Stefano Barrese (Intesa Sanpaolo) spiega il rapporto tra imprese e il settore bancario in Italia




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Dal 2016 è a capo della divisione Banca dei Territori di Intesa Sanpaolo, una rete capillare con 45 mila dipendenti e 2.700 filiali. In quasi un decennio al vertice Stefano Barrese ha vissuto tutta l’ultima fase di profonde trasformazioni che stanno cambiando non soltanto il settore bancario ma anche il tessuto imprenditoriale italiano. In questa intervista a MF-Milano Finanza il manager racconta come le aziende stanno affrontando le sfide legate a sostenibilità, internazionalizzazione e innovazione, con un occhio in particolare all’impatto dell’intelligenza artificiale nel rapporto tra banche, imprese e clienti.

Domanda. Oggi si parla molto di eserciti. Sono andato a vedere di quante unità militari è composto l’esercito italiano: circa 90 mila. Ma c’è un altro esercito, di pace e prosperità, che conta 45 mila persone. Sono i dipendenti della Banca dei Territori, suddivisi in 2.700 filiali, con a capo Stefano Barrese. L’anno prossimo festeggerà dieci anni al vertice della divisione, giusto?

Risposta. Esatto, un bel traguardo.

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D. E in questi anni ha vissuto molti cambiamenti. Basti pensare ai tassi negativi, che sembravano impossibili, o ai temi della sostenibilità. L’anno scorso avete erogato 38 miliardi di nuovo credito, pari all’1,7% del pil italiano. Quali sono stati i momenti chiave che hanno cambiato il comportamento delle aziende? Quali sono oggi le loro priorità?

R. La prima cosa che noto, guardando il periodo dal 2013 – quando sono entrato in Banca dei Territori – e da quando ho assunto la responsabilità della divisione nel 2016, è una maturazione significativa sia delle aziende sia delle banche. Questa collaborazione è stata accelerata dagli eventi esterni: la pressione sui tassi, la pandemia, la guerra in Ucraina, la crisi energetica. Tutti questi fattori hanno spinto imprese e banche a trovare nuove modalità di cooperazione, anche in risposta ai cambiamenti normativi. Se oggi guardiamo alle banche italiane, vediamo istituti patrimonialmente solidi e redditizi ai vertici in Europa. Le imprese italiane, sebbene con dimensioni diverse, sono molto competitive. Il nostro export è cresciuto e le pmi rappresentano la metà delle esportazioni nazionali. Questo sistema resiliente va tutelato per non compromettere la competitività del Paese.

D. Negli ultimi anni le medie imprese hanno cambiato approccio: un tempo più riservate nei confronti delle banche, oggi più trasparenti. Oggi avete di fronte 1,2 milioni di clienti corporate, dall’impresa individuale fino alle aziende con 350 milioni di fatturato. Queste imprese devono affrontare la sostenibilità, il problema demografico, la ricerca di talenti e le questioni energetiche. Gli imprenditori stanno aspettando o si stanno muovendo per anticipare il futuro?

R. La seconda metà del 2024 e l’inizio del 2025 sono stati caratterizzati da grande incertezza. I dazi, ad esempio, influenzano le scelte di investimento, portando alcune aziende a stabilire una presenza diretta nei mercati soggetti a barriere commerciali. Il tema energetico rimane centrale: molte imprese investono in indipendenza energetica, come il fotovoltaico. L’automazione e la digitalizzazione sono strategie chiave. Le aziende stanno cercando di ottimizzare i processi produttivi per aumentare la produttività e contrastare il problema demografico, che rende più difficile reperire risorse umane qualificate. In generale, l’Italia si conferma uno dei Paesi più resilienti in Europa, sia dal punto di vista economico che politico.

D. Cinque anni fa avete lanciato l’iniziativa Imprese Vincenti, selezionando le eccellenze italiane. Quali sono i tre fattori chiave che accomunano le aziende di successo?

R. Imprese Vincenti è alla quinta edizione e in questi anni abbiamo selezionato circa 700 aziende tra oltre 14 mila candidature. Le caratteristiche vincenti che abbiamo individuato sono diverse. Da una parte innovazione e ricerca, con le imprese che investono costantemente nello sviluppo. Dall’altra c’è il tema dell’internazionalizzazione: le aziende di successo hanno una forte presenza all’estero, con oltre il 50% del fatturato derivante dall’export. Importante è anche la solidità della governance, con la gestione del passaggio generazionale che è pianificata con largo anticipo per garantire continuità. Un altro aspetto fondamentale è la sostenibilità, non solo ambientale ma anche sociale. Anche se negli ultimi tempi il dibattito sulla sostenibilità ha subito un rallentamento in alcune aree del mondo, in Italia rimane un pilastro centrale per le imprese.

D. Parliamo di intelligenza artificiale. Come pensa che possa influenzare il rapporto tra banca e pmi? C’è il rischio che si perda il contatto umano?

R. Il mondo bancario si divide in due ambiti. Per i clienti privati, l’intelligenza artificiale può migliorare i servizi e, se richiesto, rendere il rapporto più digitale. Tuttavia, per le imprese, il rapporto umano rimane imprescindibile. Conoscere l’azienda, i suoi processi, il management è fondamentale.L’intelligenza artificiale può ridurre il carico amministrativo, velocizzando la gestione documentale e le pratiche di credito, ma non potrà mai sostituire l’interazione diretta tra imprenditore e banca. (riproduzione riservata)

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