14 Aprile 2025
«Meloni inadeguata con Trump. Porti aiuti alle imprese e voteremo sì»


Intervista di Matteo Renzi per il «La Stampa» dell’8-04-2025

di Alessandro Barbera

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Il leader di Italia Viva: “I dazi saranno un affare solo per chi sta speculando in Borsa. Destra e sinistra divise in politica estera. In Ucraina farei mediare Merkel e Blair”.

Matteo Renzi è in viaggio nelle pianure lombarde. In 24 ore ha incontrato gli imprenditori bresciani, il sistema moda, l’associazione delle imprese meccaniche, oggi sarà a Vinitaly. Dice che Giorgia Meloni sta sbagliando tutto: «Lei dice di voler essere il ponte con Trump, non ha capito che lui conosce solo il linguaggio della forza». Durante l’intervista le agenzie raccontano tutto e il contrario: l’annuncio di uno stop alle tariffe per tre mesi all’Occidente, la smentita, un post su Truth che minaccia dazi ancora più alti alla Cina.

«Questa operazione sarà un grande fallimento se non per chi sta facendo speculazione finanziaria. Dove sono i nemici dei Soros?»

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«Sto cercando di dare sponda alle categorie di cui il governo non si occupa. Meloni dice che non bisogna fare allarmismo, ma chi ha risparmi azionari ha visto bruciare in poche ore il venti per cento del loro valore».

La domanda su cosa farebbe al posto della premier è facile, ma obbligata. Cosa farebbe?

«I dazi sono una sciagura in sé e creano un enorme clima di incertezza per le imprese. Meloni deve immediatamente sbloccare il programma transizione 5.0 (incentivi finanziati con fondi Pnrr per aiutare in primis le imprese all’autoproduzione di energia, ndr). In un mondo normale manderebbe a casa il ministro Urso, ma siccome temo non sia possibile dovrebbe quantomeno costringerlo a risolvere il problema: nonostante gli interventi quei fondi sono gravati da un eccesso di burocrazia. Aggiungo: abbiamo fatto una legge che ha portato in Italia la residenza di diecimila milionari, ora perché non farne un’altra per permettere il rientro dei cervelli dagli Stati Uniti?».

In effetti è una ritorsione unilaterale fra quelle possibili, ma il ministro del Tesoro Giorgetti l’ha bocciata: costa cara.

«Ed ha sbagliato. In questo momento il rigore finanziario non è una priorità».

Il governo spagnolo ha annunciato ben 14 miliardi di aiuti, il nostro dice che c’è un problema di aiuti di Stato.

«Meloni andasse in Europa a spiegare che la priorità è un’altra».

Ammetterà che in questo momento la posizione della premier non è semplice.

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«La risposta della premier non è all’altezza perché lei non è all’altezza del momento. Non fa altro che lasciar trapelare di voler essere il ponte fra l’Unione e gli Stati Uniti, ma è solo un gioco di comunicazione: sta faticando per farsi ricevere alla Casa Bianca. Trump conosce solo il linguaggio della forza».

Renzi, andiamo al dunque. Lei come si comporterebbe al posto suo?

«Dovrebbe recapitargli un messaggio chiaro: sono un tuo alleato, ma difendo anzitutto le imprese italiane. Berlusconi stava dalla stessa parte di Bush, ma ci trattava alla pari. Nel suo caso noto una pericolosa subalternità, aggravata dalla posizione di Salvini».

Ipotizziamo che Meloni si presenti in Parlamento con un pacchetto di misure a favore delle imprese che vada nella direzione che lei auspica. Lo voterebbe?

«Sono pronto a votarlo domattina».

Veniamo all’opposizione. Che ne pensa della manifestazione di sabato scorso dei Cinque Stelle?

«Sia il centrosinistra che il centrodestra sulla politica estera sono radicalmente divisi. Da un lato Salvini che fa l’occhiolino a Elon Musk, dall’altra Conte cerca di assumere la guida del popolo della pace contro il Pd. Io la penso sempre allo stesso modo: se vuoi la pace servono politici capaci di fare diplomazia, non a riempire le piazze. Se avessimo scelto Tony Blair o Angela Merkel come mediatori in Ucraina la situazione sarebbe meglio di così».

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Dunque anche il centrosinistra non naviga in acque facili.

«È ormai evidente che nel 2027 i nodi verranno al pettine: le prossime elezioni saranno un referendum su Giorgia Meloni. Il mio disegno politico è dare una sponda al mondo delle imprese deluso, voglio essere l’anima riformista e innovativa del centrosinistra. Sulla tessera di Italia Viva del 2025 ci sarà il volto di Alcide De Gasperi accompagnato dal motto “un centro che guarda a sinistra”. Sulla politica estera non la penso come Schlein e Conte, ma credo in un’alleanza che punti a mandare a casa una premier inadeguata».

La sua rottura con Azione di Calenda le è costata cara. Eppure siete su posizioni pressoché sovrapponibili.

«Carlo Calenda è stato mio ambasciatore in Europa, l’ho voluto come ministro delle imprese, mi restano ancora incomprensibili le ragioni per le quali ha aperto una battaglia personale contro di noi. Ciò detto la differenza politica fra me e lui è una: non sono d’accordo quando dice che la Meloni è stata brava a livello internazionale. Non le avrei fatto difendere Trump dal palco di un mio congresso. Le cose che ha detto a favore di J.D. Vance contro l’Europa sono inaccettabili».

C’è un’altra cosa che vi divide in questo momento: l’atteggiamento verso i Cinque Stelle. Lei accetta l’alleanza, Calenda no.

«II centro da solo non va da nessuna parte. Fare politica è decidere, e io sono fiero di avere fatto nascere il governo Conte bis per evitare che venisse eletto un presidente della Repubblica da una maggioranza sovranista. E rivendico la nomina a premier di Mario Draghi, di cui oggi ci sarebbe un gran bisogno. Le mie manovre parlamentari sono sempre state sempre tese a decidere e fare gli interessi degli italiani. L’irrilevanza è un lusso che in politica non si ci può permettere».

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