Prisca Augustoni, i versi dentro i conflitti in un mondo di “reduci del futuro”


C’è uno sguardo particolarmente vigilie nell’attuale poesia, ed è quello di Prisca Agustoni: origini svizzere e una vita ormai da molti anni in Sudamerica, precisamente in Brasile, dove insegna letteratura. È forse questo insieme di mondi che permette a tale poetessa di porre attenzione agli spazi, ai vuoti, alle fratture, cioè proprio nei punti esatti dove la poesia dovrebbe insinuarsi.

Il mondo per come lo conosciamo è fatto di consumo e di consumo della natura. E nella natura sta inevitabilmente anche l’uomo, sia da essere usurato, sia da carnefice consumatore.

“Inevitabilmente” la natura umana vive del consumo, conosce una sete di potere che non è solo politico ed economico, ma che vive di estreme conseguenze, come il martirio umano in nome di questa o quell’altra guerra. Per fame di conquista i nuovi Alessandro Magno cercano di rubarsi luoghi, terreni. Abbiamo bisogno di guerre? Noi esseri consumabili certamente no, qualcuno per continuare la propria pratica di espansione decisamente sì. Così funziona nei conflitti internazionali e così accade quando qualcuno decide di cementificare, di togliere spazio alla natura, uno spazio fisico e visivo, un vuoto che non andrebbe colmato.

La comunità che racconta Prisca Agustoni attende una nuova espansione di costruzioni e cemento conscia dei danni che porterà all’ambiente e di quello che andrà a togliere al territorio. Dunque c’è davvero bisogno di questa ricerca di conquista? Ogni anno abbandoniamo aree produttive e residenziali, quartieri dormitorio e fabbriche vengono dismesse e nuovi affari vengono fatti creando ecomostri, rubando spazi alla natura. Quanto è grande la sete di potere, quanto la necessità di consumo, di ottenere profitto dal depauperamento! Solo una società lontana dal mito economico, dal benessere del singolo a discapito della collettività può capire pienamente questo passaggio.

Guerre, denaro, ambiente, tutto si somma nella contemporaneità, tutto ci rende totalmente infelici: le luci delle città bombardate non sono molto diverse da quelle dei nuovi centri commerciali che solo dopo pochi anni si disgregano come una città in conflitto.

Chi sono dunque gli animali (antropomorfi) che sembrano permeare la poesia di Prisca Agustoni? Il confine tra aggredito e aggressore è ancora una volta estremamente labile. A comportarsi come le bestie, e ben più delle bestie, sono infine gli esseri umani privati del loro raziocinio e della loro compassione. Ma se l’animale ragiona per puro istinto, la ferocia dell’uomo, ben rivelata dall’autrice e spesso latente, si manifesta nella calma e nella misura, nell’idea del “fare”, ma come dice il titolo alle estreme conseguenze.

 

 

erigere un nuovo edificio

sui relitti di una strana guerra:

lo si dovrà popolare

con i reduci del futuro,

 

i nostri figli, i nostri antenati

 

Dunque cosa ha di strano questa guerrra? Che sembra non esserci, invisibile oppure distante, sempre altrove e mai nelle nostre mani e certamente mai nelle nostre decisioni. Eppure questa guerra è vissuta nelle cicatrici dei nostri antenati che l’hanno vista in tutto il loro abominio, e verrà subita dai nostri figli e dalle generazioni ulteriori che pagheranno la nostra stupidità, la miopia e soprattutto il mancato coraggio. Così questo animale estremizzato e fragile perde ogni propria caratteristica di sopravvivenza arrivando a diventare semplicemente un oggetto da consumare e buttare senza alcun interesse. E così la natura viene ridotta a materia da modificare, come nella grande lezione di Elio Pagliarani e come nel più feroce, tenero, paradisiaco monito di Andrea Zanzotto da cui anche Prisca Agustoni parte riportando correttamente un passaggio fondamentale sul paesaggio: colpirlo significa annientare l’uomo, mangiarsi tra animali della stessa specie, e senza ipotesi di futuro.

Dovremmo avere il coraggio di smettere di correre verso le armi, verso il cemento, il coraggio di negare ogni forma di conflitto in maniera coesa, estrema. Dovremmo essere contrari ad ogni tipo di meschinità umana e infine, proprio come questo libro ci ricorda, dovremmo guardare attraverso gli spazi la natura, ben meno ostile rispetto a quello che l’uomo è in grado di fare nella sua enorme, moderna miopia.

 

Prisca Agustoni

L’animale estremo

Interno Poesia 2025.



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