nel processo.



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