
In un ecosistema digitale sempre più interconnesso e vulnerabile, la Cyber Capacity Building (CCB) rappresenta una dimensione fondamentale della sicurezza nazionale e della cooperazione internazionale. Per l’Italia, sviluppare un approccio strutturato e coordinato alla CCB significa rispondere a una triplice esigenza: rafforzare la propria sicurezza nazionale, contribuire alla stabilità nell’arena internazionale e affermare la propria leadership in un settore strategico per il futuro.
La recente conferenza nazionale organizzata dalla Farnesina e dall’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale (ACN) per la creazione di un ecosistema nazionale di cyber capacity building ha evidenziato come questo tema sia ormai centrale nell’agenda politica italiana. Come sottolineato dal vicepresidente del Consiglio e ministro degli Affari Esteri Antonio Tajani durante la conferenza, “il tema della sicurezza nello spazio cibernetico è diventato oggi prioritario” e richiede un approccio che superi gli “egoismi” tra diverse burocrazie per creare una vera “squadra” nazionale che unisca istituzioni, imprese e mondo della ricerca.
Il contesto globale: un’arena in evoluzione
La cyber capacity building è emersa negli ultimi vent’anni come campo di cooperazione internazionale dedicato a colmare il divario di capacità cibernetiche tra nazioni. Da un’analisi delle tendenze globali, emerge come il campo stia attraversando una fase di significativa crescita e professionalizzazione, ma anche di frammentazione ideologica e operativa.
Quattro tendenze principali caratterizzano l’attuale panorama della CCB a livello internazionale:
- Crescita del settore: Il numero di progetti, attori e investimenti nella cyber capacity building è in costante aumento. Da una manciata di progetti nei primi anni 2000, si è passati a oltre 250 progetti attivi ogni anno;
- Aspirazione al coordinamento: Esiste un divario crescente tra l’aspirazione a un maggiore coordinamento tra gli attori e la sua effettiva implementazione, con sfide significative nella sincronizzazione di progetti e iniziative;
- Partecipazione di diverse comunità di pratica: Un numero crescente di comunità professionali (giustizia penale, difesa, diplomazia, sviluppo, società civile) si sta impegnando nella CCB, ciascuna con i propri obiettivi e approcci;
- Professionalizzazione graduale: Il settore sta adottando pratiche più mature nella gestione dei progetti, valutazione dell’impatto e inclusione di considerazioni sui diritti umani e la parità di genere.
Queste tendenze si sviluppano in un contesto geopolitico caratterizzato da crescenti tensioni internazionali, competizione tecnologica e digitalizzazione accelerata delle infrastrutture critiche. La guerra in Ucraina, come evidenziato nel recente studio “Private-public initiatives for cybersecurity: the case of Ukraine” pubblicato sul Journal of Cyber Policy, ha dimostrato come la collaborazione pubblico-privata sia essenziale per rafforzare la resilienza cibernetica di un paese di fronte ad attacchi sofisticati.
La posizione italiana: punti di forza e opportunità
L’Italia ha compiuto passi significativi nel consolidamento della propria governance nazionale in ambito cybersicurezza, in particolare con la creazione dell’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale nel 2021. Questa istituzione rappresenta un punto di svolta nella capacità del paese di affrontare le sfide digitali in modo coordinato e strategico.
Il prefetto Bruno Frattasi, direttore generale dell’ACN, ha sottolineato durante la “Conferenza Nazionale per la creazione di un ecosistema di cyber capacity building” come le politiche di sicurezza cibernetica siano “divenute prioritarie nelle agende politiche” e come sia necessario un approccio collaborativo che coinvolga istituzioni, accademia, centri di formazione, think tank e operatori del settore.
Analizzando il contesto italiano, emergono punti di forza su cui costruire una strategia efficace di cyber capacity building:
- Eccellenze tecnologiche nazionali: L’Italia dispone di un tessuto industriale avanzato nel settore tecnologico e della cybersicurezza, con aziende leader e centri di ricerca di livello internazionale;
- Posizione geopolitica strategica: La posizione dell’Italia nel Mediterraneo offre opportunità uniche per sviluppare iniziative di CCB rivolte ai paesi dei Balcani e del Nord Africa, come evidenziato dal Ministro Tajani;
- Esperienza nella cooperazione internazionale: L’Italia ha una consolidata tradizione di partecipazione a programmi di cooperazione internazionale in ambito sicurezza e sviluppo;
- Adesione ai principali forum internazionali: L’Italia partecipa attivamente ai principali forum internazionali sulla cybersicurezza, incluso il Global Forum on Cyber Expertise (GFCE).
Sfide e opportunità per la governance italiana
Sfide
- Frammentazione istituzionale: La molteplicità di attori istituzionali coinvolti nella governance cyber (Ministero degli Esteri, Ministero dell’Interno, Ministero della Difesa, ACN) richiede un efficace coordinamento per evitare duplicazioni e garantire coerenza nelle iniziative;
- Carenza di personale specializzato: Come in molti altri paesi, l’Italia affronta una scarsità di professionisti qualificati nel settore della cybersicurezza, rappresentando una sfida per lo sviluppo delle capacità cyber nazionali e per i progetti di CCB;
- Equilibrio tra sovranità digitale e cooperazione internazionale: L’Italia deve bilanciare la protezione dei propri interessi nazionali con la partecipazione a iniziative multilaterali di cyber capacity building;
- Coordinamento pubblico-privato: La creazione di meccanismi efficaci di collaborazione tra settore pubblico e privato rimane complessa, come evidenziato dal prefetto Frattasi nella sua analisi del partenariato pubblico-privato.
Opportunità
- Leadership nel Mediterraneo e nei Balcani: L’Italia può assumere un ruolo guida nelle iniziative di cyber capacity building nelle regioni geograficamente prossime, come indicato dal Ministro Tajani, consolidando influenza e relazioni strategiche;
- Valorizzazione del “saper fare italiano“: Le competenze e le tecnologie italiane nel settore cyber possono essere promosse attraverso progetti di cooperazione internazionale, creando opportunità per le imprese nazionali;
- Integrazione nella politica estera: La cyber capacity building può diventare uno strumento efficace della diplomazia italiana, rafforzando le relazioni bilaterali e multilaterali;
- Allineamento con le iniziative europee: L’Italia può massimizzare l’impatto delle proprie iniziative allineandole con programmi europei come il Digital for Development Hub e la Strategia di Cybersicurezza dell’UE.
Verso un modello italiano di cyber capacity building
Per sviluppare un approccio efficace alla cyber capacity building, l’Italia dovrebbe considerare i seguenti elementi strategici:
1. Sviluppo di una visione strategica nazionale
Una strategia nazionale di cyber capacity building, integrata nella più ampia Strategia Nazionale di Cybersicurezza, permetterebbe di definire priorità geografiche e tematiche, fornendo un quadro coerente per le iniziative italiane. Tale strategia dovrebbe:
- Articolare chiaramente il contributo della CCB agli obiettivi di politica estera, sicurezza nazionale e sviluppo economico;
- Identificare settori prioritari in cui l’Italia può offrire un valore aggiunto significativo;
- Definire meccanismi di misurazione dell’efficacia e processi di revisione periodica.
2. Creazione di un meccanismo di coordinamento interministeriale
La creazione di un tavolo di coordinamento dedicato alla cyber capacity building migliorerebbe la coerenza delle iniziative italiane. Questo organo dovrebbe includere rappresentanti del Ministero degli Esteri, dell’ACN, del Ministero dell’Interno, della Difesa e dello Sviluppo Economico, oltre a esperti del settore privato e accademico.
Seguendo i modelli di successo evidenziati nello studio EU “International Cyber Capacity Building: Global Trends and Scenarios“, tale meccanismo dovrebbe:
- Mappare le competenze nazionali in ambito cybersicurezza;
- Coordinare la programmazione e l’implementazione delle iniziative di CCB;
- Facilitare lo scambio di informazioni e buone pratiche tra i vari attori;
- Monitorare l’andamento dei programmi e valutarne l’impatto.
3. Istituzione di un centro di eccellenza per la cyber capacity building
Seguendo esempi internazionali come l’ASEAN-Singapore Cybersecurity Centre of Excellence o il Cybersecurity Capacity Center for Development della Corea, l’Italia potrebbe istituire un centro dedicato alla formazione, ricerca e sviluppo in ambito cybersecurity, con particolare attenzione ai paesi del Mediterraneo e dei Balcani.
Un centro di questo tipo potrebbe:
- Offrire programmi di formazione specializzati per funzionari governativi e tecnici di paesi partner;
- Condurre ricerche congiunte su temi emergenti della cybersicurezza;
- Facilitare esercitazioni e simulazioni transnazionali;
- Servire come piattaforma per la condivisione di informazioni e best practice.
4. Diversificazione delle fonti di finanziamento
Oltre ai tradizionali fondi di cooperazione internazionale, l’Italia potrebbe esplorare modelli innovativi di finanziamento, come evidenziato dal rapporto EUISS, inclusi:
- Meccanismi di blended finance che combinano risorse pubbliche e private;
- Partnership con istituzioni finanziarie multilaterali come la Banca Mondiale o la BERS;
- Incentivi fiscali per stimolare investimenti privati in progetti di CCB;
- Utilizzo di fondi europei dedicati alla digitalizzazione e alla cybersicurezza.
5. Promozione di un approccio multistakeholder
Il coinvolgimento sistematico del settore privato, dell’accademia e della società civile nelle iniziative di cyber capacity building permetterebbe di mobilitare competenze diversificate e creare soluzioni più sostenibili. Come evidenziato durante la conferenza nazionale, il superamento degli “egoismi” tra diverse burocrazie è essenziale per il successo in questo campo.
Un approccio multistakeholder potrebbe includere:
- Creazione di una comunità di pratica nazionale sulla CCB;
- Istituzione di piattaforme di dialogo regolari tra settore pubblico e privato;
- Coinvolgimento delle università e dei centri di ricerca nei programmi di formazione;
- Integrazione della società civile nella progettazione e monitoraggio delle iniziative.
Proposte concrete per una governance italiana efficace nell’ambito della cyber capacity building
La trasformazione dell’Italia in un attore rilevante nel panorama internazionale della cyber capacity building richiede un approccio pragmatico e innovativo. A tal fine, appare necessario innanzitutto istituire un meccanismo finanziario dedicato, un Fondo Nazionale per la Cyber Capacity Building, che consentirebbe di superare la frammentazione attuale degli interventi e garantirebbe continuità alle iniziative strategiche. Questo strumento dovrebbe operare con una programmazione pluriennale, in stretta connessione con le priorità definite dalla politica estera e di sicurezza nazionale, ma con sufficiente flessibilità per rispondere tempestivamente a esigenze emergenti, specialmente nelle aree di interesse prioritario come il Mediterraneo e i Balcani.
Parallelamente, risulta fondamentale avviare una mappatura sistematica delle competenze nazionali in ambito cybersicurezza, creando un catalogo dinamico e costantemente aggiornato. Questo strumento permetterebbe di valorizzare l’eccellenza italiana nel settore – dalle competenze forensi a quelle di analisi delle minacce, dallo sviluppo di strategie alla formazione specialistica – rendendola immediatamente fruibile per iniziative di cooperazione internazionale. Un simile approccio trasformerebbe il “saper fare italiano” da concetto astratto a risorsa concretamente dispiegabile in contesti internazionali, facilitando anche l’internazionalizzazione delle imprese del settore e la creazione di partenariati strategici.
L’esperienza ucraina ha dimostrato quanto sia cruciale la capacità di risposta rapida a incidenti informatici significativi. In quest’ottica, l’Italia dovrebbe sviluppare un meccanismo di “Cyber Rapid Response” sul modello del Pacific RAPID australiano, che consenta di mobilitare rapidamente competenze ed esperti nazionali quando paesi partner affrontano crisi cibernetiche. Un tale dispositivo migliorerebbe la proiezione internazionale dell’Italia, rafforzerebbe i legami bilaterali e potrebbe costituire un importante strumento di soft power, particolarmente rilevante in un contesto geopolitico sempre più complesso.
La sostenibilità delle iniziative di cyber capacity building dipende in larga misura dalla loro appropriazione da parte dei beneficiari. È quindi essenziale investire nella localizzazione degli interventi, coinvolgendo sin dalla fase di progettazione partner locali nei paesi beneficiari. Questo approccio implica un cambio di paradigma: da un modello basato su interventi brevi e standardizzati a uno centrato su partenariati di lungo periodo, che tengano conto delle specificità culturali, istituzionali e normative di ciascun paese. L’Italia potrebbe distinguersi nel panorama internazionale proprio per la capacità di adattare le proprie iniziative ai contesti locali, un elemento spesso trascurato da altri attori impegnati nella cyber capacity building.
Un ambito dove l’innovazione risulta particolarmente necessaria è quello della trasparenza e dell’accountability. La governance italiana dovrebbe promuovere la pubblicazione regolare di rapporti dettagliati sulle iniziative di cyber capacity building, analizzando non solo i risultati raggiunti ma anche le criticità incontrate e le lezioni apprese. Un simile esercizio, oltre a rafforzare la legittimità degli interventi, permetterebbe di costruire nel tempo un corpus di conoscenze cruciale per migliorare l’efficacia delle future iniziative. L’adozione di indicatori di performance chiari e la valutazione indipendente dei programmi realizzati potrebbero ulteriormente accrescere la credibilità dell’Italia quale attore responsabile nell’ecosistema globale della cyber capacity building.
La dimensione di genere rappresenta un aspetto trasversale spesso sottovalutato nelle iniziative di cooperazione in ambito cyber. L’Italia potrebbe distinguersi integrando sistematicamente questa prospettiva nei propri programmi, non solo promuovendo la partecipazione femminile nel settore della cybersicurezza – dove il divario di genere rimane significativo – ma anche assicurando che le iniziative di capacity building tengano conto dei rischi e delle vulnerabilità differenziate che donne e uomini affrontano nel contesto digitale. Programmi specifici di mentorship, borse di studio e percorsi formativi dedicati potrebbero costituire strumenti efficaci per incrementare la diversità di genere in un settore tradizionalmente dominato dalla componente maschile.
Nel quadro di una strategia nazionale efficace, diventa cruciale che l’Italia intensifichi il suo impegno all’interno dei principali forum internazionali dedicati alla cybersicurezza. Un approccio più strutturato e continuativo nell’ambito del Global Forum on Cyber Expertise (GFCE) – la principale piattaforma multistakeholder per la coordinazione delle iniziative globali di capacity building – garantirebbe all’Italia maggiore visibilità e influenza nel definire l’agenda internazionale.
Parallelamente, il consolidamento delle relazioni con le agenzie tecniche delle Nazioni Unite attive nel settore, come l’Ufficio delle Nazioni Unite per il controllo della droga e la prevenzione del crimine (UNODC), permetterebbe di sviluppare sinergie in particolare sul fronte della lotta alla criminalità informatica e della formazione delle forze dell’ordine.
Questi rapporti istituzionali dovrebbero essere complementati da una partecipazione più attiva nei processi di governance tecnica di internet e negli organismi di standardizzazione, rafforzando la capacità italiana di influenzare lo sviluppo di norme tecniche e operative a livello globale, e al contempo facilitando l’accesso a network specializzati e risorse condivise che potrebbero potenziare l’efficacia delle iniziative nazionali.
L’implementazione coordinata di queste proposte consentirebbe all’Italia di sviluppare un modello distintivo di cyber capacity building, caratterizzato da un approccio integrato, sostenibile e incentrato sulle persone, contribuendo significativamente alla stabilità del cyberspazio globale e al rafforzamento della posizione italiana come attore affidabile e innovativo in questo settore strategico.
Conclusione
In un mondo sempre più digitalizzato e interconnesso, la cyber capacity building rappresenta una dimensione fondamentale della sicurezza nazionale e della cooperazione internazionale. Per l’Italia, sviluppare un approccio coerente, coordinato e innovativo in questo ambito non è solo una necessità strategica, ma anche un’opportunità per affermare la propria leadership in un settore cruciale per il futuro.
La creazione di un ecosistema nazionale per la cyber capacity building, come auspicato durante la recente conferenza della Farnesina e dell’ACN, richiede il superamento degli “egoismi” tra diverse burocrazie e la creazione di una vera “squadra” che unisca istituzioni, imprese e mondo della ricerca. Solo attraverso un approccio coordinato e multistakeholder l’Italia potrà trasformare le sfide cyber in opportunità, contribuendo alla sicurezza e alla prosperità sia nazionale che internazionale.
Nel contesto globale attuale, caratterizzato da frammentazione ideologica e operativa, l’Italia può scegliere di adottare strategie pragmatiche che bilancino ambizione e realismo, contribuendo positivamente alla stabilità del cyberspazio e rafforzando al contempo la propria posizione sulla scena internazionale.
La sfida è complessa ma ineludibile: costruire un futuro digitale sicuro richiede capacità, competenze e cooperazione. L’Italia ha l’opportunità di essere protagonista in questa costruzione, a beneficio della propria sicurezza nazionale e della comunità internazionale.
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