
Il Pnrr è per Napoli un’importante occasione per contribuire a migliorare il sistema della mobilità, quello dell’abitare e favorire la valorizzazione di molti spazi pubblici. Napoli si è presentata alla sfida, all’inizio del 2022, con un organico composto da 5.150 dipendenti e 67 dirigenti (di cui 36 a tempo determinato) di cui pochissimi in area tecnica. Per cogliere la fragilità della macchina amministrativa, basta confrontare i 5.150 addetti del 2022 con l’organico del 2012 che contava quasi 10mila addetti. Di fatto, nel corso di 10 anni l’organizzazione del Comune di Napoli si era dimezzata.
Il confronto con le altre principali città italiane evidenzia in modo più eloquente la complessità della situazione di partenza: all’inizio del 2022, Milano aveva più di 13mila dipendenti, Roma più di 23mila e Torino più di 8mila. A Napoli i dipendenti del Comune rispetto alla popolazione erano la metà di quelli presenti a Milano, Firenze e Bologna.
La fragilità amministrativa nella fase di avvio del Pnrr è stata un problema di tante città del Sud, come ha rilevato un’indagine svolta dal Prof. Gianfranco Viesti, commissionata dalla Fondazione Con il Sud. Lo studio ha mostrato che il personale dei Comuni italiani si è ridotto del 27% tra il 2007 e il 2020, con una dinamica decisamente peggiore nel Mezzogiorno che nel resto del Paese. L’analisi sullo stato dell’arte presentata da Antimo Manzo mostra che Napoli, nonostante la problematica situazione di partenza, sta cercando di realizzare i numerosi progetti del Pnrr anche grazie a un potenziamento significativo della macchina amministrativa realizzato a partire dal 2022, che si è concretizzato nell’assunzione in tre anni di quasi 2.700 persone, di cui 76 dirigenti, e che si accinge a incrementare l’organico con ulteriori 270 persone nel prossimo biennio.
La vera sfida per la città, però, è fare in modo non soltanto che i progetti di investimento previsti siano realizzati nei tempi, ma soprattutto che poi siano gestiti in modo adeguato. Penso in particolare agli investimenti fatti sugli spazi pubblici non residenziali, la cui gestione richiede un nuovo modello in grado di coinvolgere il mondo del privato sociale (associazioni, cooperative e imprese sociali), quello delle università e quello delle imprese private.
Alcuni primi passi sono già stati avviati in città, anche con il supporto della Fondazione Con il Sud. Ad esempio la sperimentazione della gestione in coprogettazione di Piazza Garibaldi che vede lavorare fianco a fianco soggetti pubblici e privati; il progetto di partenariato speciale pubblico-privato per la valorizzazione del Cimitero delle Fontanelle con la sinergia tra il Comune, la cooperativa La Paranza e la Fondazione San Gennaro. Altri passi vanno fatti, e penso alla creazione di una Fondazione di partecipazione per la gestione del patrimonio culturale della città (Maschio Angioino, Castel dell’Ovo, PAN) che rappresenterebbe un ulteriore passo avanti nella gestione pubblica, nel senso di partecipata dalla stessa comunità, e che garantirà nuova occupazione per i tantissimi laureati presenti in questo ambito.
La sfida per l’ammodernamento della città passa per il modello della sussidiarietà sancito nella nostra Costituzione, e che vede lavorare a stretto contatto quei soggetti che fino a ieri si sono contrapposti o ignorati.
© Riproduzione riservata
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link