
Svetteranno all’altezza di corso Castelfidardo e saranno una davanti all’altra Il rettore Corgnati: «I fondi? Un terzo a carico nostro, un terzo verrà finanziato dalla Banca Europea per gli Investimenti e il restante terzo da altri enti»
Con il nuovo piano edilizio il Politecnico si prepara a cambiare il territorio e a ridisegnare lo skyline cittadino grazie alla realizzazione di due nuove torri da 10 piani. Le costruzioni, che per ora hanno preso vita solo nei rendering di ateneo presentati lunedì 7 aprile, svetteranno all’altezza di corso Castelfidardo e saranno una davanti all’altra. La prima sarà destinata ad accogliere e compattare diversi dipartimenti dell’ateneo, ottimizzando spazi e risorse. La seconda, invece, sarà dedicata alle università straniere partner dell’istituto, ma potrebbe aprirsi anche a realtà private, laboratori di ricerca e aziende, creando così un hub internazionale di innovazione e collaborazione. Proprio da lì, infatti, parte il «Miglio verde» che conduce fino all’Enviroment Park.
«Sono entrambe intorno ai 7 mila metri quadrati — spiega il rettore del Politecnico, Stefano Corgnati —, la spesa è tra i 28 e 30 milioni per ogni torre. Su quella per i dipartimenti siamo un po’ più avanti perché c’erano già state interlocuzioni in passato. È una questione molto importante: ci sarà finalmente la possibilità di restituire spazi più funzionali per ingegneria gestionale, meccanica ed energetica. Con il nuovo campus del Valentino riportiamo architettura e design sotto lo stesso tetto, ma è un’esigenza che esiste anche per alcuni dipartimenti che qui, nella sede centrale, hanno un pezzo da una parte e uno dall’altra oppure sono super compatti». Entro la fine del 2025 si dovrebbe arrivare alla stesura di un progetto di fattibilità per dare il via alla ricerca dei fondi.
«Ora dobbiamo finalizzare il lavoro sulla spina della didattica (la nuova costruzione sarà il fulcro del rinnovato modello di insegnamento e ospiterà anche un’area accessibile 24 ore su 24, 7 giorni su 7, ndr) — prosegue Corgnati — successivamente passeremo alla prima torre. Per quanto riguarda i fondi, prevediamo che un terzo sarà a carico nostro, un terzo verrà finanziato dalla Banca Europea per gli Investimenti e il restante terzo da altri enti».
Per la costruzione gemella il percorso potrebbe essere più lungo e comprendere anche l’ingresso dei privati. Il tema centrale, in questo caso, è l’internazionalizzazione tanto cara alla governance di ateneo.
«Stiamo consolidando sempre di più i partenariati con le università europee e di tutto il mondo con cui collaboriamo da molto tempo», prosegue Corgnati. «Noi abbiamo spazi a disposizione all’estero ed è naturale che anche i nostri partner li possano avere qui da noi. Significa creare opportunità concrete per gli studenti che vogliono andare in mobilità, offrendo loro punti di riferimento accademici vicini e integrati. Questo, al momento, ci manca». «Negli anni — continua — abbiamo investito nella creazione di hub fisici in Giappone, in Azerbaigian e altrove. Ora è il momento di fare lo stesso qui, accogliendo atenei stranieri». Le funzioni della seconda torre, però, non si esauriranno qui. «Penso si possa lavorare insieme — conclude Corgnati — allo sviluppo di laboratori di ricerca su temi di interesse comune, come la gestione delle risorse idriche. Vogliamo restituire alla comunità accademica luoghi in cui i loghi delle università possano davvero convivere e collaborare».
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