Lavori green, a caccia delle tecnologie per controllare alberi e piante


Durante gli studi, per arrotondare consegnavo pizze e sushi… le compagnie di delivery me le sono girate tutte. Poi ho conosciuto Riccardo Valentini, dell’Università della Tuscia, che mi ha detto: ‘Possibile che non ci sia un altro modo? Vieni a lavorare con noi’. Ho accettato il suo invito”. Ora Valerio Coppola si occupa di ricerca e sviluppo all’interno di Nature 4.0, azienda specializzata in “tecnologie wireless per la ricerca e le operazioni in ambito ambientale, forestale, agricolo, marino e faunistico”.

”È nata come una startup, da un’idea del professor Valentini. Ora siamo passati tra le piccole e medie imprese e ci lavoriamo in una quindicina di persone”, racconta Coppola. L’origine è tutta interna al mondo accademico: “C’era sempre qualche professore che chiedeva: servirebbe un sensore per fare queste misure, per monitorare queste variabili. La nostra azienda nasce per dare risposte a tali richieste”.

Valerio Coppola, 26 anni, di Viterbo si occupa del settore Ricerca e sviluppo di Nature 4.0 

Di sensori, i “ragazzi” di Nature 4.0 ne hanno costruiti ormai tanti e di successo, non solo tra gli studiosi di università ed enti di ricerca. “Il nostro prodotto di punta si chiama Treetalker”, spiega Coppola. “Prima che arrivassimo noi sul mercato c’erano molti dispositivi che servivano per il monitoraggio delle piante, ma sempre molto costosi. Noi abbiamo cercato di farli low cost e che mettessero insieme molte funzioni, normalmente distinte in strumenti diversi. Il nostro Treetalker misura flusso della linfa, crescita radiometrica dell’albero, luce trasmessa dalla chioma, temperatura-umidità, oscillazione del tronco: il pacchetto completo costa sui 5-600 euro, mentre sul mercato si trovano sonde singole a 1000-1500 euro”. Offrire un unico strumento alla metà del prezzo di un singolo sensore ha dato al Treetalker un grande vantaggio competitivo: “Il low cost è fondamentale, perché spesso di questi sensori ne servono 10-15 se vuoi monitorare un pezzo di uliveto o di bosco”, conferma Coppola.

Ma non è solo una questione di marketing: “Ci interessa anche molto la democratizzazione della tecnologia: cioè rendere il più possibile accessibili i nostri dispositivi”. Coppola ha una laurea in Fisica della materia condensata. Ora sta studiando per conseguire il dottorato di ricerca. E intanto lavora in azienda: “Mi piace il mix di ricerca fatta a livello accademico e all’interno di una impresa. Per il mio lavoro prendo bonus a progetto, in Nature 4.0 ci sono anche dipendenti con un vero stipendio”, racconta.

La sfida è spingere sempre un po’ più in avanti la frontiera dell’innovazione: “Ora c’è l’idea di usare i Treetalker per creare gemelli digitali dei singoli alberi. E poi utilizzare i dati degli alberi vicini per studiare quali sinergie hanno tra loro. In un altro progetto, in collaborazione con il Cnr, fondazione Mach e un centro di ricerca a Bucarest, usiamo i Treetalker come validazione a terra dei dati satellitari relativi alla vegetazione. I satelliti ci danno tantissime informazioni, ma è necessario avere dati reali presi a terra con cui ‘calibrarle’”, spiega Coppola. E le aziende private hanno mostrato interesse per i vostri strumenti? “Ci chiedono il Croptalker, che monitora la crescita delle piante”, risponde il ricercatore.

In un progetto abbiamo varie colture monitorate e sperimentiamo diverse tecniche di irrigazione: acqua a giorni alterni, oppure la sola pioggia… e vediamo qual è la più efficiente, in base alla crescita in altezza, alla temperatura fogliare alla luce trasmessa dalle foglie…

Un altro progetto prevede l’uso di una Intelligenza artificiale green. «Inizieremo una linea di ricerca sull’uso della Ai analogica», dice Coppola. “Nel digitale servono tantissimi processori, che fanno calcoli in serie. Questo enorme numero di chip si traduce un grandissimo consumo di energia. Con l’analogico i calcoli si fanno in parallelo e si risparmia energia”.

Ma a cosa serve l’Ai nel vostro ambito? “Noi misuriamo tanti parametri in tante piante, l’Ai può tirare fuori un modello che descrive quello che sta succedendo. Per esempio riconoscere quando una pianta è sotto stress: alleno un algoritmo a riconoscere quando la pianta sta iniziando a soffrire”.

Questo tipo di attività può creare nuova occupazione? “Certamente lavorare in una azienda del genere è uno stimolo per i ricercatori a rimanere in Italia, viste le note difficoltà di università ed enti. Ma è un’opportunità anche per figure intermedie: nella nostra azienda abbiamo cinque tecnici, tre nella produzione industriale e due nel settore tecnico. Sanno costruire e installare i dispositivi, hanno una conoscenza pratica utilissima”. E lei immaginava, quando studiava fisica, che si sarebbe inventato un lavoro green? “Forse avrei potuto immaginarlo: mia madre lavora al Wwf e mio padre è un documentarista”.



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