
Dalla ricerca originale su “Il Ruolo del sustainability manager” del Laboratorio RISE dell’Università di Brescia sono arrivate alcune evidenze molto chiare, come il raggiungimento della parità di genere tra questi professionisti; il posizionamento in azienda dove i sustainability manager riportano prevalentemente alla direzione aziendale; in relazione alle risorse finanziarie, con circa il 50% dei sustainability manager che dispone di un budget preassegnato; ma anche sui temi dell’organizzazione in team, ancora relativamente piccoli, con un 35% del campione costituito dal solo sustainability manager e un 45% che collabora con un team di due o tre collaboratori; e poi sulle principali attività come rendicontazione e comunicazione esterna, tecniche aziendali e attività relative ai prodotti.
(Per avere una visione completa dell’evento vai all’articolo Ruolo e sfide dei sustainability Manager in Italia n.d.r.)
Competenze, sfide normative, innovazione: le evidenze della ricerca
In generale la ricerca ha messo in luce come le competenze tecniche di prodotto e di processo sono considerate prioritarie, le soft skill sono a loro volta altrettanto importanti mentre si conferma una fondamentale multidisciplinarietà di competenze come caratteristica principale.
Relativamente agli strumenti di lavoro l’indagine ha rivelato come lo strumento software più utilizzato a supporto delle attività di sostenibilità sia (ancora) Microsoft Excel (33%), seguito dai sistemi ERP adattati e da applicativi specifici per la valutazione dell’impatto ambientale e per la rendicontazione ESG mentre crescono attenzione e aspettative verso il rapporto tra intelligenza artificiale e ESG.
Infine guardando alle priorità per il prossimo futuro la ricerca ha messo in evidenza i temi della misura della carbon footprint, dell’analisi delle emissioni scope 3, degli interventi mirati alla riduzione dell’impatto ambientale, come l’efficientamento energetico da concretizzare anche con l’installazione di impianti fotovoltaici.
KION Group, Feralpi Group, Gewiss e Boehringer Ingelheim a confronto sui temi della ricerca
Prima della tavola rotonda Carmine Trecroci, Presidente della Rete delle Università Sostenibili, aveva sottolineato l’impegno del mondo accademico e della Rete delle Università Sostenibili sui temi della trasformazione sostenibile, Nicola Saccani, professore associato dell’Università di Brescia e membro del Laboratorio RISE aveva portato l’attenzione su Digitale, sostenibilità ed economia circolare, considerate come le tre grandi trasformazioni della supply chain anche relativamente all’impegno dell’Università di Brescia su questi temi.
Gianmarco Bressanelli, ricercatore presso il Laboratorio Rise dell’Università di Brescia aveva presentato i risultati della ricerca con le principali evidenze relative a ruolo e sfide del sustainability manager.
Sui risultati e sulle evidenze della ricerca si sono confrontati quattro sustainability manager in rappresentanza di aziende di eccellenza in diversi settori:
- Eva Virtute (Advocacy e Sostenibilità di Prodotto KION Group)
- Isabella Manfredi (Chief Sustainability and Communications Officer, Feralpi Group),
- Laura Onorati (QHSE & Sustainability Manager Gewiss)
- Emanuele Domingo (Sustainability Manager Boehringer Ingelheim).
La multidisciplinarietà come fattore abilitante per sviluppare e affrontare competenze, sfide normative, innovazione
Eva Virtute ha subito osservato: “che i risultati riflettono lo scenario variegato e complesso dei sustainability manager, sia a livello di approccio alla sostenibilità sia sotto il profilo dell’organizzazione. Aspetti che devono essere riconducibili alle dimensioni dell’azienda, ma anche magari ai valori e alle priorità aziendali”.
Un tema centrale è poi quello delle normative che però non figura esattamente al primo posto nella ricerca. “sicuramente in questo contesto direi l’aspetto delle normative è fondamentale – prosegue Virtute – io penso che siano da un lato un propulsore, un motore che può spingere verso l’innovazione e dall’altro sono anche un possibile ostacolo”.
Isabella Manfredi ha aggiunto una riflessione sull’evoluzione normativa, citando il “complesso quadro normativo che indubbiamente lascia molti punti di riflessione” e menzionando il ruolo di CSRD, Corporate Sustainainability Due Diligence Directive e della tassonomia, sottolineando come la “sfida possa essere depotenziata, in termini di ruolo del quadro normativo del pacchetto Omnibus“.
Laura Onorati ha condiviso l’esperienza di Gewiss: “all’inizio abbiamo avuto un input molto chiaro da parte del nostro amministratore delegato, ma nel primo periodo non è stato facile affrontare i temi della sostenibilità. Oggi devo dire che in questi 5 anni le cose sono veramente cambiate e le persone che un tempo dovevamo convincere, adesso sono estremamente motivatie e sono i colleghi che ci vengono a cercare. Segno di una trasformazione che è partita e che si concretizza nel lavoro di ogni giorno”.
Emanuele Domingo ha sottolineato a sua volta che “il team del sustainability managerment deve essere tutta l’azienda, al di là del fatto che ci sono persone espressamente dedicate ai temi della sostenibilità in azienda. Il sustainability manager deve avere relazioni solide con tutti gli stakeholder e deve essere in grado di dialogare con tutti, di influenzare tutti, ma anche di essere influenzato da tutti”.
La digitalizzazione come leva per la sostenibilità
Il ruolo della digitalizzazione è riconosciuto come uno dei punti chiave per il sustainability management, anche se dai risultati della ricerca emerge che lo strumento più utilizzato è ancora il foglio di calcolo.
Eva Virtute, impegnata in azienda anche sui temi della digitalizzazione, ha commentato che “la digitalizzazione è certamente un fattore abilitante e lo è per tutti gli aspetti della sostenibilità, per la riduzione delle emissioni, per gestire l’utilizzo dell’energia, per valutare e supportare la performance dei prodotti. In tutti i casi la disponibilità di dati e di conoscenza è fondamentale per fissare obiettivi di sostenibilità precisi e per attivare azioni adeguate per raggiungerli”.
Isabella Manfredi ha a sua volta portato l’attenzione sull’importante storia di rendicontazione di Feralpi: “il gruppo ha scelto di iniziare la rendicontazione di sostenibilità nel 2004, lo standard ormai da molti anni è GRI e per quanto riguarda il futuro ci muoviamo verso un integrated reporting con la governance degli aspetti ESG. In tutto questo possiamo contare su un commitement forte da parte dell’azionista di maggioranza della capogruppo. E anche sotto questo profilo riteniamo che siano veramente importanti i valori legati a un’etica diffusa che ci permette di prestare grande attenzione ai rischi di greenwashing che rappresentano a nostro avviso una sorta di tradimento della fiducia del mercato“.
Laura Onorati ha aggiunto che: “la comunicazione è a sua volta un aspetto fondamentale e riteniamo che sia importante avere ben chiaro che cosa comunicare ed essere sempre nella condizione di dimostrare la validità di ogni aspetto della comunicazione”. Onorati ha poi sottolineato: l’importanza di coinvolgere partner e fornitori e per questo “abbiamo introdotto un ESG rating per la nostra catena di fornitura”.
Anche Emanuele Domingo nel raccontare l’approccio di Boehringer Ingelheim guarda a un ruolo in cui il sustainability manager deve favorire collaborazioni e partnership “Stiamo lavorando per calcolare le emissioni di Scope 3 e la catena di fornitura è evidentemente un elemento chiave da questo punto di vista. Riuscire a far crescere culturalmente la filiera dei fornitori è anche una nostra responsabilità e con il team del purchasing stiamo dedicando tempo e risorse perché questo impegno rappresenta anche una grande opportunità”.
Quali competenze per una professione in evoluzione
Il tema delle competenze e dei green skill anche legati alla gestione delle normative rappresentano un altro punto focale. Per Eva Virtute “è fondamentale mantenere un dialogo aperto tra la politica e l’industria. Ritengo che l’aspetto di regolamentazione sia un fortissimo fattore anche di competitività che si deve affrontare facendo leva sulle competenze. Oggi più che mai è importante il mindset sulla sostenibilità. La formazione tecnica è certamente rilevante ma la si può apprendere e costruire anche sul lavoro. Mentre servono visioni, capacità di navigare nell’incertezza e capacità di immaginare il futuro che si vuole costruire”.
Isabella Manfredi ha sottolineato l’importanza di disporre di “soft skill molto ampi” e la necessità di essere “alleati nella strategia di business” con altre figure aziendali. In particolare osserva che per lei “l’investimento più importante è proprio sulla digitalizzazione dei processi” e ha descritto come l’integrazione dei sistemi e la capacità di controllo siano cruciali, così come il ruolo sempre più stretto e sempre più collaborativo con “CIO, CFO, ovvero con l’innovazione digitale e con tutta l’area finance“. Il tutto in un approccio che considera la sostenibilità “un valore di competitività e di posizionamento strategico per l’impresa”.
Laura Onorati ha spiegato come Gewiss abbia iniziato il suo percorso di sostenibilità nel 2020, integrando gli investimenti in sostenibilità direttamente nel piano di sviluppo aziendale. in termini di struttura di governance della sustainability Gewiss, con un “Sustainability Steering Committee” e un forte approccio trasversale che prevede il coinvolgimento sulla sostenibilità di tutte le aree aziendali.
Emanuele Domingo ha sottolineato come Boehringer Ingelheim sia un’azienda farmaceutica tedesca a proprietà familiare con una forte impronta etica radicata nella sua storia, dove la sostenibilità è “ben scolpita nel piano strategico dell’azienda” e dove la funzione di sostenibilità riporta direttamente al board.
Il dibattito si è concluso con una riflessione sull’impatto dei cambiamenti a livello di scenario normativo con un particolare riferimento alle possibili evoluzioni legate al Pacchetto Omnibus.
Eva Virtute ha osservato che la situazione è certamente in evoluzione, ma ci sono obiettivi che vanno considerati con coerenza e con la massima attenzione, anche se l’impianto normativo si fa meno pressante. Isabella Manfredi ha auspicato una maggiore armonizzazione dei framework, un lavoro che permetta di ridurre l’incertezza da parte di chi sta procedendo con convinzione verso un proprio percorso di sostenibilità. Laura Onorati ha espresso a sua volta l’auspicio di maggiore chiarezza in termini generali, a partire naturalmente dalle normative e dal contesto nel quale si muovono le imprese per focalizzare gli investimenti sulla base di priorità che possano essere rispettate nel tempo. Infine Emanuele Domingo ha commentato sottolineando che le aziende grandi, con un forte commitement sulla sostenibilità, continueranno a chiedere informazioni lungo la catena del valore.
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