1 Aprile 2025
Meloni ha un problema: si chiama von der Leyen


La presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen considera il piano di riarmo europeo come «una grande opportunità per l’industria italiana». S’intende quella bellica collegata al giro di affari crescente dell’«aerospazio come Leonardo e imprese navali come Fincantieri». Insieme ai loro indotti, queste imprese da sole costituiranno «un vantaggio dell’economia e della società italiane, ma anche delle infrastrutture al servizio elle persone, come gli ospedali». Non ha specificato, von der Leyen, se saranno quelli organizzati sui campi di battaglia che l’Unione Europea immagina da qui a quattro anni, entro i quali intende spendere gli «800 miliardi di euro» previsti dal piano di riarmo incautamente ribattezzato con l’eufemistico titolo di «Prontezza 2030». Un piano ben lungi dall’essere approvato, avendo sollevato opposizioni per motivi diversi e confliggenti da parte di quasi tutti i paesi membri dell’Ue, tranne la Germania che ha una disponibilità di bilancio e un’agenda politico-economica. E detta i tempi agli altri paesi.

Il disegno di von der Leyen, confermato ieri da un’intervista al Corriere della Sera, è quello di rafforzare, e finanziare, le joint venture già esistenti tra Leonardo e la tedesca Rheinmetall. Così arriveranno in Italia anche gli investimenti stabiliti in base alla riforma costituzionale approvata da un blitz prima che a Berlino si sia formato il nuovo parlamento. Dal complesso militare-industriale che sarà premiato dal non scontato progetto di riarmo dovrebbe infine sgocciolare una crescita economica, invero tutta da dimostrare, per abbreviare le liste di attesa negli ospedali o assumere medici e infermieri. Forse con le donazioni concesse dal buon cuore dei costruttori di cannoni.

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Nella patetica costruzione del consenso per la guerra, che continuerà a crescere sui media, ciò che non si dice è che l’Europa delle armi non ha rinunciato al contenimento della spesa sociale imposto dal suo «patto di stabilità e crescita». Tutto il Welfare, senza contare i salari, il lavoro, le istituzioni locali e le relazioni sociali continueranno a non ricevere investimenti che resteranno bloccati dalle regole in vigore. Il rischio è anzi che all’aumentare del giro di affari dell’industria bellica corrisponda una stagnazione sociale e una recessione economica.
È in questa cornice che va inquadrato il caos politico in cui si trova il governo italiano, e la sua maggioranza. L’uscita massiccia fatta ieri da von der Leyen è il sintomo di un’ingenuità di fondo per cui basti un’intervista per accreditare un disegno discutibile, un personale europeo in crisi di credibilità. E, addirittura risolvere un conflitto agito e dalla Lega in maniera opportunistica. Da un lato, sostiene per necessità il contenimento della spesa sociale del patto di stabilità che il suo ministro dell’economia Giorgetti sta gestendo (12 miliardi di euro); dall’altro lato si oppone al piano von der Leyen che ha previsto l’aumento del debito per un paese che non può permetterselo. Tra i 20 e 30 miliardi in armi in più all’anno, si calcola. Un salasso che sarà sanzionato dai «mercati», e dalla stessa Commissione Ue perché viola il patto di stabilità. Se il riarmo di uno dei continenti più armati al mondo è una follia, paradossale è un’istituzione austeritaria come Bruxelles che invita a violare i propri patti per poi punire chi lo fa. Questa è la contraddizione di fondo di cui Salvini non parla quando ribadisce «no totale assoluto, a un solo euro di debito comune per comprare proiettili».

Questa posizione ha un peso sulla presidente del Consiglio Meloni, e sul ministro della difesa Crosetto, che fanno buon viso a cattivo gioco ma non possono negare esiste un problema. Lo si vede dal modo in cui il governo fa melina rispetto agli inviti pressanti di von der Leyen a rovinare il suo consenso e fare gli interessi dell’industria bellica. Ieri Crosetto ha sostenuto che «Salvini la pensa come me che bisogna investire in difesa», anche perché intende per «difesa» l’idea di contrastare le migrazioni con i Cpr in Albania. Un tema, va ricordato, evocato ieri anche da von der Leyen. Dall’altra parte di Fratelli d’Italia e Lega c’è Forza Italia con Alessandro Cattaneo. Ieri ha rivendicato che il piano di riarmo (pardon, «di difesa») è una «chance per l’Italia» e che «la prospettiva europea è l’unica per reggere in un momento complicato».



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