
Secondo il componente del Direttorio, «gran parte delle motivazioni di fondo che giustificavano un impegno ambientale rimangono inalterate». Per questo, «la Ue dovrebbe evitare correzioni di rotta eccessive». E i gestori fare opera «di trasparenza e di verità»
Il mondo sta cambiando in modo profondo, e le ripercussioni sugli Esg non sono secondarie. Eppure «il mutato contesto influisce sul ritmo di marcia, e probabilmente su tratti del percorso, ma non cambia la direzione del cammino intrapreso». Nel moltiplicarsi di notizie dal tenore gotico, vale la pena concentrarsi su messaggi, se non ottimistici, quanto meno positivi sull’evoluzione del sistema. Soprattutto quando portano la firma di un componente del Direttorio di Banca d’Italia. Ebbene, Paolo Angelini, vice direttore generale dell’Istituto Nazionale, ha introdotto un evento, a inizio aprile, con un intervento intitolato “La sostenibilità nell’industria finanziaria: vecchi modelli per nuovi scenari?”, che vale la pena leggere per chi cerca riferimenti in questi momenti di entropia. L’autore ripercorre le criticità che stanno emergendo nel fronte sostenibile, inclusa una Europa che «sembra oggi apprestarsi a una correzione di rotta», e rimarca la necessità di maggiore consapevolezza e trasparenza a livello di prodotti di investimento. Soprattutto, accompagna e conclude l’analisi, appunto, con la convinzione che le attuali turbolenze possano disturbare il viaggio, ma non cambiare la rotta.
IL CONTESTO CHE CAMBIA
«A livello internazionale è in atto un processo di frammentazione geopolitica che frena la cooperazione, indebolisce il ruolo delle istituzioni multilaterali e ostacola lo scambio di conoscenze e tecnologie. Questi sviluppi, insieme agli orientamenti dalla nuova amministrazione statunitense in materia di clima, costituiscono un freno alla transizione ambientale». Angelini porta alcuni esempi: i dubbi emersi sulla disponibilità dei Paesi avanzati a fornire risorse finanziarie per sostenere la transizione nelle economie emergenti e in via di sviluppo; la revisione dei piani di investimento di varie imprese impegnate nella transizione; le defezioni dalla principale coalizione di operatori finanziari privati per il raggiungimento della neutralità carbonica (Glasgow Financial Alliance for Net Zero – Gfanz). E non nasconde il dito nemmeno verso l’Europa: «Anche la Ue, che è stata tra le giurisdizioni più attive nel promuovere la transizione ambientale, sembra oggi apprestarsi a una correzione di rotta».
LA ROTTA DEL SISTEMA. INTERROTTA DAI DATI
Per chi governa il sistema, il gioco non cambia: i rischi climatici vanno studiati e integrati; gli impatti di sistema vanno individuati e monitorati; i rischi dei portafoglio e degli investimenti vanno misurati e limitati. Gli istituti centrali non dovranno arretrare, anzi, alla luce dell’attuale contesto, «il ritardo nella riduzione delle emissioni di gas a effetto serra tenderà ad accrescere ulteriormente i rischi fisici e la loro trasmissione ai tradizionali rischi finanziari». Inoltre, «mi sembra che considerazioni analoghe valgano anche per l’attività degli intermediari finanziari».
A questo proposito, risulta interessante il monitoraggio di quanto le banche europee siano avanzate nell’integrazione delle tematiche Esg. Secondo le recenti Note di stabilità finanziaria e vigilanza n. 45, sempre di Banca d’Italia, il sistema bancario sembra aver approntato un gigantesco motore, sebbene ancora non riesca a trovare la giusta benzina per alimentarlo. Il monitoraggio delle esposizioni bancarie a rischi di transizione, climatici o energetici, infatti, appare ormai poggiare su meccanismi estesi e analitici, segno di piena consapevolezza degli istituti. Tuttavia, si legge nelle Note, «trova conferma una diffusa difficoltà della maggior parte delle banche, sia italiane sia europee, a reperire informazioni Esg sulle controparti affidate, in molti casi dovuta a difficoltà nell’accesso a database pubblici».
Alla luce di tale mancanza di dati alla base della piramide, Angelini non risparmia un caveat alla Commissione europea. «Se è vero, come ho cercato di argomentare, che gran parte delle motivazioni di fondo che giustificavano un impegno sul fronte ambientale rimangono inalterate, la Ue dovrebbe evitare il rischio di correzioni di rotta eccessive».
CONTRO I LUOGHI COMUNI
C’è poi un interessante richiamo al rapporto tra la finanza e i risparmiatori. Per farlo, l’intervento rimanda ad analisi sviluppate in un quaderno di Bankitalia di marzo 2024, firmato anch’esso da Angelini: Portfolio decarbonisation strategies: questions and suggestions. Nel quaderno viene analizzata l’effettiva efficacia di strategie di decarbonizzazione di portafoglio in termini di risultati di sistema, evidenziando come, causa la recente e incompleta assimilazione della sfida, le scelte benevole degli investitori potrebbero in realtà tradursi in risultati complessivi negativi. Inoltre, c’è la possibilità che si spostino vantaggi in modo improprio verso operatori che non si impegnano su questo fronte (e agiscono, di fatto, da free rider). I portafogli decarbonizzati sono spesso frutto di scelte di esclusione, e di strategie identificate come “naïve portfolio decarbonization targets”. Per contro, altri approcci sarebbero troppo complessi da adottare in questa fase, visto lo scarso numero di emittenti virtuosi sul fronte dei piani di Transizione. Perciò, l’autore evidenzia come sarebbe opportuna una maggiore trasparenza dei gestori in merito alla relazione tra sostenibilità e rendimenti («to my knowledge, to date few if any financial intermediaries adopting net zero pledges have been explicit about this trade-off») Ecco perché «oggi ancor più di ieri – spiega Angelini nel suo intervento – per i gestori del risparmio è necessaria un’opera di trasparenza e di verità», sia sulle effettive capacità di incidere sia sui trade off di portafoglio.
INCERTEZZA E CONVINZIONE
Alla luce di tali scenari, è giusto riflettere, dice Angelini, su «quali siano le implicazioni di questi sviluppi per le attività di tutti coloro che in questi anni hanno lavorato sui temi della sostenibilità ambientale. Ho in mente il Network for Greening the Financial System e i suoi membri, inclusa la Banca d’Italia, le banche multilaterali di sviluppo, le istituzioni internazionali. E ovviamente l’intera industria finanziaria».
«Il contesto attuale – dice – è caratterizzato da grande incertezza. È opportuno valutare con cautela quanto sta avvenendo, e attendere che gli orientamenti politici negli Stati Uniti, ma anche nell’Ue, si chiariscano prima di trarre conclusioni sulle conseguenze per la transizione climatica e la finanza sostenibile. Vari indicatori suggeriscono che difficilmente la transizione si arresterà, anche se potrà richiedere più tempo di quanto sarebbe auspicabile».
In ogni caso, «la Banca d’Italia continuerà a seguire con attenzione le tematiche di sostenibilità per tutti gli aspetti che rientrano nel proprio mandato, nella convinzione che la transizione climatica e ambientale sia necessaria per assicurare la stabilità finanziaria e la crescita economica del Paese».
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