8 Aprile 2025
fino a 10 miliardi di aiuti. L’ipotesi dei fondi Pnrr


Un’ora e mezzo vis-a-vis. Là fuori un altro lunedì nero per le Borse, lo spauracchio dei dazi imposti da Donald Trump contro l’Ue che si allarga a macchia d’olio, le imprese italiane in cerca di risposte e rassicurazioni. Dentro Palazzo Chigi Giorgia Meloni riunisce la “task force” sui dazi, al lavoro per trovare una via d’uscita dalla tempesta commerciale tra Europa e Stati Uniti. Mentre la diplomazia si mette in moto – ieri il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha visto il Commissario Ue al Commercio Maros Sefcovic e a metà aprile la premier sarà alla Casa Bianca – il governo studia misure a sostegno delle filiere a rischio.

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LE IPOTESI ALLO STUDIO

Sei miliardi di euro: è il “tesoretto” che si potrebbe mettere da parte in futuro per investirlo al bisogno in misure a supporto dei comparti nel mirino degli Stati Uniti. Ricavato da una rimodulazione dei fondi Pnrr finora non impiegati e che con ogni probabilità non si impiegheranno da qui al giugno del 2026, scadenza indicata dalla Commissione europea per spendere le risorse del Recovery. Il piano per ora solo abbozzato a matita e illustrato dal ministro delle Imprese Adolfo Urso insieme al ministro agli Affari Ue Tommaso Foti – al vertice erano presenti anche Matteo Salvini e il titolare del Mef Giancarlo Giorgetti, Francesco Lollobrigida e Alfredo Mantovano – passa da una revisione di alcuni progetti Pnrr che camminano da mesi su un binario (quasi) morto. È il caso dei fondi per la transizione 5.0, rimasti per buona parte non impegnati: su 6,3 miliardi di euro assegnati solo 700 milioni sono stati effettivamente spesi. Ecco, un’ipotesi – di cui si è discusso nella riunione della task force ieri guidata dalla premier – è spostare quelle risorse, previa via libera dell’Ue, sul capitolo dei fondi di coesione e dunque destinarle ai comparti più in difficoltà, quello agricolo in testa, sotto forma di incentivi. Stando alle stime più ottimiste, dalla rimodulazione dei progetti Pnrr si potrebbe ricavare una dotazione fino a 10 miliardi di euro da impegnare in misure a sostegno delle imprese qualora la guerra dei dazi dovesse aggravarsi. Parola d’ordine prudenza, però. L’idea di ritoccare il Recovery infatti non convince tutti. Se non altro per i tempi: per ogni euro spostato serve un semaforo verde della Commissione, ha fatto notare la stessa premier. Decisa a frenare l’ “effetto panico” così come qualunque ipotesi di “fondi a pioggia” del governo: vuole che la spesa sia rendicontata e possibilmente non ritoccare la struttura del piano di ripresa italiano. Poi c’è una questione squisitamente politica. Meloni è fiduciosa che esista un margine per trattare con Trump, che vedrà nello Studio Ovale la prossima settimana per il primo bilaterale ufficiale. Calma e gesso, dunque. «È stato ribadito che una “guerra commerciale” non avvantaggerebbe nessuno, né l’Unione Europea né gli Stati Uniti – recita la nota al termine del vertice – È emersa la necessità di affrontare il tema con determinazione e pragmatismo, perché ogni allarmismo rischia di causare danni ben maggiori di quelli strettamente connessi con i dazi».

Oggi la premier incontrerà a Palazzo Chigi una delegazione delle imprese. Sembra esclusa, ad ora, l’ipotesi inizialmente ventilata di un decreto ad hoc. Mentre la Farnesina studierà garanzie su misura di Sace e Simest per incentivare l’export delle aziende tricolori anche in mercati finora non centrali nella mappa commerciale italiana e ora indicati come snodi chiave dalla strategia italiana per l’export. Tajani, che nei prossimi giorni partirà alla volta dell’India e del Giappone, ha informato la premier e la task force del suo incontro con Sefcovic al Consiglio affari commerciali ieri, il secondo vis-a-vis in una settimana. Con qualche notizia incoraggiante.

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LA MEDIAZIONE IN UE

Nella lista di settori americani da colpire con i contro-dazi che l’Ue approverà stamattina sono state accolte alcune delle richieste italiane. Una pesa più delle altre: la Commissione non colpirà il prossimo 15 aprile il whiskey americano con le nuove tariffe così scongiurando un ulteriore accanimento dell’amministrazione Trump contro i vini francesi e italiani. Un passo alla volta. Meloni chiede cautela, niente annunci vuoti. Ieri ha preso atto con sorpresa e una certa soddisfazione della giravolta di Elon Musk, che su X ha postato un video di Milton Friedman contro la politica dei dazi, caduto da cavallo sulla via del liberismo. E a tutti ribadisce che «l’obiettivo è zero dazi tra Europa e Stati Uniti».

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