Le tensioni commerciali tra Stati Uniti e Unione Europea hanno raggiunto un punto critico con l’introduzione di nuovi dazi da parte di Washington. L’imposizione di un dazio del 25% su acciaio e alluminio importati dall’UE ha provocato una risposta immediata da parte di Bruxelles, che ha annunciato contromisure equivalenti su prodotti americani, tra cui alcolici, motociclette e abbigliamento.
L’amministrazione Trump ha giustificato queste misure come parte di una strategia più ampia di onshoring, ovvero il ritorno della produzione manifatturiera negli Stati Uniti. Questo approccio non è del tutto nuovo: anche la precedente amministrazione Biden aveva implementato programmi di incentivazione alla produzione interna, come il BABA Program e la cosiddetta Biden Economy. Tuttavia, mentre la strategia di Biden si basava su incentivi diretti agli investimenti industriali, Trump punta su barriere commerciali e dazi come strumenti per costringere le aziende straniere a spostare la produzione negli USA.
L’obiettivo finale è chiaro: ridurre la dipendenza americana dalle importazioni, soprattutto da Cina, Canada e Messico, che rappresentano quasi il 49% del totale delle importazioni USA. Tuttavia, la ricostruzione di una solida industria manifatturiera negli Stati Uniti è un processo di lungo termine, ostacolato da carenza di competenze specializzate e da una supply chain ancora poco strutturata per sostituire l’attuale dipendenza dall’estero.
La politica commerciale americana sta generando un acceso dibattito. Molti analisti ritengono che l’approccio protezionistico di Trump sia in realtà una strategia ben studiata: nonostante le minacce di dazi su vari paesi, il presidente ha spesso frenato l’attuazione di queste misure, utilizzandole piuttosto come strumento di negoziazione. Il solo annuncio di possibili tariffe ha già indotto molte aziende straniere a rivedere le proprie strategie di produzione, valutando investimenti diretti negli USA per evitare il rischio di dazi improvvisi.
Effetti settoriali: automotive, manifattura e agroalimentare sotto pressione
L’industria automobilistica è uno dei settori più colpiti dalle nuove misure tariffarie. L’aumento dei costi delle materie prime, derivante dai dazi USA su acciaio e alluminio, sta mettendo sotto pressione le catene di fornitura transatlantiche. La prospettiva di ulteriori tariffe sulle auto importate dagli USA rischia di danneggiare le case automobilistiche europee, che potrebbero dover affrontare un calo della domanda nel loro secondo mercato più importante. Stellantis, ad esempio, ha già registrato un calo in Borsa a seguito delle tensioni commerciali.
Anche il settore agroalimentare è nel mirino. L’UE ha incluso nella sua lista di ritorsioni una vasta gamma di prodotti agricoli statunitensi, mirando a colpire settori economicamente e politicamente sensibili negli USA. Le esportazioni americane di bourbon, carne bovina e cereali stanno subendo una contrazione, con una riduzione degli ordini da parte dei distributori europei. Di contro, gli agricoltori europei temono possibili rappresaglie americane su prodotti come il vino, l’olio d’oliva e i formaggi italiani, categorie che costituiscono una parte significativa dell’export agroalimentare dell’UE verso gli USA.
Nel settore manifatturiero, l’industria siderurgica e chimica sta affrontando un periodo di forte incertezza. Le aziende europee produttrici di acciaio vedono ridursi il loro accesso al mercato statunitense, mentre negli USA le aziende che dipendono da materie prime importate registrano un aumento dei costi di produzione.
Anche il comparto del lusso e della moda potrebbe essere colpito nel medio termine. Gli Stati Uniti rappresentano uno dei mercati principali per i brand italiani di moda e accessori, e nuove tariffe potrebbero ridurre la competitività dei prodotti europei, favorendo le alternative locali o asiatiche.
Il BABA Program e la Biden Economy: incentivi all’onshoring
Sebbene Trump abbia accelerato il processo di protezionismo, la politica di onshoring ha avuto origine già sotto l’amministrazione Biden con il BABA Program (Build America, Buy America Act). Questo programma, inserito nell’Infrastructure Investment and Jobs Act, ha introdotto rigide regole sugli appalti pubblici, obbligando le aziende a utilizzare materiali e prodotti americani per accedere ai finanziamenti federali.
Parallelamente, la cosiddetta Biden Economy si è concentrata su massicci investimenti in infrastrutture e tecnologie emergenti, con lo scopo di rafforzare la competitività industriale americana senza ricorrere a misure protezionistiche drastiche.
Questa differenza di approccio è significativa: mentre Biden ha puntato su incentivi e investimenti diretti, Trump sta spingendo le imprese straniere a localizzarsi negli USA attraverso l’imposizione di barriere tariffarie e commerciali.
Strategie per le aziende italiane: come affrontare i dazi USA e continuare a vendere negli Stati Uniti
Di fronte a questo scenario, le aziende italiane devono adottare strategie efficaci per difendersi dai dazi e mantenere la propria competitività sul mercato statunitense. Alcune delle opzioni più rilevanti includono:
- Investire in unità produttive locali
Molte imprese europee stanno valutando la possibilità di aprire stabilimenti produttivi negli USA per bypassare le barriere tariffarie. Creare una filiale o una fabbrica direttamente sul suolo americano permette di evitare i dazi e beneficiare degli incentivi offerti dal BABA Program e dai piani di sviluppo industriale statunitensi.
- Accordi di joint venture con partner americani
Un’altra strategia efficace è quella di siglare partnership con aziende locali per assemblare o completare la produzione direttamente negli Stati Uniti. Questo approccio consente di mantenere la qualità del Made in Italy, ma con una catena di produzione più integrata nel sistema economico americano.
- Adattare la supply chain per rispettare le normative del BABA Program
Le aziende italiane possono ripensare le proprie catene di approvvigionamento per conformarsi alle regole del BABA Program, utilizzando componenti e materiali prodotti negli USA per accedere agli appalti pubblici americani.
- Espandere la rete di distribuzione con logistica integrata
Ridurre i costi logistici e di trasporto attraverso centri di distribuzione locali negli USA può rappresentare una soluzione efficace per ammortizzare gli effetti negativi dei dazi. Questo modello permette di ridurre i tempi di consegna e migliorare la competitività dei prodotti italiani sul mercato americano.
- Strategie di rebranding e marketing mirato
Le aziende possono differenziare i propri prodotti puntando sul valore aggiunto del Made in Italy, enfatizzando la qualità e l’esclusività rispetto alle alternative locali. Inoltre, strategie di rebranding e marketing digitale possono aiutare a migliorare la percezione del prodotto tra i consumatori statunitensi.
Conclusioni: verso un nuovo equilibrio commerciale
L’attuale guerra commerciale tra USA e UE rappresenta una delle sfide economiche più complesse degli ultimi anni, con impatti a lungo termine su settori strategici e sugli equilibri geopolitici globali.
Sebbene l’obiettivo dichiarato dell’amministrazione Trump sia quello di riequilibrare il deficit commerciale e rilanciare l’industria americana, le tensioni tariffarie rischiano di penalizzare sia le imprese europee che quelle statunitensi, aumentando i costi di produzione e riducendo la competitività globale.
Le aziende italiane che desiderano mantenere il proprio posizionamento sul mercato USA dovranno essere pronte ad adottare strategie di adattamento e diversificazione, sfruttando le opportunità offerte dal nuovo contesto normativo per continuare a operare con successo negli Stati Uniti.
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