
Il governo italiano si prepara ad affrontare con determinazione ma anche pragmatismo la crisi commerciale scatenata dai dazi americani su acciaio e alluminio. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni è pronta a volare a Washington per avviare un dialogo diretto con Donald Trump, confermando il sostegno dell’Italia alla linea comune dell’Unione Europea, ma cercando al contempo di accelerare i tempi di una trattativa bilaterale.
Il viaggio potrebbe essere fissato all’inizio della prossima settimana, prima dell’arrivo in Italia del vicepresidente USA JD Vance. Nel frattempo, Palazzo Chigi ha convocato una task force di ministri per analizzare l’impatto dei dazi settore per settore e studiare possibili contromisure a sostegno delle imprese italiane.
Durante il Consiglio UE Affari Esteri, il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha ribadito che l’Italia sostiene un approccio “fermo ma aperto al dialogo”, escludendo qualsiasi escalation e appoggiando l’obiettivo strategico indicato dal commissario europeo Maros Sefcovic: zero dazi tra UE e USA.
La Commissione europea ha confermato che i contro-dazi europei partiranno il 15 aprile, nonostante la richiesta italiana di un rinvio di un paio di settimane. Tuttavia, Roma accoglie positivamente la decisione di Bruxelles di escludere il whisky americano dalla lista dei prodotti colpiti, una scelta che tutela l’export italiano di vino negli Stati Uniti.
A preoccupare il governo sono però le possibili ricadute sui settori agroalimentari più vulnerabili, soprattutto quelli a basso valore aggiunto. Il tema degli aiuti alle imprese è stato al centro della riunione a Palazzo Chigi, dove i ministri Giorgetti, Urso, Lollobrigida e Foti hanno presentato alla premier una serie di ipotesi di sostegno alle filiere produttive.
Tra le soluzioni discusse figurano compensazioni simili a quelle del periodo Covid, ma qualsiasi intervento dovrà essere concertato con l’UE e potrebbe richiedere un allentamento del Patto di stabilità. C’è inoltre chi propone un potenziamento del fondo per il Made in Italy, mentre resta scetticismo sull’uso dei fondi del Pnrr, in particolare quelli legati alla Transizione 5.0, sia per difficoltà strutturali sia per la necessità di autorizzazione da parte di Bruxelles.
Nel frattempo, l’Italia continua a insistere presso le istituzioni europee per semplificazioni burocratiche e una revisione delle “regole ideologiche” del Green Deal, considerate poco compatibili con le attuali esigenze dell’economia reale.
Meloni e il suo governo, dunque, si muovono su un doppio binario: da un lato spingono per una soluzione diplomatica, dall’altro sono pronti ad agire con misure economiche concrete per tutelare la competitività delle imprese italiane.
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