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Nuovo Giornale Nazionale – IL POTERE MONETARIO E LA LA POLITICA #finsubito prestito immediato


di Marco Della Luna

Le conseguenze giuridiche di quanto sopra sono molteplici.

Innanzitutto, le banche che creano ed emettono moneta denominandola “euro” usurpano una funzione pubblica riservata dalla legge e dai trattati alla BCE, commettendo così sistematicamente il reato previsto e punito dall’art. 347 del Codice Penale (Chiunque usurpa una funzione pubblica … … è punito con la reclusione fino a due anni.) e/o dall’art. 453  (È punito con la reclusione da tre a dodici anni e con la multa da lire un milione a sei milioni; 1) chiunque contraffà monete nazionali o straniere, aventi corso legale nello Stato o fuori…); la moneta così creata è corpo di reato e va sequestrata, e ogni contratto con la banca, utilizzante questa moneta, è nullo per illiceità dell’oggetto, e la banca non può pretendere in restituzione un quid ejusdem generis di ciò che ha dato, perché si tratta di un genus illecito.

In secondo luogo, se ciò che la banca ha creati e prestato come “euro” non è moneta legale, essa, nella fattispecie, non avendo mai erogato moneta legale euro, la banca non ha mai adempiuto il contratto preliminare di mutuo (quello falsamente denominato di mutuo), e il mutuo di 600.000 euro non è venuto in essere.

In terzo luogo, la banca ha dato un aliud pro alio. Che si tratti di un quid alii, diverso per essenza, è evidente: la moneta legale è solo quella creata dalla BCE; solo essa non nasce come monetizzazione di un rapporto obbligatorio; solo essa ha la capacità di estinguere i rapporti di credito-debito senza crearne degli altri; solo essa è ontologicamente indipendente dalle sorti (dall’eventuale insolvenza) delle banche; la moneta contabile bancaria è per contro sempre consistente, giuridicamente, in una promessa di pagamento (tale è il saldo attivo di conto corrente o di libretto di risparmio o l’importo dell’assegno circolare) avente ad oggetto una qualsiasi valuta legale a scelta delle parti (Euro, Dollari, Yen, Sterline…); essa quoad existentiam dipende dalla solvibilità della banca depositaria-debitrice., e non è fiat (cioè non è dotata di accettazione imposta d’imperio dallo Stato: il bonifico di una banca insolvente non vale nulla).

In quarto luogo, la banca – che non poteva non sapere ciò che faceva, essendo partecipante di BdI – ha creato contabilmente mezzi monetari non-euro dichiarandoli e contabilizzandoli come euro, come moneta legale, pur sapendo di non avere la facoltà di crearla e di agire contro le leggi e i trattati.

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In quinto luogo, ha spacciato per euro ciò che euro non è, al fine di ottenere l’impegno del cliente a rimborsare euro: quindi ha adibito dolo, frode, per ottenere un profitto ingiusto, smerciando un quid intrinsecamente illecito.

Pertanto abbiamo nullità per aliud pro alio, dolo, frode, illiceità dell’oggetto e della causa juris.

La banca crea denaro all’atto della concessione di prestiti alla clientela. Lo fa iscrivendo contestualmente all’attivo una voce di «Crediti verso clientela» ed al passivo una voce «Depositi a vista». Erroneamente si crede che la banca debba possedere denaro prima di prestarlo, e che quindi la capacità di prestito sia in qualche modo vincolata dalla disponibilità di attivi. Ciò è infondato anche se facessimo riferimento al coefficiente di riserva obbligatoria (pari a zero sulle passività con scadenza oltre 2 anni e per i pronti contro termine, ed al 2% per le rimanenti).

Da quanto sopra, consegue che la banca, avendo creato ex nihilo a costo zero quanto asseritamente prestato, dal pagamento della somma ingiunta realizzerebbe un ingiustificato arricchimento. E non solo in quanto al capitale, bensì anche in quanto agli interessi, perché, come evidente da quanto sopra spiegato, nessun capitale è stato prestato.

Alcune conferme:

Il 7 luglio 2016 a Madrid, in Spagna, il vice presidente della BCE ha ammesso: “Una motivazione fondamentale per la regolamentazione bancaria si riferisce al fatto che, quando concedono credito, le banche creano denaro creando un deposito corrispondente. Questa attività, che è al centro del nostro sistema di moneta-credito, comporta una significativa trasformazione di liquidità poiché i depositi sono molto più liquidi dei crediti.” Tale circostanza è stata ammessa ultimamente dalla Banca Popolare dell’Alto Adige nel procedimento esecutivo immobiliare 216/2014; il giudice di quella causa ha ritenuto che questa prassi sia effettiva e legittima, scrivendo, nell’ord. 06/07/16: “quanto, invece, alla violazione dell’art 127 (ex art 105) del trattato istitutivo dell’Unione Europea, non si capisce per quale motivo la creazione di moneta attraverso il sistema bancario possa violare tale norma, che nulla dispone in tal senso, come è assolutamente irrilevante il riferimento all’art 10 TUB, che non vieta tale sistema, posto che comunque l’Euro è una moneta non rappresentativa, per cui non è richiesto un controvalore per ogni biglietto stampato come all’era del sistema aureo…”. La banca aveva dichiarato: “Il Trattato di Maastricht non riserva alla BCE la creazione di moneta, ma testualmente l’emissione di banconote ed il conio di monete. Il codice civile non conosce affatto soltanto la moneta legale (se fosse così, in base alla normativa antiriciclaggio, oggi sarebbe vietato qualsiasi affare che prevedesse il pagamento di un prezzo pari o superiore ad euro 3.000; simili limiti sono peraltro in vigore nella maggioranza dei paesi dell’Unione Europea). … …. La “creazione di moneta” da parte delle banche commerciali, l’esistenza di “moneta scritturale”, il fenomeno della “riserva frazionaria” sono caratteristiche assolutamente lecite del nostro sistema economico e monetario ed espressione della libertà contrattuale. Se una banca eroga un mutuo ad un cliente, si ha un semplice fenomeno di espansione dello stato patrimoniale (“Bilanzverlängerung”).”

Ritengo che le suesposte argomentazioni siano errate.

Innanzitutto esse sono in evidente contrasto con il dettato degli artt. 127 e 128 del Trattato di Lisbona e con altre norme:

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Art. 127: “1. L’obiettivo principale del Sistema europeo di banche centrali, in appresso denominato “SEBC”, è il mantenimento della stabilità dei prezzi. Fatto salvo l’obiettivo della stabilità dei prezzi, il SEBC sostiene le politiche economiche generali nell’Unione al fine di contribuire alla realizzazione degli obiettivi dell’Unione definiti nell’articolo 3 del trattato sull’Unione europea. Il SEBC agisce in conformità del principio di un’economia di mercato aperta e in libera concorrenza, favorendo una efficace allocazione delle risorse e rispettando i principi di cui all’articolo 119.”

Articolo 128 1. La Banca centrale europea ha il diritto esclusivo di autorizzare l’emissione di banconote in euro all’interno dell’Unione. La Banca centrale europea e le banche centrali nazionali possono emettere banconote. Le banconote emesse dalla Banca centrale europea e dalle banche centrali nazionali costituiscono le uniche banconote aventi corso legale nell’Unione. Gli Stati membri possono coniare monete metalliche in euro con l’approvazione della Banca centrale europea per quanto riguarda il volume del conio. Il Consiglio, su proposta della Commissione e previa consultazione del Parlamento europeo e della Banca centrale europea, può adottare misure per armonizzare le denominazioni e le specificazioni tecniche di tutte le monete metalliche destinate alla circolazione, nella misura necessaria per agevolare la loro circolazione nell’Unione.

Dato che il grosso, circa il 90%, del money supply (M1) è creato dalle banche mediante l’erogazione di prestiti e pagamenti, il SEBC non potrebbe perseguire il suo “obiettivo principale” di mantenere stabili i prezzi (cioè di evitare inflazione e deflazione” se il suo potere di regolare, cioè dosare, la moneta in circolazione fosse limitato alla moneta cartacea e metallica, restando la creazione di una “moneta euro contabile” nella libera facoltà e discrezione delle banche di credito, come ha affermato il G.E. E’ necessario, a fortiori, che il controllo si estenda anche alla moneta contabile. E che l’art. 128 sia interpretato nel senso che l’unica forma dell’Euro come moneta legale sia quella cartacea o metallica, e non quella contabile, e che quindi non esiste un euro di creazione creditizia. Infatti, giuridicamente, ciò che le banche contabilmente creano nell’erogare prestiti (e pagamenti) è non euro, bensì promesse di euro (saldi di conti correnti, assegni, depositi a vista, titoli di pagamento a vista), promesse di valuta legale, cioè di banconote e conio. Promesse che, come tali, possono essere accettate fiduciariamente, ma sono soggette a rischio emittente – diversamente dal vero euro -, ossia perdono valore se la banca emittente diviene insolvente –cosa che non potrebbe avvenire col denaro vero. E che non siano euro “veri” è dimostrato dall’esistenza del sistema Target per i pagamenti interstatali. Questo è un punto insuperabile: l’euro vero non abbisogna di Target per passare da uno Stato all’altro, l’euro falso, quello creato scritturalmente dalle banche di credito, ne ha bisogno: ha bisogno che sia garantito con un’assunzione di debito da parte della banca centrale del paese da cui parte il pagamento!

In quanto all’art. 10 TUB, si deve applicarlo secondo il principio “qui dicit de uno negat de altero”; quindi esso elenca le operazioni che la banca può compiere in modo tassativo; sarebbe assurdo che il core business dell’attività bancaria nel mondo reale –cioè la creazione monetaria come sopra descritta –non fosse nemmeno menzionato, però implicitamente ammesso, dalla legge.

Nella succitata causa avanti al Tribunale di Bolzano, la Banca Popolare dell’Alto Adige ha, pertanto, riconosciuto di creare con un click elettronico l’importo dei mutui ed implicitamente sembrerebbe ammettere di avere creato fondi aggiuntivi da qualche altra parte. Asserendo infatti che con “la creazione di moneta da parte delle banche commerciali ,… si ha un fenomeno di espansione dello stato patrimoniale” implicitamente sembra ammettere di avere creato fondi aggiuntivi.

Ma la legge fiscale italiana non consente unilaterali “espansioni dello Stato patrimoniale” .

Lo Stato Patrimoniale deve essere unico ed è quello che ogni anno fotografa la situazione patrimoniale della banca al 31 Dicembre, non dovrebbero pertanto esistere espansioni dello Stato patrimoniale ad ogni mutuo.

Se non vi fosse creazione monetaria, ma prestito attinto dalla raccolta o dalle riserve, nel momento in cui la banca eroga un mutuo di, poniamo, 100 mila euro dovrebbe risultare registrata, nella sua contabilità, la scrittura di partita doppia seguente:

-aumento dei Crediti verso la clientela per 100 mila euro

-diminuzione delle Riserve della banca di 100 mila euro.

Aumento e diminuzione di pari importo si compensano, pertanto non dovrebbe verificarsi alcuna espansione dello stato patrimoniale ad ogni mutuo.

Quanto sia concretamente e applicativamente vero, anche sul piano giuridico, che ciò che la banca presta, sebbene denominato “euro”, non è affatto “euro”, risulta dal sistema di pagamenti transfrontalieri entro l’Eurozona, detto Target2: i bonifici in euro tra banche di un medesimo paese avvengono direttamente da banca a banca, mentre quelli tra banche di due diversi paesi dell’Eurozona avvengono attraverso le banche centrali nazionali e il SEBC, con impegni delle riserve delle banche centrali. Quindi l’euro scritturale del circuito bancario italiano non è quello del circuito bancario tedesco o francese, etc.; mentre la banconota euro e le monetine euro sono valide direttamente, sono moneta legale, in tutta l’Eurozona.

Insuperabile è inoltre l’osservazione che la moneta legale, cioè la cartamoneta e il conio, non è sottoposta a rischio emittente/depositario, mentre quella scritturale creditizia lo è: se la banca emittente/depositaria fa default, la sua moneta scritturale non vale più nulla.

Ciò premesso, il contratto di mutuo, avendo ad oggetto effettivo (seppur non dichiarato) moneta scritturale e non la moneta legale “euro”, non è un mutuo, è nullo in quanto ricorre un aliud pro alio, e in ogni caso non ha per oggetto euro (se non come promessa), e non poteva essere dotato di formula esecutiva.

A norma dell’art. 1813 CC, “Il mutuo è il contratto col quale una parte consegna all’altra una determinata quantità di danaro o di altre cose fungibili, e l’altra si obbliga a restituire altrettante cose della stessa specie e qualità.” Il mutuo è un contratto di natura reale, re perficitur: viene in essere con la dazione della cosa mutuata –denaro, nel caso di mutuo di denaro. Prima della dazione, esso non è in essere. Dunque prima della dazione non può spiegare effetti, compreso quello feneratizio. Ma la c.d. moneta scritturale non è una cosa mobile, né danaro, quindi la sua dazione non realizza il contratto reale di mutuo, giuridicamente consistendo nel fatto che la banca mette a disposizione del cliente una mera promessa di pagamento di euro. Il contratto di mutuo non è dunque venuto in essere.

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In ogni caso, il contratto de quo dispone che la banca dia al cliente euro, mentre ciò che gli ha ceduto non è qualificabile come euro, dato quanto detto sopra, ma promessa di euro.

Questa pratica è inoltre contraria alle norme tributarie e agli artt. 514, 515, 517, 517 ter CP, in quanto le banche (non centrali) producono e pongono in commercio mezzi monetari da loro stesse create, denominandoli “Euro”, “€”, ossia usurpando un marchio oggetto di proprietà esclusiva del Sistema Europeo delle Banche Centrali. Invero, il Trattato di Maastricht riserva alla BCE (rectius: al Sistema Europeo delle Banche Centrali) la creazione di moneta, cioè della moneta legale, o cartamoneta (Art. 105), che è quindi l’unica valuta legale; mentre il T.U. bancario autorizza le banche all’esercizio del credito (ossia al prestito della raccolta, al prestito di denaro già esistente) ma non alla creazione di mezzi monetari (DLT 385/1993 art. 10, c. 1: La raccolta di risparmio tra il pubblico e l’esercizio del credito costituiscono l’attività bancaria).

Il cartello bancario si è preso di fatto, senza sanzione legale, cioè, ha usurpato, la funzione pubblica (tale per legge nazionale e internazionale) di creare mezzi monetari, e di denominarli come se fossero Euro, cioè valuta legale.

Ma torniamo alla creazione bancaria di pseudo-euro.

Quando una banca accorda un apparente prestito (mutuo), contabilmente attiva due conti:

-un conto di disponibilità per il cliente, o una “partita” –come nel caso di specie -in cui segnala somma in questione come proprio dare e come avere del cliente, nel senso che il cliente potrà usare il saldo attivo di questo conto trasferendolo in tutto o in parte a soggetti verso cui vuole eseguire pagamenti; quando trasferisce l’intero importo del detto credito, il saldo va a zero;

-un conto di debito, in cui, al momento dell’erogazione del “prestito” (cioè dell’azzeramento del saldo del conto di disponibilità) registra la detta somma come proprio avere e dare del cliente.

Ma –si ripete –ciò che viene “messo” nel conto di disponibilità è solo un insieme di cifre digitate, non denaro (moneta legale); e il numero composto di queste cifre è un credito (di disponibilità, e salvo il rimborso) del cliente verso la banca. Non è denaro. Il denaro –sia consentito ripetere -non è mai un credito, non incorpora un’obbligazione o un diritto di credito.

Poiché la banca crea l’oggetto del prestito che “concede” –ossia, poiché non presta denaro preso a prestito da terzi, dai depositanti, poiché le sue operazioni contabili non rappresentano, bensì creano e costituiscono i mezzi monetari –non è logico restituirle il capitale prestato. Dunque, non solo le rate di interessi, ma anche quelle di rimborso di capitale, che percepisce dai clienti mutuatari, costituiscono profitto –un profitto che però la banca in bilancio non dichiara, col tacito benestare delle istituzioni pubbliche, che anche in tal modo manifestano la loro soggezione politica ai banchieri. Esse di fatto consentono alle banche una prassi molteplicemente illecita: creare “moneta” (monetizzando le garanzie offerte dai clienti mutuatari), contabilizzarla come euro (ossia come moneta effettiva), evadere le imposte sui profitti derivanti da tale creazione.

Oppure dovrebbe essere logicamente e giuridicamente possibile rimborsare quei cd finanziamenti bancari erogati con moneta creata liberamente, senza autorizzazione legale, che il cliente della banca crea imitando la banca, liberamente, in base al principio di eguaglianza (art. 3 Cost.) e all’art. 1831 CC (tantundem ejusdem generis). E così hanno già fatto decine di migliaia di clienti delle banche, con vari esiti. Anche per pagare l’ADER.

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