quali novità per le imprese?


Il 26 febbraio 2025, la Commissione Europea, presentando il c.d. “pacchetto omnibus” volto ad alleggerire il “Green Deal”, ha dichiarato di voler procedere alla modifica alla disciplina della rendicontazione di sostenibilità, intervenendo in particolare sulla Direttiva (UE) 2022/2464 (c.d. CSRD) e sulla Direttiva (UE) 2024/1760 (la c.d. CS3D). Ecco quali saranno le novità e gli impatti più significativi per le imprese.

Dopo l’emanazione della Direttiva (UE) 2022/2464 sulla rendicontazione societaria di sostenibilità e la Direttiva (UE) 2024/1760 sulla due diligence aziendale, la Commissione Europea ha reso noto in data 26 febbraio 2025 due proposte di modifica alle citate Direttive con l’obiettivo di:

– ridurre il numero di imprese destinatarie delle stesse;

– ridurre gli oneri amministrativi a carico delle imprese;

– semplificare la normativa relativa alla sostenibilità.

In particolare, atteso che, secondo l’articolo 19 bis della Direttiva (UE) 2022/2464 è previsto che “Le imprese di grandi dimensioni e le piccole e medie imprese, ad eccezione delle microimprese, che sono enti di interesse pubblico ai sensi dell’articolo 2, punto 1), lettera a), includono nella relazione sulla gestione informazioni necessarie alla comprensione dell’impatto dell’impresa sulle questioni di sostenibilità, nonché informazioni necessarie alla comprensione del modo in cui le questioni di sostenibilità influiscono sull’andamento dell’impresa, sui suoi risultati e sulla sua situazione”, è stato proposto di innalzare la soglia dimensionale dell’obbligatorietà di predisposizione della rendicontazione di sostenibilità (o “bilancio di sostenibilità” o “dichiarazione di sostenibilità”) alle imprese con più di 1.000 dipendenti, riducendo così il numero di imprese coinvolte di circa l’80%.

Ai sensi dell’articolo 1 del Decreto Legislativo 6 settembre 2024, n. 125 recante “Attuazione della direttiva 2022/2464/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 14 dicembre 2022, recante modifica del regolamento 537/2014/UE, della direttiva 2004/109/CE, della direttiva 2006/43/CE e della direttiva 2013/34/UE per quanto riguarda la rendicontazione societaria di sostenibilità”, le attuali soglie dimensionali rilevanti per l’individuazione delle imprese soggette alla pubblicazione della rendicontazione societaria di sostenibilità sono le seguenti:

a) «micro-imprese»: le società che alla data di chiusura del bilancio non abbiano superato, nel primo esercizio di attività o successivamente per due esercizi consecutivi, due dei seguenti limiti:

1) totale dello stato patrimoniale: euro 450.000;

2) ricavi netti delle vendite e delle prestazioni: euro 900.000;

3) numero medio dei dipendenti occupati durante l’esercizio: 10;

b) «piccole e medie imprese quotate»: le società con valori mobiliari ammessi alla negoziazione su mercati regolamentati italiani o dell’Unione europea che alla data di chiusura del bilancio, nel primo esercizio di attività o successivamente per due esercizi consecutivi, rientrino in almeno due degli intervalli di seguito indicati:

1) totale dello stato patrimoniale: superiore a euro 450.000 e inferiore a euro 25.000.000;

2) ricavi netti delle vendite e delle prestazioni: superiore a euro 900.000 e inferiore a euro 50.000.000;

3) numero medio dei dipendenti occupati durante l’esercizio: non inferiore a 11 e non superiore a 250;

c) «imprese di grandi dimensioni»: le società che alla data di chiusura del bilancio abbiano superato, nel primo esercizio di attività o successivamente per due esercizi consecutivi, due dei seguenti limiti:

1) totale dello stato patrimoniale: euro 25.000.000;

2) ricavi netti delle vendite e delle prestazioni: euro 50.000.000;

3) numero medio dei dipendenti occupati durante l’esercizio: 250;

d) «gruppo di grandi dimensioni»: gruppi composti da una società madre e società figlie da includere nel bilancio consolidato e che, su base consolidata, alla data di chiusura del bilancio della società madre superano, nel primo esercizio di attività o successivamente per due esercizi consecutivi, i limiti numerici di almeno due dei tre criteri seguenti:

1) totale dello stato patrimoniale: euro 25.000.000;

2) ricavi netti delle vendite e delle prestazioni: euro 50.000.000;

3) numero medio dei dipendenti occupati durante l’esercizio: 250.

Si rammenta che l’attuale tempistica prevista per fornire le informazioni relative alla sostenibilità da parte delle imprese destinatarie è la seguente:

1° gennaio 2024 – grandi società quotate con oltre 500 dipendenti (già soggette alla Direttiva 2014/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2014, recante modifica della direttiva 2013/34/UE per quanto riguarda la comunicazione di informazioni di carattere non finanziario e di informazioni sulla diversità da parte di talune imprese e di taluni gruppi di grandi dimensioni), incluse grandi società quotate extra-UE con più di 500 dipendenti e filiali nell’UE. Il bilancio di sostenibilità dovrà essere pubblicato a partire da gennaio 2025;

1° gennaio 2025 – grandi società non quotate (non soggette alla Direttiva 2014/95/UE), con pubblicazione del bilancio di sostenibilità a partire da gennaio 2026;

1° gennaio 2026 – piccole e medie imprese quotate e altri enti di interesse pubblico, con pubblicazione del bilancio di sostenibilità a partire da gennaio 2027;

1° gennaio 2028: società extra-UE con un fatturato di almeno €150 milioni generato all’interno dell’Unione Europea, con pubblicazione del bilancio di sostenibilità da gennaio 2029.

In base alle proposte di modifiche contenute nel c.d. pacchetto omnibus presentato il 26 febbraio 2025, le PMI quotate possono beneficiare di una proroga di due anni e saranno soggette a standard meno rigorosi rispetto alle grandi imprese. Questo gruppo di imprese deve seguire la versione LSME dei principi di rendicontazione contabile della sostenibilità (ESRS).

Le società esonerate potranno, tuttavia, scegliere di riportare volontariamente utilizzando standard di rendicontazione della sostenibilità semplificati. Questa modifica allinea la portata della Direttiva (UE) 2022/2464 è con quella della Direttiva (UE) 2024/1760, garantendo maggiore coerenza tra le due normative.

Si rammenta che per le PMI sono stati individuate apposite informazioni sulla sostenibilità denominate VSME (Voluntary Sustainability Reporting Standard for non-listed SMEs) elaborate dall’EFRAG e progettate per micro, piccole e medie imprese non quotate e non soggette alla CSRD. Ne consegue che le imprese non soggette alla CSRD non dovranno fornire informazioni che eccedano quelle previste dallo standard VSME.

Con l’ulteriore obiettivo di ridurre gli oneri amministrativi a carico delle imprese, la Commissione Europea ha previsto di ridurre la numerosità dei dati richiesti dai principi contabili di rendicontazione della sostenibilità elaborati dall’EFRAG (ESRS), di semplificare l’applicazione del principio di materialità, di evitare di far gravare sulle imprese di piccole dimensioni gli obblighi di rendicontazione sulla sostenibilità applicabili alle grandi imprese e, da ultimo, di posticipare di due anni (fino al 2028) gli obblighi di rendicontazione per le aziende che attualmente rientrano nel campo di applicazione della Direttiva e che sono tenute a rendicontare la sostenibilità a partire dal 2026 o dal 2027.

Oltre alle modifiche alla normativa dell’Unione Europea relativa alla rendicontazione di sostenibilità, recepita – come noto – nel nostro Paese con il Decreto Legislativo 6 settembre 2024, n. 125, il pacchetto omnibus attiene anche alla Direttiva (UE) 2024/1760 relativa al dovere di diligenza delle imprese intervenendo sulla due diligence in materia di sostenibilità.

Si rammenta che l’articolo 3 della Direttiva (UE) 2024/1760 richiede che ciascuna società eserciti il dovere di diligenza basato sul rischio in materia di diritti umani e ambientale (il «dovere di diligenza») mediante:

a) integrazione del dovere di diligenza nelle proprie politiche e nei propri sistemi di gestione dei rischi;

b) individuazione e valutazione degli impatti negativi effettivi o potenziali sull’ambiente o sui diritti umani;

c) prevenzione e attenuazione degli impatti negativi potenziali e arresto degli impatti negativi effettivi e minimizzazione della relativa entità;

d) riparazione degli impatti negativi effettivi;

e) svolgimento di un dialogo significativo con i portatori di interessi (ossia dipendenti della società, dipendenti delle sue filiazioni, sindacati e rappresentanti dei lavoratori, consumatori e altre persone fisiche, gruppi, comunità o soggetti i cui diritti o interessi sono o potrebbero essere lesi dai prodotti, dai servizi e dalle attività della società, delle sue filiazioni e dei suoi partner commerciali, compresi i dipendenti dei partner commerciali e i rispettivi sindacati e rappresentanti dei lavoratori, le istituzioni nazionali in materia di diritti umani e ambiente, le organizzazioni della società civile le cui finalità includono la protezione dell’ambiente e i legittimi rappresentanti di tali persone fisiche, gruppi, comunità o soggetti);

f) instaurazione e mantenimento di un meccanismo di notifica e una procedura di reclamo;

g) monitoraggio dell’efficacia della politica e delle misure relative al dovere di diligenza;

h) comunicazione pubblica sul dovere di diligenza conformemente all’articolato della Direttiva (UE) 2024/1760 (non ancora recepita dal nostro Paese. Tale Direttiva deve essere adottata dagli Stati membri entro il 26 luglio 2026).

Si rammenta che, ai sensi dell’articolo 3 della Direttiva, per catena di attività si intende:

– attività di un partner commerciale a monte di una società inerenti alla produzione di beni o alla prestazione di servizi da parte di tale società, compresi la progettazione, l’estrazione, l’approvvigionamento, la produzione, il trasporto, l’immagazzinamento e la fornitura di materie prime, prodotti o parti di prodotti e lo sviluppo del prodotto o del servizio; e

– attività di un partner commerciale a valle di una società inerenti alla distribuzione, al trasporto e all’immagazzinamento del prodotto di tale società, laddove i partner commerciali svolgano tali attività per la società o a nome della società, a eccezione della distribuzione, del trasporto e dell’immagazzinamento del prodotto soggetto al controllo delle esportazioni a norma del regolamento (UE) 2021/821 o a controlli delle esportazioni relativi ad armi, munizioni o materiali bellici, una volta che l’esportazione del prodotto sia stata autorizzata;

La proposta di modifica alla Direttiva (UE) 2024/1760è finalizzata, anche in questo caso a:

semplificare gli obblighi di due diligence in materia di sostenibilità in modo che le aziende che rientrano nel campo di applicazione evitino complessità e costi inutili, ad esempio concentrando gli obblighi sistematici di due diligence sui partner commerciali diretti e riducendo la frequenza delle valutazioni periodiche e del monitoraggio dei loro partner da annuale a quinquennale, con valutazioni ad hoc ove necessario;

ridurre gli oneri e gli effetti di trascinamento per le PMI e le piccole società a media capitalizzazione, limitando la quantità di informazioni che possono essere richieste come parte della mappatura della catena del valore da parte delle grandi aziende.

Ulteriormente, al fine di fornire più tempo per prepararsi a rispettare i nuovi requisiti, è previsto diposticipare di un anno (al 26 luglio 2028) l’applicazione dei requisiti di due diligence di sostenibilità per le aziende più grandi e anticipando di un anno (al luglio 2026) l’adozione delle linee guida.

Si rammenta, conclusivamente, che l’articolo 7 della Direttiva (UE) 2024/1760 richiede che il dovere di diligenza venga integrato nelle politiche e nei sistemi di gestione dei rischi della società. È altresì richiesto che ciascuna società predisponga una politica relativa al dovere di diligenza che garantisca un dovere di diligenza basato sul rischio previa consultazione con i dipendenti della società e i loro rappresentanti. La politica relativa al dovere di deve contenere i seguenti elementi:

a) una descrizione dell’approccio della società al dovere di diligenza, anche a lungo termine;

b) un codice di condotta che illustri le norme e i principi cui devono attenersi l’intera società e le sue filiazioni, nonché i partner commerciali diretti o indiretti della società;

c) una descrizione delle procedure predisposte per l’integrazione del dovere di diligenza nelle pertinenti politiche della società e per l’esercizio del dovere di diligenza, comprese le misure adottate per verificare il rispetto del codice di condotta di cui alla lettera b) e per estenderne l’applicazione ai partner commerciali.

Ogni società deve aggiornare la propria politica relativa al dovere di diligenza senza ritardi al verificarsi di un cambiamento significativo e deve riesaminare e, se necessario, aggiornare la politica almeno ogni 24 mesi.

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