28 Aprile 2025
opportunità e rischi per i mercati emergenti « LMF Lamiafinanza


Nell’ultimo periodo , i mercati azionari e obbligazionari dei paesi emergenti sono stati dominati dalle misure commerciali adottate dalla nuova amministrazione statunitense. Oltre all’entità in parte inaspettata dei dazi, è soprattutto l’imprevedibile politica altalenante della Casa Bianca a preoccupare gli operatori di mercato. Infatti, le comunicazioni di Trump del 2 aprile e dei giorni successivi hanno superato le aspettative e i timori della maggior parte degli osservatori e degli operatori di mercato.

La prima reazione dei mercati azionari mondiali è stata negativa pur rimanendo entro limiti accettabili, con un calo dei prezzi di circa il 10% per l’indice globale dei mercati emergenti. Da allora, la maggior parte dei mercati azionari dei paesi emergenti ha recuperato gran parte delle perdite.

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Finora, gli annunci hanno colpito maggiormente il dollaro, le azioni e i titoli di Stato statunitensi a lungo termine. La nuova politica “America first” della Casa Bianca ha portato finora, almeno sui mercati finanziari, a un risultato piuttosto riassumibile in “America last”.

La risposta della Cina: tra dazi di ritorsione e ripresa economica

Pechino ha risposto immediatamente all’aumento dei dazi di Trump con un aumento altrettanto consistente dei dazi sui prodotti statunitensi, ma allo stesso tempo si è mostrata disposta al dialogo. La leadership cinese dovrebbe oggi essere molto meglio preparata a una simile controversia rispetto al primo mandato di Trump. Lo stesso sembra valere anche per molte aziende cinesi. Ciò dovrebbe aver contribuito alla reazione finora relativamente moderata delle borse cinesi, così come il fatto che la leadership cinese abbia segnalato un ampio sostegno all’economia nazionale.

Secondo le prime stime, gli analisti prevedono per il 2025 un calo della crescita tra l’1% e l’1,5% del prodotto interno lordo cinese. Con ogni probabilità, la leadership cinese reagirà con stimoli fiscali e monetari e cercherà comunque di raggiungere l’obiettivo di crescita precedente, pari a circa il 5%. A tal fine, dovrebbe essere necessario rafforzare soprattutto i consumi interni e, di conseguenza, ridurre il tasso di risparmio interno. Finora, questo obiettivo è stato perseguito principalmente attraverso vari “programmi di sostituzione”, che offrono ai consumatori sconti significativi sull’acquisto di nuovi beni di consumo se sostituiscono i prodotti utilizzati in precedenza. Finora, la portata di questi programmi è stata raddoppiata rispetto all’anno scorso, raggiungendo circa 40 miliardi di dollari USA. Pechino punta nuovamente molto più che negli ultimi anni sul proprio settore privato per l’innovazione e la crescita economica.

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Nella selezione dei titoli azionari in Cina continuiamo a privilegiare le società di qualità che sono leader di mercato a livello globale e che dipendono solo in misura limitata dal mercato statunitense. Inoltre, continuiamo a privilegiare le società Internet cinesi con flussi di cassa elevati e meno sensibili alle fluttuazioni macroeconomiche. Puntiamo inoltre su titoli che beneficiano di programmi commerciali speciali e su settori che rimarranno al centro dell’attenzione del governo cinese fino a nuovo ordine, come la localizzazione della produzione di semiconduttori.

Restano molte incertezze

Gli effetti a lungo termine della politica tariffaria statunitense rimangono difficili da calcolare, compresi i possibili effetti di “secondo e terzo impatto”. Si osserva un forte scetticismo nei confronti di qualsiasi tipo di investimento in progetti di esportazione, in particolare quelli legati agli Stati Uniti. L’approccio impulsivo della Casa Bianca ha portato a una perdita di fiducia negli Stati Uniti a un forte calo del dollaro statunitense.

Indipendentemente dai fattori scatenanti concreti, un dollaro statunitense in calo dovrebbe fornire sostegno a obbligazioni e azioni dei mercati emergenti. Tuttavia, il recente aumento dei rendimenti dei titoli di Stato statunitensi a medio e lungo termine rappresenta un certo vento contrario, ma resta da vedere se si tratti solo di un movimento temporaneo.

Le prospettive per i mercati emergenti rimangono complessivamente buone

In generale, anche alla luce dei drastici annunci, riteniamo che i paesi emergenti siano abbastanza resistenti a un inasprimento del conflitto commerciale con gli Stati Uniti. Il calo del prezzo del petrolio, dovuto alle aspettative di rallentamento dell’economia mondiale, aiuta tutti i paesi emergenti che dipendono dalle importazioni di petrolio. Le banche centrali e i governi di numerosi grandi mercati emergenti, come la Cina e l’India, dispongono di un ampio margine di manovra per contrastare questa tendenza. Le valutazioni per lo più moderate o favorevoli in molti paesi emergenti sostengono i corsi azionari.

Naturalmente esistono anche diversi rischi. Al momento non è chiaro come la Federal Reserve (Fed) reagirà a un’eventuale crescita dell’inflazione negli Stati Uniti a seguito dei conflitti commerciali. I mercati finanziari statunitensi prezzano attualmente un taglio dei tassi d’interesse e si aspettano che la Fed presti particolare attenzione all’aumento dei rischi economici e consideri gli effetti inflazionistici della politica doganale come un evento eccezionale. Il rischio di una recessione negli Stati Uniti è indubbiamente aumentato, ma la misura in cui si concretizzerà dipenderà soprattutto dall’operato dell’amministrazione statunitense.

Dal punto di vista geopolitico, i conflitti in Medio Oriente e in Ucraina rappresentano un ulteriore potenziale di rischio, soprattutto in caso di nuove escalation. D’altra parte, potrebbero esserci anche sviluppi positivi, come un nuovo accordo con l’Iran o la risoluzione del conflitto in Ucraina. A seguito di questi ultimi, i premi di rischio per le azioni dei mercati emergenti potrebbero diminuire sensibilmente e i prezzi delle azioni potrebbero registrare un rialzo, in particolare sui mercati dell’Europa centrale e orientale.

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Sul fronte delle obbligazioni dei mercati emergenti, nelle ultime settimane i rendimenti dei bond in valuta forte hanno registrato un forte aumento. Si sono inoltre osservati notevoli deflussi di capitali da questo segmento. Probabilmente la situazione non si distenderà rapidamente e, alla luce delle notizie che cambiano quasi ogni giorno, le forti oscillazioni dei prezzi dovrebbero continuare per il momento. In confronto, i titoli obbligazionari in valuta locale hanno registrato movimenti piuttosto limitati e finora non si sono verificati deflussi netti di capitali. I prezzi delle obbligazioni locali sembrano essere sostenuti piuttosto bene, non da ultimo dal potenziale di riduzione dei tassi d’interesse. Naturalmente, per queste obbligazioni è necessario tenere d’occhio i rischi di cambio. Alcuni paesi hanno recentemente subito forti svalutazioni a causa di fattori specifici, come ad esempio le valute di Turchia e Argentina

 



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