8 Aprile 2025
I dazi e le risposte possibili, subito. Cominciamo dalla burocrazia


La Spagna risponde alla politica tariffaria di Trump con un fondo di oltre 14 miliardi e altri governi chiedono la sospensione del Patto di stabilità. Ma esistono altre strade per mettere il nostro sistema produttivo in condizioni di competere. Tre suggerimenti

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Con ammirevole tempismo la Spagna ha già annunciato un piano di risposta alle scelte in tema di politica tariffaria della Amministrazione americana. E’ stato costituito un fondo dotato di oltre 14 miliardi di euro per il potenziamento delle misure di sostegno nei settori maggiormente colpiti. Fin qui nulla di sorprendente. Un governo di sinistra si comporta come un governo di sinistra. Cerca la soluzione di ogni problema nella spesa pubblica (dove, peraltro, non è detto che la trovi). Sorprendente è, invece, che governi di diverso orientamento seguano la stessa strada e la richiesta italiana di sospensione del Patto di stabilità senza ulteriori qualificazioni sembra rientrare in questa categoria.

Sarebbe possibile – e, molto probabilmente, desiderabile – una strada diversa da quella spagnola? Decisamente sì. Dovrebbe, in primo luogo, essere indirizzata al sistema produttivo nella sua interezza e non solo a un suo segmento. Se quella che è appena cominciata è una guerra commerciale – è lo è, almeno in parte – è il nostro sistema produttivo che deve essere non risarcito in alcuni suoi comparti ma messo in complesso in condizioni di competere e non su un solo mercato. E bisogna cominciare da ciò che non costa allo stato ma costa alle imprese e cioè dalla burocrazia. Tre suggerimenti.

Primo, il governo vari al più presto – le ragioni di necessità e urgenza dovrebbero esserci tutte – una norma che potremmo definire della “impresa più favorita”. Le legislazioni regionali dovranno entro e non oltre una scadenza ravvicinata – pena l’intervento di poteri sostitutivi – adeguarsi alla legislazione regionale più favorevole dal punto di vista delle imprese per tutto ciò che riguarda gli adempimenti burocratici relativi alla nascita e alla vita delle imprese stesse. Senza eccezioni e con possibilità per le imprese di far valere in giudizio le loro ragioni e per le regioni di doverle rimborsare per i danni subiti. Le specificità regionali sono importanti ma non se si tratta di competere in Italia e nel mondo.

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Secondo, il governo vari al più presto una norma – anche qui le ragioni di necessità e urgenza dovrebbero esserci tutte – che preveda che, in caso di introduzione di nuovi adempimenti burocratici, la Ragioneria generale dello stato debba valutare il costo degli stessi per i cittadini e le imprese prevedendone il rimborso al 50 per cento per i canali fiscali. L’obbiettivo è quello di prendere atto del fatto che non esistono adempimenti burocratici a costo zero e trasformare di conseguenza ogni norma che preveda nuovi adempimenti in una norma di spesa. Per semplificare veramente forse è il caso di rendere la vita difficile ai “complicatori” professionali.

Terzo, esiste da tempo immemore – da oltre dieci anni! – una norma che vieta alle pubbliche amministrazioni di richiedere ai cittadini e alle imprese la presentazione di documenti detenuti da altre pubbliche amministrazioni. E’ una norma la cui violazione è pressoché quotidiana, direttamente e soprattutto indirettamente. Per fare solo un esempio, per l’apertura di un B&B è necessaria una Scia che fa riferimento a un comune ed è provvista di un numero di protocollo. Non contente, le regioni hanno avvertito la impellente necessità di richiedere alle imprese ricettive un Codice identificativo regionale (Cir) laddove potevano semplicemente fare riferimento al protocollo della Scia e, per non farci mancare nulla, lo stato – invece che utilizzare il Cir associato al nome della regione – ha ritenuto indispensabile richiedere alle stesse imprese un Codice identificativo nazionale (Cin). Con il risultato di triplicare inutilmente gli adempimenti per le imprese. Per fare un secondo esempio, sempre nello stesso campo, alcune regioni richiedono che gli esercizi ricettivi comunichino a enti di emanazione regionale le stesse informazioni che giornalmente comunicano agli organi di polizia. Tutte violazioni palesi dello spirito e della lettera della norma citata di cui si dovrebbe prevedere l’automatica disapplicazione; violazioni rese possibili per l’assenza di sanzioni che possano avere un reale potere di deterrenza e che andrebbero al più presto introdotte. Il ministro “per” la Pubblica amministrazione dovrebbe ricordare che la preposizione fra virgolette non indica, in questo caso, il fine delle sue azioni bensì il mezzo. Il fine essendo, comunque, i cittadini e le imprese.

Fin qui non ci sarebbero risorse da mettere in campo. Ma mettere in campo qualche risorsa è, in questa situazione, forse opportuno. Non per farne un nuovo bonus ma per portare a termine immediatamente l’attuazione della delega fiscale con riferimento a quanto previsto per la tassazione delle imprese. La riduzione selettiva dell’aliquota Ires prevista dall’art. 6 della delega fiscale è ormai superata dagli eventi. L’intero sistema produttivo nazionale deve essere messo in grado di competere in un contesto molto diverso da quello ipotizzabile nel 2023 e questo può richiedere una revisione al ribasso generalizzata della tassazione di impresa. Che il nuovo Patto di stabilità – essendo un indigeribile pasticcio – fosse destinato a scontrarsi con la realtà era cosa facile da prevedere. Se sospensione dovesse mai esserci, sarebbe opportuno usarla al meglio. Le risposte della sinistra europea alle scelte dell’Amministrazione americana cominciano a prendere forma e sembrano, per il momento, essere del tutto prevedibili. Esistono maniere diverse di leggere la realtà?





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