
L’azienda chiude il 2024 con ricavi in aumento a 359 milioni, vuole arrivare a mezzo miliardo e prepara il passaggio del testimone con cinque eredi nel venture capital. L’imprenditrice: «Siamo nel rinascimento della cosa pubblica, ma sull’Ai vanno seguite le regole Ue»
Da Sant’Arcangelo di Romagna, con tanto di sigla di Amarcord sulla segreteria telefonica, il gruppo Maggioli nato nel 1905 e oggi partner di big tech come Google è arrivato a 20 società controllate e ha appena superato gli obiettivi di piano, quasi raddoppiando il fatturato in tre anni. Il bilancio 2024, approvato il 26 marzo, mostra ricavi aggregati a 359 milioni contro i 340 stimati, in aumento del 13% dal 2023: erano 210 milioni nel 2021. Il margine operativo lordo dichiarato è di 59,6 milioni, +16,5%; il paniere ordini di 400 milioni.
L’obiettivo di quest’anno è arrivare almeno a 396 milioni di giro d’affari, con un Ebitda di 68,6 milioni, salvo superare i 400 milioni con nuove acquisizioni. «Nel 2027 vorremmo toccare il mezzo miliardo con sei-sette acquisizioni», dice Amalia Maggioli, consigliere delegato per lo sviluppo internazionale, commerciale e marketing della capogruppo Maggioli spa.
Per la Borsa uno spiraglio resta aperto: «Siamo forti e con le orecchie tese, valuteremo. Non scartiamo nulla, né la quotazione né l’ingresso dei fondi. L’ideale è aprire a un socio di minoranza per procedere con le acquisizioni, perché non ci piace indebitarci tanto».
Le startup e la quinta generazione
È un caso industriale, quest’azienda familiare smonta-burocrazia. Presente in Italia, Spagna, Colombia, Belgio e Grecia, aderente all’Aidaf che raduna le imprese di famiglia, ha 3 mila 300 dipendenti, partecipa a una trentina di progetti tecnologici europei e partendo dai banchi di scuola, forniti al governo nel 1930, è diventata in meno di un secolo una Gov-Tech con il 70% dei ricavi dalla pubblica amministrazione. Ora prepara l’ingresso della quinta generazione.
Sono cinque i figli dei fratelli Maggioli, tutti tra i 20 e i 30 anni: Tito (figlio di Amalia); Olivia e Gregorio (di Cristina, consigliere con delega sulle risorse umane); Jacopo e Sofia (di Paolo, ceo). Laurea in Lettere e master in Bocconi, Jacopo sta facendo training in Maggioli dal marzo 2024, a fianco del direttore operativo. Gregorio si prepara e accumula esperienza in società esterne: Valentino, Amazon, ora un family office. Olivia, laurea in Scienze gastronomiche e master moda alla Marangoni, è operativa nelle attività di ospitalità della famiglia; Tito lavora nell’azienda agricola del padre e studia economia e turismo con l’obiettivo di affiancare Olivia; Sofia frequenta un master in management a Madrid.
Tutti insieme stanno facendo palestra in Maggioli Venture, la società di famiglia per investire nelle startup. Da fine 2023, affiancati da Paolo Maggioli e da un manager, hanno valutato oltre 90 società e investito 500 mila euro in cinque. Altre cinque sono all’esame.
Dai banchi di scuola allo Sportello unico
«Non è più scritto che i figli debbano stare in azienda per forza — dice Amalia Maggioli —. Ciascuno ha il proprio percorso, si sono allungati i tempi, devi esprimere abilità. Le nuove generazioni si stanno costruendo per avere un senso, per essere all’altezza di un mondo più complesso».
Prevedendo la rivoluzione digitale della pubblica amministrazione, aiutando i Comuni a ottenere e gestire i fondi del Pnrr, Maggioli è passata dai registri cartacei al software per lo sportello unico del Cittadino, alle soluzioni digitali per il fisco, le multe, il cloud dei Comuni, l’antifrode, persino il controllo dei transiti ai semafori.
Le previsioni con la «rivoluzione epocale» della Pa
«Prevediamo un buon 2025, con sviluppo ulteriore all’estero — dice Amalia Maggioli —. Vogliamo razionalizzare la struttura del gruppo, riducendo il numero delle controllate per radunare le competenze, così da essere più compatti e veloci nelle decisioni. Negli ultimi tre anni, con il Pnrr e l’intelligenza artificiale, c’è stata una rivoluzione epocale nella pubblica amministrazione, siamo nel rinascimento della cosa pubblica. Il cittadino è coinvolto, è il nostro focus».
«Abbiamo bruciato un anno di piano industriale, corriamo più del previsto — dice Paolo Maggioli —. L’anno scorso abbiamo assunto 200 persone, prevediamo un 2026 in forte accelerata. Ciò che ci rende orgogliosi è che con il Pnrr raccogliamo i frutti degli investimenti passati».
L’intelligenza artificiale «al servizio dell’uomo»
Dietro i risultati ci sono infatti due motori, anzi, tre: la vivace campagna di acquisizioni; il Pnrr, appunto, che ha favorito la digitalizzazione pubblica; e una famiglia con deleghe chiare, che ha inserito manager esterni. Sono due le acquisizioni concluse l’anno scorso, quattro quelle in cantiere quest’anno. «Due sono in fase avanzata, una è in Italia e una nel resto d’Europa», dice Amalia Maggioli che lo scorso novembre ha concluso l’acquisizione della spagnola Wardem, digital marketing. «È un’azienda strategica per le competenze in intelligenza artificiale e analisi dei dati — dice —. Opera nell’automotive, nell’assicurativo e nel bancario. Rafforza la nostra competitività». Che si fonda, fra l’altro, su un patrimonio editoriale di oltre un milione di documenti, «fondamentale per costruire modelli di Ai che siano non solo potenti, ma anche radicati nella realtà. Crediamo in un’intelligenza artificiale al servizio dell’uomo, che rispetti i valori e le normative europee. Il nostro obiettivo è creare assistenti e agenti intelligenti che possano supportare i nostri clienti: enti pubblici, cittadini e aziende».
La spinta del Pnrr, la famiglia
L’altro carburante è il Pnrr . Sulla svolta digitale pubblica Maggioli investe da anni, si è fatta trovare pronta. «Siamo stati avvantaggiati dall’avere anticipato la tecnologia della pubblica amministrazione — dice Paolo Maggioli —. Siamo stati una buona cinghia di trasmissione tra il governo centrale e gli enti locali per tutti i servizi, dall’anagrafe ai tributi. Ad alcuni sembravano investimenti esagerati, ma i fatti ci hanno dato ragione».
Quanto alla famiglia, l’imprinting è genetico. I tre fratelli Amalia, Cristina e Paolo, figli di Manlio, sono tutti nel board e controllano Maggioli holding che a sua volta controlla Maggioli spa. «Mio padre ha saputo delegare, ha scelto sulla base delle attitudini di ciascuno di noi — dice Amalia Maggioli —. Io ho iniziato come libraia, nella Libreria Riminese di fronte al Duomo. Papà la acquisì sia come vetrina sia per dare esperienza a noi figli. Poi io sono entrata in azienda attraverso la casa editrice, Paolo con la Pirola Maggioli, Cristina con la Maggioli Informatica. Abbiamo deciso di entrare subito perché era naturale, oggi è diverso».
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link