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Le imprese possono ottenere l’esenzione dall’accisa sull’energia elettrica destinata ai consumi ausiliari delle centrali di produzione anche in assenza di un’autorizzazione preventiva, a condizione che siano in grado di fornire adeguata prova della destinazione dell’energia.
La Cassazione su esenzione accisa per energia elettrica
Il caso esaminato
Con ordinanza n. 5165 del 27 febbraio 2027, la Corte di cassazione, Sezione Tributaria, si è pronunciata su una controversia riguardante un avviso di pagamento emesso dall’Agenzia delle Dogane per l’omesso versamento dell’accisa sull’energia elettrica fornita a un cliente nel triennio 2017-2019.
Il fornitore aveva applicato l’esenzione prevista dalla normativa, ritenendo che l’energia fosse destinata ai consumi ausiliari di una centrale di produzione.
L’Agenzia, tuttavia, contestava tale esenzione, sostenendo che non era stata fornita prova dell’utilizzo esclusivo dell’energia per scopi esenti e che non erano state rispettate le procedure amministrative richieste.
La Commissione Tributaria Provinciale aveva respinto il ricorso della contribuente, confermando il pagamento dell’accisa. In appello, tuttavia, la Commissione Tributaria Regionale aveva invece riconosciuto l’esenzione, ritenendo adeguata la documentazione presentata dal fornitore dell’energia.
L’Agenzia delle Dogane ha quindi impugnato questa decisione davanti alla Corte di Cassazione, ribadendo che la società non aveva fornito adeguata dimostrazione dell’utilizzo esclusivo dell’energia per fini esenti e che la normativa imponeva specifiche procedure di richiesta e controllo.
La decisione della Cassazione
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’Agenzia delle Dogane, confermando la validità della decisione della Commissione Tributaria Regionale.
Nella sua motivazione, la Corte ha evidenziato che l’esenzione dall’accisa sull’energia elettrica è prevista dalla normativa vigente quando l’energia è destinata ai consumi ausiliari di una centrale di produzione.
Ha inoltre chiarito che l’ottenimento di tale esenzione non è subordinato a un’autorizzazione preventiva da parte dell’Ufficio doganale, in quanto la legge non richiede esplicitamente questo passaggio.
Secondo i giudici di legittimità, il diritto all’esenzione ha carattere sostanziale e non dipende esclusivamente dal rispetto di obblighi dichiarativi o autorizzativi.
Ciò significa che, se il contribuente è in grado di fornire prova dell’effettivo utilizzo dell’energia per scopi esenti attraverso documenti alternativi, come licenze, verbali tecnici e collaudi, l’agevolazione non può essere negata.
Nel caso specifico, la Commissione Tributaria Regionale aveva accertato che il fornitore aveva prodotto documentazione sufficiente a dimostrare la destinazione dell’energia a usi esenti, confermando così la legittimità della sua condotta.
La Corte di Cassazione, ciò posto, ha ribadito un principio già affermato in precedenti pronunce, secondo cui il mancato rispetto di adempimenti formali non è di per sé motivo sufficiente per negare un’esenzione fiscale, purché la sussistenza dei requisiti sostanziali sia dimostrata con altri strumenti probatori.
Tuttavia, pur riconoscendo il diritto del contribuente all’esenzione, la Corte ha sottolineato che la mancata osservanza degli obblighi dichiarativi previsti dalla normativa può comunque avere conseguenze sotto il profilo sanzionatorio.
In particolare, nel caso in cui l’energia elettrica sia destinata sia a usi esenti che a usi soggetti ad imposta, il fornitore è tenuto a comunicare all’autorità doganale tutte le informazioni necessarie per garantire che l’energia esente non venga utilizzata per scopi diversi da quelli dichiarati.
L’omissione di tali comunicazioni non pregiudica il diritto all’esenzione, ma può giustificare l’applicazione di sanzioni amministrative, come previsto dalla normativa di settore.
Nel caso in esame, tuttavia, non era stata irrogata alcuna sanzione, e la questione si limitava alla contestazione dell’esenzione.
Nel dispositivo finale, la Cassazione ha confermato la validità dell’esenzione applicata dal contribuente e ha rigettato il ricorso dell’Agenzia delle Dogane.
Considerata la complessità della questione, la Suprema Corte ha disposto la compensazione delle spese tra le parti.
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