Siccità, prospettive non buone per il Sud – Economia e politica


Lo spettro lugubre della siccità allunga nuovamente la sua ombra sulle campagne del Mezzogiorno dItalia ed è già iniziata la danza macabra delle previsioni negative: se continuasse a non piovere a sufficienza, potrebbe essere una delle peggiori estati di sempre per importanti settori dell’agricoltura meridionale, complice anche la destinazione d’uso plurimo di molti invasi, che danno acqua contemporaneamente alle abitazioni, alle industrie e alle campagne.

 

Tra le regioni più colpite dalla scarsità d’acqua vi sono la Puglia e la Basilicata, dove gli invasi registrano livelli assolutamente insoddisfacenti, essendo trascorso invano l’inverno. Sul banco degli imputati le mancate piogge e le conseguenti riduzioni di portata dei fiumi che alimentano gli invasi.

Ma anche le isole maggiori lamentano ancora problemi: in Sicilia è ancora allarme siccità, nonostante i bacini siano in ripresa a marzo e così pure in Sardegna, dove però si riscontra una pesante situazione di deficit nel comprensorio irriguo della Nurra.

 

Puglia, Emiliano lancia nuovo Sos al Governo

In Puglia impietosi sono i numeri forniti dal Consorzio per la Bonifica della Capitanata: all’11 marzo 2025, a fronte di quasi 332 milioni di metri cubi di capacità utile, nei quattro bacini di Occhito sul Fortore, Marana Capacciotti, Capaccio sul Celone e San Pietro sull’Osento ci sono appena 78 milioni 558mila e 520 metri cubi d’acqua. Il confronto con il 2024, altro anno di siccità, è sconcertante, perché all’11 marzo dell’anno scorso negli stessi quattro invasi c’erano ben 180 milioni, 665mila e 380 metri cubi d’acqua: il 43,5% in più. Nel 2024 il Consorzio riuscì a dare l’acqua per irrigare fino a metà agosto, ma quest’anno la prospettiva è ancora più severa.

 

Infatti, il presidente del Consorzio, Giuseppe De Filippo, ascoltato in Consiglio Regionale, ha dichiarato che l’insufficienza idrica dovuta alla mancanza di pioggia è già tale da far prevedere l’impossibilità di avviare la stagione irrigua nei campi, che interessa il 30% del comprensorio consortile. Questo perché si tratta di una situazione nella quale, al momento, insistono forti dubbi sulla sufficienza degli invasi a soddisfare il fabbisogno idropotabile della provincia di Foggia.

 

Il mancato avvio della stagione irrigua avrebbe un impatto negativo sull’economia agricola della provincia devastante: l’Anbi calcola almeno 1,4 miliardi di euro di danni, più tutto l’indotto, su un fatturato complessivo di circa 7 miliardi. Solo sul pomodoro da industria, si stima una produzione inferiore di almeno il 25% rispetto allo scorso anno. E la scarsità di piogge rischia di tagliare anche la produzione di grano duro.

 

Ieri, 11 marzo 2025, il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, illustrando in Consiglio Regionale una delibera di Giunta adottata per fronteggiare la situazione di emergenza che si è delineata, ha sottolineato: “Se riuscissimo ad avere una maggiore propensione da parte di tutti a utilizzare i reflui depurati e affinati che noi possiamo già consegnare, utilizzabili per l’agricoltura, sarebbe un grande passo avanti: sono circa 200 milioni di metri cubi che, se distribuiti con intelligenza, ci darebbero un po’ di sostegno. Sono solo una parte, il fabbisogno irriguo complessivo è di 800 milioni. Ma se noi li utilizzassimo tutti, la gran parte dei disagi che rischiamo di avere nel 2025 sarebbero fortemente attutiti“.

 

A ben vedere, in tutto il lungo intervento del presidente Emiliano è l’unica potenziale buona notizia per il settore agricolo. Infatti, tra gli interventi immediati il presidente cita un “meccanismo di sostegno agli agricoltori che subiscono danni a causa della scarsità idrica”. Ma non solo: a fronte delle richieste delle organizzazioni agricole, in particolare di Confagricoltura Puglia, di non far emettere i ruoli del tributo di bonifica al Consorzio Centro Sud Puglia, per via dei mancati benefici ai fondi, Emiliano ha replicato: “noi non possiamo togliere quel tributo, possiamo solo sostituirlo con un prestito.

 

Per quanto riguarda il vasto piano di investimenti a medio termine per ridare acqua alla Puglia, Emiliano prevede un fabbisogno di circa 2 miliardi di euro, ma “stiamo spendendo 735 milioni e ammette: mancano 1,3 miliardi per completare le opere definite come “minimo indispensabile“. Nel programma di Emiliano c’è di tutto, anche una miriade di interventi su strutture poste fuori regione, ma che forniscono acqua alla Puglia, e ribadisce pertanto la necessità di un intervento del Governo, già sollecitato con la lettera del 30 gennaio scorso per quanto riguarda la fornitura d’acqua dalla diga del Liscione.

 

Ultima chicca, sta per partire in Puglia una “campagna di controllo sul territorio regionale dei prelievi abusivi dai pozzi“, segno evidente che si sta raschiando il fondo del barile e che la situazione che si prospetta è critica.

 

Acque del Sud, bacini in deficit

La società Acque del Sud gestisce – prevalentemente in Basilicata – ben 10 dighe che all’11 marzo hanno disponibili 265 milioni e 419mila 296 metri cubi d’acqua e che in queste ultime settimane stanno recuperando un po’ a causa delle piogge. Ma l’anno scorso nello stesso giorno dietro le paratoie e in quegli stessi bacini c’erano ben 361 milioni e 799mila 826 metri cubi d’acqua, il 36% in più e si era già in siccità.

 

A fare la differenza sono soprattutto gli invasi di Monte Cotugno dove è sbarrato il fiume Sinni – il più grande in quanto a capacità – dove il deficit è di oltre 61 milioni di metri cubi, e quello del Pertusillo, qui la diga sbarra il fiume Agri: si contano oltre 19,6 milioni di metri cubi d’acqua in meno.

 

In pesante deficit anche l’invaso di Conza della Campania in provincia di Avellino – che ritiene le acque dell’Ofanto – dove mancano all’appello altri 17 milioni di metri cubi. Da questi tre invasi, è bene ricordarlo, parte una quota significativa dell’acqua che giunge in Puglia, anche per scopi irrigui.

 

Ma la situazione si complica anche nella regione Basilicata, perché tali cifre mettono in discussione tutta l’agricoltura irrigua dell’area ionica.

Non a caso, giusto ieri, 11 marzo 2025, Coldiretti Basilicata ha chiesto “La nomina di un commissario che abbia la delega per la gestione e il superamento dell’emergenza idrica, con particolare riferimento agli interventi di urgenza”. È questo il contenuto di una lettera inviata al governatore lucano, Vito Bardi, e agli assessori regionali all’Agricoltura, Carmine Cicala, e all’Ambiente, Laura Mongiello, da parte dell’organizzazione agricola lucana. “Una necessità – si legge in una nota stampa di Coldiretti Basilicata – per far fronte a quella che già si manifesta come una crisi idrica di notevolissime dimensioni e parimenti una stagione di forti proteste del mondo agricolo che vede l’impossibilità a raggiungere i propri obiettivi produttivi”.

 

Per la Coldiretti Basilicata, il commissario dovrebbe occuparsi, tra l’altro, “dello snellimento di tutte le procedure che possano consentire ove necessario: l’attingimento dell’acqua dai corsi d’ acqua, interventi per la salvaguardia del patrimonio zootecnico regionale, facilitazione delle procedure di autorizzazione per la trivellazione di pozzi d’acqua destinati alla salvaguardia delle colture; ristori economici alle aziende per i danni che eventualmente potrebbero subire e ogni altro intervento da eseguire con urgenza per la salvaguardia delle imprese agricole”.

 

Sicilia, bacini in parziale ripresa

La Sicilia, nei recenti due mesi, avendo tratto beneficio da piogge abbondanti, continua, seppur lentamente, a migliorare la situazione idrica, superando i 331 milioni di metri cubi nello stock di riserve d’acqua (47,5% dei volumi invasabili) di cui, però, meno di 210 milioni sono realmente utilizzabili stando ai dati dei primi di marzo comunicati dall’Autorità di Bacino del Distretto Idrografico della Sicilia all’Anbi. Un dato in recupero di quasi 63 milioni di metri cubi rispetto al 1° febbraio scorso, quando lo stock di riserve d’acqua era pari a 268,21 milioni di metri cubi.

 

Si tratta di uno scenario ancora di siccità, dato che la media dei volumi stoccati in questo periodo dell’anno dal 2010 al 2024 si aggira infatti sui 450 milioni di metri cubi, ma intanto giunge una buona notizia.

 

“Il Ministero delle Infrastrutture ci ha appena informati che, preso atto degli esiti positivi di prima fase delle valutazioni, delle analisi e delle verifiche geotecniche e strutturali effettuate dalla Regione Siciliana, ha sospeso il provvedimento di messa fuori esercizio della Diga Trinità di Castelvetrano“. Questo l’annuncio del 10 marzo scorso del presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani, dopo aver ricevuto la comunicazione del Mit che lo scorso 14 gennaio aveva deciso la chiusura dell’invaso. Nell’attesa che vengano completate le attività di verifica e calcolo, nonché le ulteriori verifiche di sicurezza dei cunicoli di ispezione e di drenaggio, quindi il livello dell’acqua all’interno della diga potrà raggiungere di nuovo quota 62 metri, per un totale di 2 milioni e 500 mila metri cubi.

 

“Un provvedimento – ha aggiunto Schifani – per cui ci siamo impegnati molto, grazie anche al lavoro del commissario ad acta Salvo Cocina, che avrà immediate ricadute positive sugli oltre seimila ettari di territori che si riforniscono dall’invaso. La nostra attenzione resterà alta fino alla definitiva soluzione di questa vicenda”.

 

Sardegna, è emergenza nella Nurra

Anche in Sardegna le dighe regionali hanno visto affluire volumi idrici consistenti durante il mese di febbraio: 88,16 milioni di metri cubi in più. Restano però in emergenza i sistemi idrici dei territori sudoccidentali (nell’Alto-Cixerri invasi al 13,98% di riempimento, mentre Monte Pranu nel Basso Sulcis è al 38,15%) e nordoccidentali dell’isola, dove i cinque bacini trattengono il 44,81% dell’acqua invasabile. Vanno meglio le cose per Gallura, Alto Taloro, Ogliastra, Posada, dove i bacini sono pieni all’80% e, nel caso di Maccheronis, al 97,87%, stando ai dati forniti dall’Agenzia Regionale del Distretto Idrografico della Sardegna.

 

Non mancano però le situazioni di emergenza. È il caso del bacino della Nurra, per il quale il 10 marzo scorso si è tenuto a Cagliari un tavolo di crisi sull’emergenza idrica nei territori della Sardegna nordoccidentale. Al centro dell’incontro, presieduto dalla presidente della Regione Sardegna, Alessandra Todde, la scarsità di risorsa idrica accumulata nel sistema dei laghi del Temo, Cuga e Bidighinzu, che si attesta a circa 17,9 milioni di metri cubi, corrispondente a circa il 14% della capacità utile autorizzata, a cui si aggiungono gli interventi di manutenzione straordinaria programmati sugli acquedotti Coghinas I e Coghinas II, del sistema idrico multisettoriale regionale.

 

“La Regione sta compiendo i massimi sforzi – ha spiegato la presidente Todde – per garantire, anche con svariate opere provvisionali, il soddisfacimento delle domande idriche prioritarie, in primis quella potabile ed a seguire quella industriale, quella zootecnica e quella irrigua di alto valore ambientale ed economico”.

 

Alla riunione hanno partecipato – tra gli altri – gli assessori regionali della Difesa dell’ambiente, Rosanna Laconi, dell’Agricoltura, Gian Franco Satta, e dei Lavori pubblici, Antonio Piu e il Consorzio di Bonifica della Nurra.

 

La criticità in cui si trova il sistema della Nurra è dato dal fatto che il periodo nel quale possono ancora arrivare significativi input meteorologici è quasi al termine e che il volume attualmente invasato, pari a circa 18 milioni di metri cubi, deve essere opportunamente gestito poiché il comparto potabile allacciato ha una idroesigenza media annua che oscilla tra 18 e 20 milioni e non può essere alimentato da fonti alternative.

 

A questo si aggiungono importanti e urgenti lavori sugli acquedotti Coghinas I e Coghinas II, grazie ai fondi Pnrr in capo all’Enas, che dovranno essere ultimati improrogabilmente entro marzo 2026 e che durante il periodo aprile 2025-marzo 2026 imporranno un utilizzo solo parziale di questi acquedotti a causa di possibili disservizi. Per questo è opportuno che almeno 3,5 milioni di metri cubi vengano vincolati nel lago del Cuga all’utilizzo potabile per far fronte ad ogni eventualità, potendo così garantire più di un mese di autonomia in caso di emergenze e imprevisti.

 

“Per questo – ha sottolineato la presidente – è utile sin d’ora avviare una ricognizione sulle risorse locali potenzialmente utilizzabili, quali pozzi e sorgenti, che potranno aggiungersi a quelle già disponibili nel lago Surigheddu e a quelle derivanti dal riutilizzo delle acque reflue depurate e affinate provenienti dagli impianti di San Marco ad Alghero e Funtana Veglina a Sassari”.

 

La presidente, infine, d’intesa con gli assessori Satta e Piu, ha sollecitato tutti i soggetti coinvolti nel tavolo di crisi a fornire in tempi brevi ogni possibile proposta finalizzata al reperimento di risorse alternative aggiuntive ed al relativo utilizzo a vantaggio della collettività: “Invito, in particolare, il Consorzio di Bonifica della Nurra a predisporre uno scenario di erogazione che, pur tenendo conto delle limitate risorse a disposizione e delle difficoltà gestionali, miri a contenere i danni per le colture arbore, pluriennali e, naturalmente, salvaguardi l’abbeveraggio del bestiame”.



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