
Banca d’Italia, con l’Occasional Paper n. 924 intitolato “Il grande divario: la dinamica della produttività negli Stati Uniti e nell’area dell’euro dopo la pandemia” propone un’analisi dei fattori che hanno progressivamente ampliato il divario di produttività UE-USA, ovvero tra l’economia statunitense e quella dell’area euro, con particolare attenzione al contesto italiano.
Tra la metà degli anni ’90 e il 2008, la produttività in Italia è rimasta pressoché stagnante, mentre nell’area dell’euro ha registrato una crescita contenuta, comunque nettamente inferiore rispetto a quella conseguita negli Stati Uniti.
Nel periodo successivo, caratterizzato da una temporanea fase di parziale convergenza, la crisi pandemica ha determinato un’inversione di tendenza: la produttività statunitense ha ripreso a crescere in modo sostenuto, mentre nell’area dell’euro – e in misura ancor più marcata in Italia – i progressi si sono rivelati modesti e discontinui.
Secondo quanto rilevato da Banca d’Italia, le ragioni alla base di questa nuova divaricazione vanno rintracciate in una combinazione di fattori ciclici, settoriali e strutturali, tra cui:
- la crisi energetica, che ha inciso più severamente sull’economia europea, comprimendo i margini operativi delle imprese e riducendo l’efficienza nell’uso dei fattori produttivi
- gli investimenti in tecnologie digitali, pur presenti anche nell’area euro, che non hanno generato gli stessi effetti trasformativi osservati negli Stati Uniti, né sul piano dell’innovazione né sotto il profilo dell’intensità di capitale impiegata nei processi produttivi.
A ciò si aggiunge la diversa evoluzione della produttività totale dei fattori (TFP), che negli Stati Uniti ha beneficiato di un contesto normativo e concorrenziale più favorevole all’adozione e alla diffusione di innovazioni tecnologiche, permettendo una più efficiente combinazione tra capitale e lavoro.
Un ulteriore elemento di differenziazione riguarda la struttura del mercato del lavoro: i meccanismi europei di tutela occupazionale, pur garantendo una maggiore stabilità nel breve termine, hanno in parte ostacolato la riallocazione tempestiva delle risorse verso settori a più alta produttività.
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